giovedì 26 febbraio 2015

Un romanzo a puntate - IL FU MATTIA PASCAL Capitoli XIII e XIV


IL FU MATTIA PASCAL

Capitolo XIII IL LANTERNINO
Per quaranta giorni Mattia deve rimanere al buio, dopo l’operazione. Dopo alcuni giorni di quella “prigionia cieca” Mattia sente prepotente il bisogno di essere consolato e confortato, ma solo da Adriana.
Un giorno Paleari  vuole iniziare Mattia alle sedute spiritiche e alla lanterninosofia. Introduce  il discorso sostenendo  che l’albero è vivo ma NON SI SENTE , non è consapevole di sé. L’uomo invece ha il triste privilegio  di SENTIRSI  VIVERE: questa consapevolezza è per Paleari  come un lanternino che  ci fa vedere sperduti sulla terra, ci fa vedere il male ed il bene.
Il lanternino  produce un cerchio di luce più o meno ampio al di là del quale  c’è il buio assoluto, la notte perpetua che ci accoglie  quando il lanternino si spegne.
Paleari organizzerà una seduta spiritica alla quale parteciperanno  lui stesso, Terenzio, la nipote del marchese Giglio d’Auletta,un pittore spagnolo, Mattia, Silvia e addirittura Adriana. Silvia comunica con un antico compagno di Accademia, Max, morto di tisi a 18 anni. Quando comunica con Max, la signorina Caporale è in grado di suonare in maniera superlativa.
Viene portato tutto l’occorrente e la seduta inizia.

Ascoltalo QUI 

Capitolo XIV 
LE PRODEZZE DI MAX
Mattia e Adriana  sono convinti che la seduta spiritica sia una frode. Viene formata una catena ma la signorina Caporale sostiene che non è ben equilibrata e quindi vengono cambiati i posti. Mattia può tenere la mano di Adriana.
Nel corso della seduta si verificano strani fenomeni. Silvia riceve addirittura un violento pugno.(che in realtà proviene da Terenzio)
Nelle sere successive vengono ripetute le sedute  e  si verificano  gli stessi fenomeni, cioè scricchiolii, colpi, levitazione del tavolino, addirittura un pugno formidabile sferrato sul  tavolo. Mattia stenta a prendere sonno : è impaurito e pensa che lo spirito del cadavere trovato a Miragno abbia palesato la sua presenza. Nel corso di una delle sedute Mattia è riuscito a baciare Adriana.

Ascoltalo QUI

Un romanzo a puntate - IL FU MATTIA PASCAL Capitoli XI e XII


IL FU MATTIA PASCAL

Capitolo XI DI SERA, GUARDANDO IL FIUME
Man mano che cresce la familiarità con  i padroni di casa, cresce il disagio di Mattia. Egli si sente un intruso, con un nome falso, un’esistenza fittizia e ripete continuamente a se stesso  che non deve accostarsi troppo alla vita altrui.
La sera si affaccia  alla finestra  ad osservare il fiume nero e silente e ad immaginare il suo percorso tortuoso fino alla foce.Spesso vede Adriana intenta ad annaffiare i fiori  e spera che   lei sollevi lo sguardo verso di lui.
Spesso Mattia girovaga di notte  per le vie spettrali  di Roma.Una sera si trova coinvolto in una rissa e riesce a salvare una donna dall'aggressione di 4 uomini. I due poliziotti intervenuti lo invitano a denunciare il fatto alla stazione di polizia ma Mattia si schermisce, poiché non ha documenti. “Eroe non potevo più essere davvero!”
La Signorina Caporale ogni tanto rivolge domande sulla vita privata di Mattia : questi si rassegna e mente in continuazione .Man mano che racconta cose mai avvenute Mattia diventa sempre più abile :”Meravigliavo io stesso  di aver accolto , viaggiando, tante impressioni, che il silenzio  aveva quasi sepolte in me, e che ora,parlando, resuscitavano , mi balzavano vive dalle labbra.
Mattia, dallo sguardo e dal rapimento con il quale la signorina Caporale lo ascolta, capisce che lei è innamorata di lui.
Ma Mattia prova invece una strana attrazione per Adriana , una “ pura soavissima ebrezza.” “Le anime hanno un loro particolar modo d’intendersi…, mentre le nostre persone sono impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali”.
Una sera Mattia assiste ad una scena che lo turba: sente  una voce di uomo  provenire dal terrazzino di casa dove spesso si trattiene con le due donne a chiacchierare. Si tratta  di Terenzio Papiano, il cognato di Adriana, marito della  sorella morta , che sta parlando in maniera concitata con la signorina Caporale proprio di Mattia . Mattia capisce che i due sono amanti.
Terenzio  intima alla Caporale di andare a chiamare Adriana: quando questa arriva Terenzio riprende  a parlare di Mattia in maniera concitata, al punto che questi decide di  presentarsi . Terenzio cambia tono, diventa mellifluo, si presenta come cognato di Adriana  e dice di essere segretario presso i Borbonici.
Mattia rimane stupito da questo improvviso voltafaccia. Poi i tre vanno a dormire.

