IL FU MATTIA PASCAL
Capitolo VII CAMBIO TRENO
Mattia è in treno, diretto verso casa, incerto sul da farsi. Quali prospettive davanti a lui? Riscattare il mulino e fare il mugnaio?
Immagina la scena del ricongiungimento con la moglie e la suocera: entrambe manifestano inizialmente indifferenza, ma dopo un po’ la suocera ricomincia a sputar bile e a rinfacciare al genero il posto di bibliotecario perso. Mattia vede se stesso mentre estrae la fortuna guadagnata al casinò, conta le banconote davanti agli occhi esterrefatti delle due donne e poi se ne va. Mattia pensa anche a tutti i debiti che dovrà saldare una volta arrivato a casa.
Il treno si ferma, Mattia scende e compera un giornale: rimane allibito quando legge la notizia della… sua morte! A Miragno il giorno prima è stato ripescato il corpo putrefatto di un uomo che è stato riconosciuto come quello di Mattia Pascal.
Mattia non crede ai suoi occhi : come è possibile che moglie e suocera abbiano riconosciuto rispettivamente marito e genero nel corpo di un estraneo?
Ma improvvisamente Mattia ha un’illuminazione “Ero morto, morto, non avevo più debiti, né moglie, né suocera: nessuno! Libero! Libero! Libero!".
Mattia rinuncia a risalire sul treno, si procura un altro giornale per rileggere con calma e tranquillità l’articolo.
Si sente “paurosamente sciolto dalla vita, superstite di se stesso, sperduto, in attesa di vivere oltre la (fittizia) morte, senza intravvedere ancora in quale modo”.
Nell'articolo si parla della “tremenda costernazione e dell’inenarrabile angoscia” che tormenta moglie e suocera”, della “vedova sconsolata che piange il diletto marito”, della “stima dei concittadini”.
Mattia prende la sua decisione e si sente sollevato.
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Capitolo VIII ADRIANO MEIS
Mattia costruisce gradualmente la propria identità, “non solo
esteriormente, ma anche nell'intimo. Mattia ormai è “ solo, sciolto da
ogni legame, nuovo e assolutamente padrone di sé, senza più il
fardello del suo passato, con un paio d’ali”, artefice del suo nuovo
destino. Mattia si propone di sfuggire agli aspetti sgradevoli della sua
nuova vita, di ricercare “belle vedute, ameni luoghi tranquilli”, di
trasformarsi in modo da poter dire “ non solo di aver vissuto due vite
ma di essere stato due uomini”.
Mattia modifica il suo aspetto fisico, accorciandosi la barba, e sceglie un nuovo nome dopo aver ascoltato casualmente una conversazione in treno: Adriano Meis.
All'inizio Mattia si sente pervaso da una fresca letizia infantile e assapora la gioia della novella libertà. ”Oh levità deliziosa dell’anima, serena, ineffabile ebbrezza!!!”. L’idea della libertà sconfinata e unica gli procura un’improvvisa felicità, un beato stupore. L’aria è di una meravigliosa trasparenza e Mattia si sente così inebriato dalla nuova libertà che teme quasi d’impazzire.
Mattia si libera perfino della fede matrimoniale.
Mattia deve anche costruirsi nei minimi particolari un passato. Egli immagina di essere figlio unico, di essere nato in America, in Argentina, di essere ritornato in Italia in tenerissima età, di aver avuto i genitori morti quando lui era piccolo, di avere avuto perfino un nonno che lo ha cresciuto. Per creare l’immagine del nonno Mattia osserva a lungo i vari vecchietti incontrati nel suo peregrinare di città in città, coglie di ognuno un aspetto particolare “Oh, di quanti nonnini veri si compose il nonnino mio!”
Per ricostruire l’infanzia fittizia, Mattia osserva decine di ragazzini dai 5 ai 10 anni, studia le loro mosse, i loro giochi, le loro espressioni.
Mattia vive la sua nuova vita senza avere quasi relazioni con gli altri ma, dopo un po’di tempo, comincia a sentire il peso della sua nuova condizione: è senza documenti, non può lavorare e dunque deve razionare i suoi risparmi, non ha compagnia.
Un giorno in particolare si rende conto di quanto tiranna sia la sua libertà: vorrebbe comperare un cagnolino, ma si rende conto che non può. Dovrebbe pagare una tassa, ma è impossibilitato a farlo perché ufficialmente non esiste.
Mattia modifica il suo aspetto fisico, accorciandosi la barba, e sceglie un nuovo nome dopo aver ascoltato casualmente una conversazione in treno: Adriano Meis.
All'inizio Mattia si sente pervaso da una fresca letizia infantile e assapora la gioia della novella libertà. ”Oh levità deliziosa dell’anima, serena, ineffabile ebbrezza!!!”. L’idea della libertà sconfinata e unica gli procura un’improvvisa felicità, un beato stupore. L’aria è di una meravigliosa trasparenza e Mattia si sente così inebriato dalla nuova libertà che teme quasi d’impazzire.
Mattia si libera perfino della fede matrimoniale.
Mattia deve anche costruirsi nei minimi particolari un passato. Egli immagina di essere figlio unico, di essere nato in America, in Argentina, di essere ritornato in Italia in tenerissima età, di aver avuto i genitori morti quando lui era piccolo, di avere avuto perfino un nonno che lo ha cresciuto. Per creare l’immagine del nonno Mattia osserva a lungo i vari vecchietti incontrati nel suo peregrinare di città in città, coglie di ognuno un aspetto particolare “Oh, di quanti nonnini veri si compose il nonnino mio!”
Per ricostruire l’infanzia fittizia, Mattia osserva decine di ragazzini dai 5 ai 10 anni, studia le loro mosse, i loro giochi, le loro espressioni.
Mattia vive la sua nuova vita senza avere quasi relazioni con gli altri ma, dopo un po’di tempo, comincia a sentire il peso della sua nuova condizione: è senza documenti, non può lavorare e dunque deve razionare i suoi risparmi, non ha compagnia.
Un giorno in particolare si rende conto di quanto tiranna sia la sua libertà: vorrebbe comperare un cagnolino, ma si rende conto che non può. Dovrebbe pagare una tassa, ma è impossibilitato a farlo perché ufficialmente non esiste.
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