venerdì 30 novembre 2018

Violenza di genere e femminicidio


La parola femminicidio esiste nella lingua italiana dal 2001. Fino a quell'anno, l'unica parola esistente col significato di uccisione di una donna era uxoricidio. Uxor in latino significa moglie, dunque si riferiva solo all'uccisione di una donna sposata, e veniva estesa anche agli uomini, quindi al coniuge in generale. Non avevamo una parola che indicasse l’uccisione di una donna in quanto donna. 
Nella lingua inglese, invece, dal 1801 esisteva la parola femicide per poi evolversi in feminicide nel 1992, che fu coniata dalla criminologa Diana Russell, citandola in un suo saggio. 
Successivamente, nel 1993, l'antropologa messicana Marcela Lagarde usò la parola femminicidio, per l'appunto, e la parola cominciò a diffondersi. L'antropologa aveva usato questa parola per studiare, per ricordare i numerosissimi omicidi di donne che erano stati compiuti ai confini tra il Messico e gli Stati Uniti. E appunto, la parola femminicidio serviva proprio ad indicare questo tipo particolare di uccisione. La parola femminicidio si è poi tristemente diffusa nella lingua italiana a partire dal 2008.

Il femminicidio è spesso il tragico epilogo di comportamenti che minano la libertà, la dignità e l’integrità di una donna, “proprio perché tale”: violenza di genere. Ben 6 milioni e 788 donne italiane affermano di aver subito nel corso della propria vita almeno una violenza fisica o sessuale (dati ISTAT, giugno 2015), e innumerevoli ormai sono i casi quasi quotidiani di femminicidi, che possono essere di forme diverse.  Tra queste ricordiamo:

1) femminicidio domestico
Il termine violenza domestica indica quel tipo di violenza praticata dal partner della vittima, il quale, indipendentemente dal luogo in cui agisce la violenza e dalla forma che essa assume, mira ad assumere il potere all’interno della relazione, maltrattando, umiliando, minacciando e svalutando la donna fino ad arrivare, nei casi più drammatici all’omicidio

2) baby femminicidio
Un fenomeno ancora più sconcertante di violenza agita dal partner è il cosiddetto “baby femminicidio”. Alcune ricerche mostrano, infatti, come l’aumento delle ragazze uccise dipenda non più dalla mano di familiari, ma di fidanzati che già da giovanissimi arrivano ad uccidere la propria partner.

Troppo spesso le donne affrontano una battaglia silenziosa. 
Molte donne, infatti, non denunciano le violenze subite da parte dei propri partner, per paura che ne possano subire altre ancora più gravi, o perché hanno paura di essere uccise. Bisogna tirare fuori il coraggio e per quanto possa essere difficile, doloroso, pauroso, combattere contro queste persone e, ai primi segni di violenza, andare a denunciare, oppure a chiedere aiuto a delle associazioni , come per esempio quella dello “stopfemminicidio”, la quale è preposta all’ascolto e offre un aiuto psicologico e pratico alle persone vittime di questo fenomeno orribile .

Anche i social network, sono stati e continuano ad essere un aiuto per molte donne vittime della violenza di genere, facendo conoscere a tutto il mondo la propria storia con l’hashtag  #metoo , che in italiano significa anche io … Le vittime, in questo modo non sono sole, ma sono sostenute da altre centinaia di migliaia di donne che hanno subito anche loro violenze dal proprio partner, sentendosi in questo modo forse più comprese e accettate.

Come sempre il giornalino vi ringrazia! a presto!
 Matteo Saba e Tea Morando, II A LES








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