Ascoltalo QUI 

Capitolo XII 
L’OCCHIO E PAPIANO
Terenzio Papiano  è alto e robusto, un po’ calvo,  con un grosso paio di baffi brizzolati, occhi grigi acuti ed irrequieti: vede tutto e tocca tutto. E’ tornato a Roma con il fratello Scipione, che sembra incapace di intendere e volere.
Mattia si accorge che Terenzio fa di tutto per convincerlo a parlare di sé e si sente in trappola e a disagio :”Senza aver commesso cattive azioni , senza aver fatto male a nessuno , dovevo guardarmi così, davanti e dietro , timoroso e sospettoso , come se avessi perduto il diritto di essere lasciato in pace.”
Mattia si rende conto di non poter più ormai andarsene : il sentimento che lo lega ad Adriana, benché rimasto inespresso, è diventato troppo forte.
Un giorno Mattia trova la signorina Caporale in lacrime : lei gli confessa di essere disperata perché colpita da tre disgrazie: “donna, brutta, vecchia”. Desidererebbe morire : non ha prospettive, ha dovuto  anche vendere il pianoforte che per lei era tutto . Ultimamente Terenzio cerca di indurla a convincere Adriana a sposarlo, per questioni opportunistiche . Mattia tenta di consolarla.
Un giorno Terenzio porta a casa un certo  Francesco Meis di Torino che sostiene di essere imparentato con Mattia; quest’ultimo fa di tutto per smentirlo , ma Francesco insiste : vuole essere ad ogni costo suo parente!
Un altro giorno Mattia  sente dalla sua camera la voce di un uomo, un amico che Terenzio aveva portato a casa, e riusce a identificare il proprietario di quella voce : si tratta dello Spagnolo, un personaggio che Mattia ha conosciuto a Montecarlo.
Mattia  è impaurito : tracce del suo passato riemergono e possono minacciare la sua nuova identità.Decide di farsi operare all'occhio  che è leggermente strabico : senza questa caratteristica può darsi che sia più difficilmente identificabile.

Ascoltalo QUI

martedì 24 febbraio 2015

INTERVISTE - UN ANNO NEGLI USA: LA TESTIMONIANZA DI ELISA

statua della libertà e bandiera a stelle e strisce

Elisa Ernandes, classe 4Dt, è appena tornata da 5 mesi negli Usa (progetto UN ANNO ALL'ESTERO). 
In questa intervista ci racconta la sua esperienza.


  • Come vive una famiglia americana? releazioni tra i componenti/ modalità di condivisione dei tempi e degli spazi/ comunicazione e rapporto genitori -figli . Fino a quale età i ragazzi vivono in famiglia?

Vivere per quasi sei mesi in una nuova casa, con persone nuove e con nuove abitudini e tradizione ti da sicuramente la possibilità di scoprire molto su come la famiglia vive e su come i vari componenti si rapportino tra loro.
Per quanto riguarda la mia esperienza, la mia famiglia americana non era poi così differenta da quella italiana. Ci sono però, ovviamente, cose che durante questi mesi, mi hanno colpito in quanto differenti, eventi da cui ho imparato molto e che mi sono ripromessa di riproporre anche con la mia famiglia italiana al mio ritorno.
Uno dei fatti che più mi ha colpito e direi che mi è forse anche più piaciuto è che in famiglia niente è scontato, ovvero anche per semplici cose i figli ringraziano i propri genitori e viceversa. La parola GRAZIE viene usata molto spesso e questo mi ha fatto notare che le cose così vengono apprezzate di più. Un esempio può essere la classica cena di famiglia fuori casa: uno dei due genitori paga e tutti i figli al termine del pasto ringraziano i genitori. Può sembrare una cosa banale ma vi assicuro che non lo è! Ringraziare non è obbligatorio o costretto, viene direttamente dai ragazzi che fin da piccoli hanno imparato ad apprezzare ogni piccolo gesto.
Io vivendo in una famiglia numerosa: mamma, papà e cinque figli ho avuto la possibilità di rapportarmi con più persone e di osservare i vari legami familiari. Come in Italia, anche in America il rapporto che si ha tra genitore e figlio è per lo più equo. Non vi sono grandi distinzioni o prese di potere. A seconda del figlio con cui si ha a che fare si hanno, ovviamente, rapporti diversi. So per certo che la mia "mamma americana" cerca di instaurare un legame con i suoi figli che sia basato su lealtà, comprensione e voglia di migliorarsi. Se vi è un'incomprensione si cerca di capirla, analizzarla e se il figlio in questione ha delle buone ragioni la mamma può cambiare idea e accettare ciò che il figlio dice/chiede. Per quanto riguarda la libertà,i ragazzi della nostra età sono più autonomi, per il semplice fatto che possiedono una macchina già a 16 anni e che a 17/18 iniziano a vivere da soli in college. Molti studenti decidono di andare in un college/università distante dalla città di provenienza e quindi iniziano una vera e propria vita autonoma. Altri, invece, cercano di mantenersi più vicini ai familiari e quindi tornano a casa ogni weekend.

