giovedì 4 aprile 2019

Racconto - Un giorno qualunque del 2039

Il sole è di nuovo sorto nel mio piccolo paese situato sopra le montagne della Liguria.
Mi alzo e mi dirigo verso la cucina per consumare il primo pasto della giornata. 
Mentre bevo il caffè che mi darà la forza di mantenere la concentrazione al lavoro, ripenso a quando vivevo a Genova.
Purtroppo il riscaldamento globale ha causato l’innalzamento del livello del mare, e ora la valle ai piedi di queste montagne è diventata un’enorme distesa d’acqua.
Scaccio dalla mente i ricordi e i brutti pensieri e vado a vestirmi.
È aprile, ma ci sono già 42° all’esterno, quindi indosso una gonna, una maglietta rosa, prendo la borsa ed esco di casa.
Ho da poco acquistato la mia nuova moto elettrica fluttuante, quindi spostarmi da casa al mio posto di lavoro diventa molto più semplice. Prima, dato che ogni giorno devo recarmi sul monte vicino e la valle è sommersa dall’acqua, ero costretta a prendere il traghetto.
Passo circa sei ore della mia vita, ogni giorno, in un bar in una piccola cittadina di circa 100.000 abitanti.
Ormai consumare un pasto completo è diventato obsoleto, la maggior parte della gente consuma solamente una pillola proteica che le dà l’energia sufficiente per tutta la giornata.
Dopo circa un’ora di lavoro, mi appoggio al bancone in legno di ciliegio e leggo su internet alcune notizie del giorno. Solite cose… “Temperature di 20° sopra le medie stagionali” “Desertificazione delle regioni continentali del pianeta” “Estinzione di oltre 2000 specie animali”
Mi sembra ieri che con mamma e papà andavo in gita allo zoo e vedevo le giraffe… ora delle giraffe non c’è neanche più l’ombra.
Vengo interrotta da una scontrosa cliente che vuole una pillola al gusto di pasta al sugo.
Mi viene da piangere a pensare a quando la nonna mi cucinava l’arrosto e le polpette, ma soprattutto mi rattrista il pensiero che le nuove generazioni non consumeranno mai un pasto completo ma solo pillole, pillole, pillole!
Guardo l’orologio, sono le tredici, appena arriva il mio collega esco e mi dirigo verso casa della mia migliore amica.
Fa talmente caldo che anche girare con la moto fluttuante diventa un’impresa. Il traffico aereo è sempre intenso nell’ora di punta. Tutti sempre di corsa, auto che sfrecciano ovunque, è molto pericoloso.
Impiego ben venti minuti per arrivare a casa di Manu.
Io e lei siamo amiche da ben trentatré anni. Abbiamo sempre vissuto come vicine di casa, e abbiamo condiviso tutti i momenti, belli e brutti, delle nostre vite.
Eravamo insieme quando sono diventata maggiorenne, quando mi sono laureata, ma anche quando siamo dovute fuggire perché il mare stava ricoprendo il nostro quartiere, come se fosse una piscina che si riempie a vista d’occhio.
E ora, siamo sedute sul suo terrazzo e scrutiamo lo sconfinato orizzonte.
“Una volta, da qua, si intravedeva la Corsica… Ti ricordi quando siamo state in Corsica?” mi chiede.
“Come dimenticare, avevamo quattordici anni ed eravamo entusiaste all’idea di prendere il traghetto”rispondo.
Ogni istante della mia vita lo passo a ricordare i momenti felici della mia adolescenza, per dimenticarmi del degrado che ho attorno.
Ora tutto è cambiato, il mondo è cambiato.
Al posto dei telefoni cellulari abbiamo dei dispositivi di alta ingegneria informatica che utilizzo per guardare le vecchie foto.
Sono le sei, torno a casa, saluto Manu e mi dirigo verso la villa dall’altra parte della strada, dove mi aspetta mio marito con il mio cane Vicky.
Vicky ha venticinque anni. I progressi scientifici hanno permesso l’allungamento della vita di almeno 50 anni per ogni essere vivente, soprattutto per prevenire l’estinzione di numerose specie.
In casa, Marco mi aspetta a braccia aperte. Consumiamo entrambi una pillola al gusto di pollo e ci sdraiamo in giardino a guardare le stelle.
Oggi sembrano più vicine e più belle di quanto lo siano mai state. Stringo nella mia mano quella di Marco, l’uomo che amo di più in questo mondo, nel quale siamo rimasti davvero in pochi.
Quella sulla terra, per tanti, non è più vita, ma sopravvivenza, sopravvivenza in un pianeta sciupato, senza più risorse, vuoto come il cuore delle persone che l’hanno distrutto.
Mi reco a letto, mi copro con un lenzuolo e cerco di addormentarmi.
“Forse domani sarà migliore” dico sottovoce, chiudo gli occhi e cado in un sonno profondo.


Sara Delponte, II A LES


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