  • cibo e alimentazione : abitudini alimentari

Quando si pensa al cibo americano l'mmagine di un piatto pieno di patatine fritte, hamburger e hot dog è impressa nella nostra mente. Devo ammettere che questo può essere vero o meno, dipende molto dalla famiglia in cui vivi e dalle loro abitudini alimentari. Nella mia famiglia, per esempio, alla mamma non piaceva tanto cucinare, quindi spesso mangiavamo cibo già pronto,andavamo a cena fuori o preparavamo qualcosa di veloce. Per quanto riguarda la colazione non posso lamentarmi! C'erano molti tipi di cereali da gustare con il latte, succo di frutta e il Sabato e la Domenica mattina mangiavamo molto spesso pancakes, waffles,maple syroup (sciroppo d'acero), uova e bacon. Svegliarsi con quel profumino non era niente male! Il pranzo, invece, era molto semplice. Durante la settimana mi preparavo il mio tramezzino con prosciutto e formaggio, qualche snack una bottiglia d'acqua e a volte un frutto e portavo tutto a scuola; oppure compravo il cibo dalla mensa. Non vi era un vero e proprio criterio, sceglievo cosa fare la sera prima e se per esempio c'era qualcosa di buono in mensa ed ero stanca sceglievo di comparlo altrimenti, me lo preparavo.
La cena era il pasto in cui tutta la famiglia, dopo una lunga giornata, si riuniva. Era uno dei momenti più bella giornata perchè parlavamo di qualsiasi cosa, ridevamo scherzavamo e organizzavamo attività da fare tutti insieme. Un dei miei ricordi più belli è proprio durante la cena, quando il mio "papà americano" voleva imparare delle parole in italiano e non riusciva a pronunciarle. Gli ho insegnato come si dice Buongiorno e pollo e da quel giorno ogni mattina mi salutava dicendomi "Buongiorno, let's eat some pollo!"

  • Tempo libero: cosa fanno i giovani? Quali i luoghi di ritrovo? Letture? viaggi ? Musica?

In America, o per lo meno dove vivevo io, di tempo libero o non ce ne è o ce ne è troppo. Durante la settima i ragazzi vanno a scuola fio alle tre del pomerioggio, poi hanno allenamento ogni singolo giorno, tornano a casa, fanno i compiti, mangiano e vanno a dormire. Durante il weekend hanno delle gare/partite e poi passano il resto del tempo a casa. Io vi parlo dei ragazzi del mio piccolo paesino. Sono sicura che nelle grandi città la vita sociale sia maggiore e diversa. Una cosa che ho notato in quanto ne ho davvero sentito la mancanza è che non esistono punti di ritrovo, come per esempio piazze, dove i ragazzi dopo scuola si incontrano e si divertono. La mia fortuna è stata che io ero in gruppo di exchange students e la mia mamma americana era la coordinatrice, quindi organizzavamo sempre qualcosa tutti insieme per i weekend. Ovviamente in alcuni fine settimana andavamo ai balli, molto divertenti e diversi dalle nostre discoteche e avendo anche una sorella, con cui ho legato molto, qualcosa da fare c'era sempre.

  •  La scuola:rapporto insegnanti-alunni . Discipline d'insegnamento/ qualità della scuola/ amicizie e rapporto con i coetanei / come sono visti gli studenti stranieri? tu come italiana?

Una delle prime ragioni per cui si studia all'estero è sicuramente conoscere una nuova cultura e fare tesoro di ciò che ti piace di essa. La scuola è sicuramente uno dei mezzi migliori per entrare a far parte della comunità in cui vivi, in quanto è un luogo di ritrovo, di insegnamento e spesso anche di divertimento. In America soprattutto, la scuola ha un ruolo importantissimo nella vita di ognuno. Ogni tipo di attività è legata alla scuola, che diventa un po come il centro della città.
Una delle maggiori differenze che ho trovato confrontando l'Italia con l'America è proprio l'edificio scolastico, nelle sue più svariate sfacettature. Avendo la possibiltà di trascorrere un semestre in una scuola americana, sono riuscita a capire ciò che nel sistema scolastico americano c'è di buono e ciò che invece, secondo la mia opinione, è meglio in Italia.
Partendo da come è suddivisa la giornata, in America gli studenti devono cambiare classe ogni periodo (40 min.). Tra un periodo e l'altro ci sono 3 minuti di pausa, con un totale di 8 periodi. Un periodo, normalmente nel mezzo della giornata, è dedicato per metà al pranzo e per metà allo studio autonomo in una classe. I ragazzi hanno inoltre la possibilità di scegliere, oltre alle discipline base, altre materie, rivolte ad accrescere un interesse singolo dello studente. La disposizione della giornata scolastica in questo modo è secondo me migliore di quella che abbiamo in Italia, in quanto cambiando aula e compagni tutto sembra molto meno pesante e noioso. Per quanto riguarda l'istruzione, invece, sono certa del fatto che quella italiana sia migliore. I ragazzi della mia età sbagliano la grammatica inglese e non sanno fare lo spelling di molte parole. Spesso mi è capitato di dover chiedere alcune regole grammaticali, in quanto dubbiosa, e le risposte dei miei amici o genitori sono sempre state molto vaghe e mai del tutto risolutive. Anche la geografia è uno dei loro punti deboli, evidentemente perchè non viene insegnata nel modo adeguato. Un grande problema che vi è in America o per lo meno nella zona in cui abitavo è l'insegnamento delle lingue. In tutti gli stati si inizia a studiare una lingua estera all'età di 12 anni e imparano solo la grammatica e non fanno mai conversazione.Il rapporto che vi è tra alunno e insegnante è molto simile a quello che c'è tra studenti e insegnanti italiani. Con alcuni si scherza e si ride, con altri si è più seri e silenziosi.
Ogni anno nella scuola americana che ho frequentato vengono più o meno 5 studenti stranieri, tutti di provenienze differenti. Questo è stato il quinto anno successivo e credo sia per questo che alcuni ragazzi non siano più tanto curiosi di conoscerci e di diventare nostri amici. Ho avuto la possibilità di fare amicizia con delle persone davvero fantastiche, anche se la maggior parte del giorno lo passavamo noi studenti stranieri, con qualche eccezzione di ragazzi curiosi e vogliosi di sapere di più sulle nostre culture. Il motivo per cui gli studenti straniere non sono amati da tutti in questa scuola è anche perchè gli abitanti sono molto pochi e vivono in un piccolo paesino, dove tutti sanno tutto. Noi eravamo quella piccola parte di mondo e di diversità che essendo sconosciuta, forse spaventava. A differenza, invece, nelle scuole, situate in città più grandi, la diversità è ben accetta.

  • Le maggiori diversità culturali e sociali che hai riscontarto?

Ci sono svariate diversità cuturali e sociali che potrei elencare, ma nessuna di queste è davvero poi così diversa da ciò a cui noi siamo abituati. Come si suol dire c'è sempre un eccezione alla regola e in questo caso l'eccezione sono gli Amish.
Nel paese in cui mi trovavo gran parte delle case appartenevano a questa popolazione. Esse si distinguono dalle altre in quanto sono tutte bianche e di legno; sono normalmente molto grandi, hanno in giardino delle altalene per i bambini e parcheggiati nel cortile, invece delle macchine, ci sono i carretti trainati da cavalli. Fin dal primo momento in cui li ho visti ho trovato una grande curiosità nel sapere quale fosse la loro routine quotidiana e chiedendo ai miei genitori ospitanti sono venuta a conoscenza di molte cose riguardanti la loro vita, alcune delle quali condiverò con voi. Gli Amish sono una comunità religiosa, molto comune nei piccoli paesi dell'America. Essi non hanno alcun legame con il mondo odierno e con la tecnologia, non possiedono nè elettricità nè automobili. Possono avere un solo lavandino con acqua corrente in tutta la casa e questo deve trovarsi nella stanza dove vi è la porta di ingresso. Hanno le loro scuole private, normalmente molto piccole; l'insegnante è solitamente una ragazza single e gli studenti vanno a scuola fino all'età di 13 anni. All'età di 16 anni i giovani entrano nella fase del ‘rumspringa’, durante il quale lasciano le loro case per andare a scoprire il mondo che li circonda. Alla fine del ‘rumspringa’, i giovani sono liberi di decidere se tornare o meno nella comunità. La famiglia è il fulcro del credo Amish e così il matrimonio è la decisione più importante della vita. I ragazzi e le ragazze cominciano a pensarci già a 16 anni. Il colore dell’abito della sposa è quasi sempre blu ed è confezionato da lei stessa e lo indosserà poi sempre tutte le domeniche e con lo stesso abito verrà sepolta quando morirà. Le donne e le ragazze indossano abiti molto modesti con maniche lunghe e gonne mai sopra la caviglia: non si tagliano mai i capelli che portano raccolti sulla nuca coperti da una cuffia bianca se sono sposate o nera se sono single. Non hanno gioielli.Gli uomini ed i ragazzi sono vestiti per lo più di scuro con gilet e bretelle. Non hanno baffi (considerati militaristi), ma, dopo il matrimonio si fanno crescere la barba.

  • Politica:cosa si pensa di Obama? Cosa si pensa dell'Italia ?

Per quanto riguarda l'aspetto della politica purtroppo non ho appreso molto e quindi le mie conoscenze sono alquanto scarse. Ho notato che nel piccolo paese in cui vivevo la figura di Obama era ben vista solo da una piccola parte della popolazione. La maggior parte invece non lo considera un buon presidente, in quanto ha idee più rivolte ad un aspetto democratico e non repubblicano.
L'Italia è amata dalla maggior parte degli americani, la lingua è considerata come una delle più belle dal punto di vista sonoro e molti dei miei amici hanno voluto imparare alcune parole in italiano. Ho notato inoltre che alcuni film creati in America hanno spesso relazioni con l'Italia.

  • Che cosa ti mancava dell'Italia? quali sono sono state per te più difficili da affrontare?

Questi mesi sono stati tra i migliori della mia vita e se devo essere sincera l'Italia non mi mancava poi così tanto. Il giorno della partenza, lo ricordo come se fosse ieri, ero agitata. Un'insieme di emozioni e pensieri mi attraversano la mente. Non sapevo cosa aspettarmi, non sapevo se mi sarei trovata bene, non avevo idea di cio a cui andavo incontro, ma la voglia di conoscere, di imparare, di crescere era ciò a cui più pensavo. Ero convinta che sei mesi sarebbero stati davvero lunghi e mi sarebbero mancati molto i miei genitori, mio fratello e i miei amici, ma mi sbagliavo. Grazie alla tecnologia, oggi, vivere in un altro continente o vivere nella stessa città non fa poi così tanta differenza. Mi sentivo spesso con chiunque volessi e avevo sempre tante cose da fare quindi il tempo per pensare all'Italia era ben poco!! Qualcosa che mi mancava però c'era, il cibo!! Normalmente non mi piacciono tanto le minestre di verdura ma quando ero in America sentivo davvero la loro mancanza.

  • In che modo questa esperienza ti ha cambiata/ accresciuta/ reso consapevole?

Uno degli obbiettivi dell'exchange è sicuramente quello di crescere come persona, dal punta di vista culturale e sociale ma anche quello di far si che i cittadini del posto ti conoscano. Gli studenti stranieri arrivano in America considerati come ambasciatori del proprio paese, disposti a insegnare e far conoscere la cultura, le tradizioni e i costumi del  loro luogo di provenienza. Tanto è vero che in molti paesi di tutto il mondo viene data la possibilità agli studenti delle scuole superiori di spendere un anno all'estero gratuitamente. Nel mio gruppo di exchange students eravamo solo io e altre 3 persone su 15 che hanno dovuto pagare per intraprendere quest'esperienza. Il resto del gruppo tramite dei concorsi è andato gratuitamente. Sono stati i cittadini Americani a pagare per loro tramite delle imposte.
Potessi tornare indietro rifarei questa esperienza all'infinito, senza rimpianti!
Ho imparato ad apprezzare ciò che c’è di bello nel nostro paese e ciò che invece si potrebbe migliorare. Ho avuto l’occasione di fare varie attività di volontariato; mi ha davvero colpito quanto il volontariato faccia parte del quotidiano qui, vigili del fuoco, ambulanze e molto altro sono portati avanti da volontari che fanno questo per il bene della comunità.  Ho avuto l’opportunità di conoscere ragazzi da molte parti del mondo e venire a conoscenza delle diversità e delle cose simili. Insomma, questa esperienza non mi è servita solo per migliorare la lingua ma anche per migliorare me stessa e per arricchire la mia conoscenza sul mondo e ciò che è intorno a noi.

giovedì 19 febbraio 2015

Un romanzo a puntate - IL FU MATTIA PASCAL Capitoli IX e X


IL FU MATTIA PASCAL

Capitolo IX UN PO’ DI NEBBIA
Il primo inverno è trascorso; inizia il secondo e la magia legata alla ritrovata libertà inizia ad appannarsi. Mattia comincia a pensare di trovarsi una fissa dimora ed invidia le persone normali  che non conoscono quel senso di penosa precarietà che ormai caratterizza la sua vita.
Mattia si deve privare anche degli oggetti, gli oggetti che si caricano di significati particolari per il loro proprietario, che suscitano emozioni e ricordi. Mattia non può possedere nulla, costretto come è ad alloggiare in camere d’albergo, con la valigia  in mano.
Mattia immagina se stesso che torna a casa per Natale, con il panettone sotto il braccio. “Buongiorno, io sarei il defunto marito della signora Pascal,  vengo lesto lesto dall’altro mondo  per passare le feste in famiglia, con licenza dei superiori”
Mattia pensa: ”Ci sono altre persone sole al mondo”, ma  è anche vero che la condizione di queste persone sole può sempre cambiare mentre la sua no, è destinata a rimanere tale per sempre. Mattia sarà per sempre un forestiero della vita.
Mattia ha fatto amicizia con un signore, vicino di tavolo in trattoria, un certo Cavalier Tito Lenzi. Quando il cavaliere comincia a porre domande a Mattia sul suo passato, questi si sente a disagio, si ritrae. Al termine della  conversazione si rende conto inoltre che il nuovo amico mente e Mattia si sente avvilito: si chiede come mai l’uomo menta, se non è costretto a mentire. Mattia, da parte sua, obbligato ad una vita di finzione, si sente “torcere l’anima dentro“ mentre  è condannato a mentire.
Mattia si rende conto che non potrà mai avere un vero amico, ma solo relazioni superficiali, che dovrà vivere per sempre mascherato. La vita, osservata da spettatore esterno, gli sembra  senza scopo e senza senso.
Il frastuono, il fermento dellaa città in perenne movimento  lo stordiscono: ”Perché gli uomini si affannano a rendere più complicato il congegno della loro vita?? Perché tutto questo stordimento di macchine? Che farà l’uomo quando le macchine faranno tutto?” Si accorgerà allora che il progresso non ha nulla a che fare con la felicità?”
Mattia  torna in albergo immerso nei suoi cupi pensieri  e si mette a parlare con un canarino in gabbia, illudendosi che questo gli risponda.
Mattia  è convinto che l’uomo pensi che la natura in qualche modo gli parli, comunichi, trasmetta messaggi . ma forse la natura  non ha la minima percezione di noi e della  nostra esistenza.
La conclusione di Mattia, al termine di queste amare riflessioni :”Io dovevo vivere, vivere, vivere…”

Ascoltalo QUI 

Capitolo X 
ACQUASANTIERA E PORTACENERE
Mattia decide di stabilirsi a Roma: la città gli piace ed inoltre gli sembra la più adatta ad ospitare, tra tanti forestieri, un forestiero come lui.
Il ragazzo trova una stanza in affitto presso  una famiglia discreta, composta dal signor Paleari, la figlia Adriana, il cognato di Adriana Terenzio, al momento fuori città.
Adriana lo informa che in casa vive un’altra inquilina ,Silvia Caporale, un’insegnante di pianoforte sola, infelice, distrutta dall’alcool, arrabbiata con la vita: viene ospitata gratuitamente in casa poiché in passato ha affidato i suoi risparmi a Terenzio che li  ha investiti in un affare non andato bene.
Adriana è una donna minuta, timida, seria, che sembra portare sulle sue fragili spalle tutto il peso della gestione della famiglia. La sorella è morta sei mesi prima.
Il padre – nota Mattia – appare un tipo eccentrico, “ con il cervello di spuma”, dedito a strane letture  di teosofia , ossessionato dal pensiero della morte, interessato al paranormale : ha scoperto nell’inquilina Silvia straordinarie  facoltà medianiche.
Adriana è molto religiosa e soffre per le pratiche medianiche del padre.
Sopra il comodino nella camera di Mattia è appesa un’acquasantiera. Una notte Mattia la utilizza distrattamente come portacenere. Il giorno dopo l’acquasantiera non c’è più e sul comodino è appoggiato un portacenere.
Mattia si  rende conto di non essere più entrato in chiesa  per pregare e di non aver riflettuto a lungo sul pensiero della morte: ma l’ossessione di Paleari alla fine contagia anche lui.
Paleari parla sempre e solo di morte e riflette sul concetto di materia.
Se tutto è materia, esistono comunque diversi gradi di materia: “Nel mio stesso corpo c’è l’unghia, il dente… e c’è il finissimo tessuto oculare!”
La Natura ha faticato migliaia di secoli per far evolvere l’uomo  dallo stadio di verme a quello attuale, per arrivare a “questa bestia che ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda che pure è capace di scrivere la DIVINA COMMEDIA… e tutt’a un tratto, paffete, torna zero? Diventerà verme il mio naso, il mio piede, non l’anima mia, perbacco!”
Paleari  osserva che deve pur esserci  un vita oltre la vita:”Se mi provano che, dopo aver faticosamente vissuto per anni, tutto finisce lì, ma io la mia vita la butto via oggi stesso!”
“Sarebbe la cosa più assurda e atroce se tutto dovesse consistere IN QUESTO MISERABILE SOFFIO CHE E’ LA NOSTRA VITA TERRENA: 50, 60 anni di noia, di miserie, di fatiche: perché?... Non possiamo comprendere la vita se non ci spieghiamo la morte.”
“Se manca la lampadina della fede  ci aggiriamo nella vita come ciechi.”
Paleari non si cura  di  indagare sulla vita di  Mattia. Solo una volte gli chiede perché si trovi a Roma.Non capisce perché il ragazzo abbia scelto una  città triste, morta, chiusa nel sogno del suo maestoso passato , indifferente  al formicolio che si agita intorno a lei. Roma giace con il suo “grande cuore frantumato”: i papi ne avevano fatto un’acquasantiera, gli Italiani l’hanno trasformata in un posacenere.

Ascoltalo QUI

venerdì 13 febbraio 2015

San Valentino nell'arte

Vi state chiedendo come dimostrare il vostro amore per San Valentino? 

A volte un’immagine vale più di mille parole...

Per festeggiare San Valentino questo fine settimana, il team del Google Cultural Institute ha raccolto decine di capolavori sul tema dell’amore e del romanticismo in una collezione eccezionale. Unitevi a noi in questo viaggio tra paesi, culture e tempi e attraverso le molteplici manifestazioni dell’amore, e condividete la vostra opera preferita con chi amate. Da Banksy aVan Gogh a Tsukioka Yoshitoshia, avrete la possibilità di ammirare una stupefacente collezione di opere d’arte.


clicca-->


Per questa giornata speciale abbiamo anche digitalizzato ad altissima risoluzione uno dei baci più famosi della storia dell’arte: Il Bacio di Gustav Klimt. Le due figure, raffigurate su un prato cosparso di fiori, sono dolcemente ascendenti dall’abisso e protette da un’aura dorata. E’ possibile ingrandire l’immagine dell’opera fino a intravederne le pennellate e scoprire i delicati strati a foglia dorata e i dettagli del prato.
Se preferite stili diversi, ecco il Ballo in Campagna di Renoir, i baci di Anh Chang Hong, Edvard Munch e Giovanni Giuliani. Esplorate la collezione per trovare il capolavoro che meglio esprime il vostro stato d’animo. Perché non invitare il vostro amore a fare una passeggiata nei campi, a trascorrere un pomeriggio al parco o a mangiare insieme? Non state lì a sognare ad occhi aperti o a scrivere lettere d'amore: rilassatevi a un matrimonio o ad una festa! E se siete alla ricerca di un argomento di conversazione interessante per la cena, scoprire in questa mostra come nasce l’uso di inviare lettere scritte a mano o telegrammi per San Valentino.


clicca-->


Non avete ancora trovato la giusta dose di romanticismo? Non rimane che una fuga al Museo dell'Innocenza in Turchia per scoprire la commovente storia d'amore di Kemal e Füsun. E’ stato Orhan Pamuk a creare Il Museo dell'Innocenza, una storia d'amore ambientata tra il 1974 e i primi anni del 2000, facendone un libro e un museo che, insieme, dipingono un quadro sulla vita di Istanbul attraverso i ricordi e flashback delle due famiglie. 

clicca-->


Come scrisse Lev Tolstoj: "Ci sono tanti amori quanti cuori”: godetevi la visita su www.google.com/culturalinstitute/project/love

giovedì 12 febbraio 2015

Un romanzo a puntate - IL FU MATTIA PASCAL Capitoli VII e VIII



IL FU MATTIA PASCAL

Capitolo VII CAMBIO TRENO
Mattia è in treno, diretto verso casa, incerto sul da farsi. Quali prospettive davanti a lui? Riscattare il mulino e fare il mugnaio?
Immagina la scena del ricongiungimento con la moglie e la suocera: entrambe manifestano inizialmente indifferenza, ma dopo un po’ la suocera ricomincia a sputar bile e a rinfacciare al genero il posto di bibliotecario perso. Mattia vede se stesso mentre estrae la fortuna guadagnata al casinò, conta le banconote davanti agli occhi esterrefatti delle due donne e poi se ne va. Mattia pensa anche a tutti i debiti che dovrà saldare una volta arrivato a casa.
Il treno si ferma, Mattia scende e compera un giornale: rimane allibito quando legge la notizia della… sua morte! A Miragno il giorno prima è stato ripescato il corpo putrefatto di un uomo che è stato riconosciuto come quello di Mattia Pascal.
Mattia non crede ai suoi occhi : come è possibile che moglie e suocera abbiano riconosciuto rispettivamente marito e genero nel corpo di un estraneo?
Ma improvvisamente Mattia ha  un’illuminazione “Ero morto, morto, non avevo più debiti, né moglie, né suocera: nessuno! Libero! Libero! Libero!".
Mattia rinuncia a risalire sul treno, si procura un altro giornale per rileggere con calma e tranquillità l’articolo.
Si sente “paurosamente sciolto dalla vita, superstite di se stesso, sperduto, in attesa di vivere oltre la (fittizia) morte, senza intravvedere ancora in quale modo”.
Nell'articolo si parla della “tremenda costernazione e dell’inenarrabile angoscia” che tormenta  moglie e suocera”, della “vedova sconsolata che piange il diletto marito”, della “stima dei concittadini”.
Mattia prende la sua decisione e si sente sollevato.

Ascoltalo QUI 

Capitolo VIII 
ADRIANO MEIS
Mattia costruisce gradualmente la propria identità, “non solo esteriormente, ma anche nell'intimo. Mattia ormai  è “ solo, sciolto da ogni legame, nuovo e assolutamente  padrone di sé, senza più il fardello del suo passato, con un paio d’ali”, artefice del suo nuovo destino. Mattia si propone di sfuggire agli aspetti sgradevoli della sua nuova vita, di ricercare “belle vedute, ameni luoghi tranquilli”, di trasformarsi in modo da poter dire “ non solo di aver vissuto due vite ma di essere stato due uomini”.
Mattia  modifica il suo aspetto fisico, accorciandosi  la barba, e sceglie un nuovo nome dopo aver ascoltato casualmente  una conversazione in treno: Adriano Meis.
All'inizio Mattia si sente pervaso da una fresca letizia infantile e assapora la gioia della novella libertà. ”Oh levità deliziosa dell’anima, serena, ineffabile ebbrezza!!!”. L’idea della libertà sconfinata e unica gli procura un’improvvisa felicità, un beato stupore. L’aria è di una meravigliosa trasparenza e Mattia si sente così inebriato dalla nuova libertà che teme quasi d’impazzire.
Mattia si libera perfino della fede matrimoniale.
Mattia deve anche  costruirsi nei minimi particolari un passato. Egli immagina di essere figlio unico, di essere nato  in America, in Argentina, di essere ritornato in Italia in tenerissima età, di aver avuto i genitori morti quando lui era piccolo, di avere avuto perfino un nonno che lo ha cresciuto. Per creare l’immagine del nonno Mattia osserva a lungo   i vari vecchietti incontrati nel suo peregrinare di città in città, coglie di ognuno un aspetto particolare “Oh, di quanti nonnini veri si compose il nonnino mio!”
Per ricostruire l’infanzia fittizia, Mattia osserva decine di ragazzini dai 5 ai 10 anni, studia le loro mosse, i loro giochi, le loro espressioni.
Mattia vive la sua nuova vita  senza avere quasi relazioni con gli altri ma, dopo un po’di tempo, comincia a sentire il peso della sua nuova condizione: è senza documenti, non può lavorare e dunque deve razionare i suoi risparmi, non ha compagnia.
Un giorno  in particolare  si rende conto di quanto tiranna sia la sua libertà: vorrebbe comperare un cagnolino, ma si rende conto che non può. Dovrebbe pagare una tassa, ma è impossibilitato a farlo perché ufficialmente non esiste.

Ascoltalo QUI

giovedì 5 febbraio 2015

Un romanzo a puntate - IL FU MATTIA PASCAL Capitoli V e VI


IL FU MATTIA PASCAL

Capitolo V LA MATURAZIONE 
Romilda è gelosa del figlio che avrà Oliva, destinato ad una vita comoda e agiata mentre il suo vivrà per sempre nell'incertezza del domani. Quello che rimane delle proprietà di Mattia viene svenduto ed acquistato per “pochi baiocchi” da Malagna. Mattia deve trovare un’occupazione, pur essendo “inetto a tutto” e con una fama alle spalle di scioperato e fannullone, fama che gli rende difficile trovare un lavoro.
L’atmosfera in casa è tesa: la madre di Mattia è chiusa in se stessa, apatica, rassegnata, “non dà fastidio neanche all'aria. Mattia teme che possa essere maltrattata  dalla suocera  e da Romilda. Mattia preoccupato chiede al fratello Berto di ccogliere la madre a casa sua ma Berto sostiene di non avere la possibilità di ospitarla.
La tensione  in famiglia cresce fino al giorno in cui scoppia un litigio particolarmente violento. Mattia interviene e getta a terra la suocera.
Due giorni dopo zia Scolastica porta via con sé la madre di Mattia, non prima di aver avuto un alterco con la vedova Pescatore. Dopo un ennesimo conflitto con la vedova Pescatore, durante il quale Mattia viene preso da un accesso di riso isterico (“ho riso di tutte le mie sciagure ed il mio tormento , mi vidi in quell'attimo  attore di una tragedia che più buffa  non si sarebbe potuta immaginare… io che non avevo più pane per il giorno appresso…”), il ragazzo esce di casa e si imbatte in Pomino, che, commosso per la triste situazione in cui si trova  Mattia, gli offre un posto di lavoro come bibliotecario; suo padre infatti, che è assessore comunale per la Pubblica  Istruzione, gli ha detto che l’attuale bibliotecario non è più in grado di svolgere il proprio lavoro.
E così, 4 giorni dopo, Mattia diventa bibliotecario. Guadagna sessanta lire al mese.
Passa tutto il giorno con il vecchio bibliotecario Romitelli che ha affiancato, e non sa cosa fare. Vedendo grossi ratti che si nascondono tra i libri, ha un’idea. Scrive un’elaboratissima istanza all'assessore comunale all'istruzione perché gli invii due gatti che possano fare strage di topi. Dopo un certo tempo Mattia riceve  due gattini  magri e miseri che non si dimostrano all'altezza del loro compito. Protesta, e dopo un certo tempo  vede arrivare “due bei gattoni lesti e serii” che, senza perder tempo, si mettono a fare il loro dovere.
Mattia avverte un cambiamento nel profondo della sua anima (non a caso il capitolo si intitola “Maturazione”). Morto  Romitelli, si ritrova solo e “pur senza voglia di compagnia”:  può trattenersi solo poche ore in biblioteca, impegnato nella caccia ai topi, non ha voglia di girare per il paese perché si vergogna dello stato di miseria, non vuole stare in famiglia.
Decide perciò di cominciare a leggere di tutto un po’, disordinatamente, ma soprattutto libri di filosofia: ”pesano tanto, eppure chi se ne ciba e se li mette in corpo, vive tra le nuvole”.
Quando è sazio di lettura, Mattia si reca in riva al mare: la vista delle onde lo fa cadere in uno “sgomento attonito”, in una “oppressione intollerabile”; siede sulla spiaggia, sente il fragore delle onde, mentre si lascia scivolare tra le dita la sabbia pesante e mormora :”Così, sempre, fino alla morte, senza alcun mutamento, mai…”. L’immobilità e l’inutilità della sua condizione di vita gli pesano come un macigno.
Un giorno gli portano la notizia che la moglie ha le doglie e  corre  trafelato  a casa. Vengono alla luce due gemelle: ”si sgraffiavano tra di loro con quelle manine così gracili  eppur quasi artigliate da un selvaggio istinto che incuteva  ribrezzo e pietà: misere, misere, misere, più di quei due gattini che ritrovavo ogni mattina dentro le trappole; ed anch'esse non avevano la forza di vagire…”.
Ma Mattia sente anche per la prima volta un brivido nuovo, un senso di tenerezza ineffabile.
La prima nata muore pochi giorni dopo, la seconda  muore all'età di un anno, quando Mattia ha ormai avuto tempo di affezionarsi alla piccola , di chiamarla per nome e di sentirsi chiamare papà.
Contemporaneamente, lo stesso giorno  muore anche la mamma di Mattia: il ragazzo rimane come tramortito dal doppio lutto ed è sull'orlo della follia. Per una notte intera  vaga per il paese e per le campagne. Viene confortato dal vecchio mugnaio.
Berto si fa vivo ed invia  500 lire per il funerale, che torneranno utili in seguito a Mattia e diventeranno “cagione della sua prima morte”

Ascoltalo QUI 

Capitolo VI TAC,TAC,TAC…
Cambio di scena: il capitolo inizia con la descrizione delle evoluzioni capricciose della pallina della roulette, dalle quali dipendono  le sorti di tanti giocatori.
Mattia è capitato a Montecarlo per caso. “Non sapendo più resistere alla noia, anzi allo schifo di vivere in quel modo, miserabile, senza speranza di miglioramento, senza compenso  all'amarezza, allo squallore, all'orribile desolazione ero fuggito dal paese a piedi, con le 500 lire di Berto in tasca.”
Inizialmente Mattia  pensa di andare a Marsiglia e da qui, con la nave, in America, ma scoraggiato ed avvilito anche per la scarsità di denaro, rinuncia. Sceso a Nizza, incerto sul da farsi, compera un opuscolo sulla roulette  e va al casinò. Per parecchio tempo osserva i giocatori e respira l’atmosfera di grande tensione che caratterizza il gioco: ”si faceva silenzio, un silenzio strano, angoscioso, quasi vibrante di frenate violenze…”, tutti gli occhi si volgevano alla pallina con varia espressione: d’ansia, di sfida, d’angoscia, di terrore…”. Mattia comincia a giocare, viene preso dalla febbre del gioco e vive uno stato di lucida ebbrezza. C’è quasi una forza diabolica in lui che gli suggerisce i numeri  e lo fa vincere in continuazione.
Dopo aver vinto una grossa somma, 11.000 lire, Mattia è incerto sul da farsi: tornare a casa  da una moglie arida e rancorosa verso la quale non prova più alcun affetto o partire per l’America?
Nei 12 giorni seguenti  torna al casinò e continua a  giocare, vincendo fino al nono giorno, dopodiché  la fortuna sembra abbandonarlo.
Il dodicesimo giorno Mattia viene informato che un giocatore che aveva conosciuto in  precedenza, si è suicidato. Mattia lo vede disteso in mezzo al viale, con la rivoltella ancora in pugno. Prende un fazzoletto e gli copre il volto sfigurato, tra le proteste della gente alla quale viene tolto il meglio dello spettacolo.
Mattia decide di abbandonare il gioco e ritorna a Nizza con 82.000 lire.

Ascoltalo QUI