domenica 18 novembre 2018

"AMLETO TAKE AWAY": guardare oltre è un dono di pochi


Il 6 novembre ci siamo recati al Teatro Della Tosse per assistere allo spettacolo teatrale di  Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari, intitolato “Amleto take away” dove, oltre a rappresentare la famosissima tragedia shakespeariana, l’attore ha introdotto un racconto su un periodo particolare della sua vita.
Gianfranco Berardi è un attore cieco dall’età di 18 anni a causa dii una malattia degenerativa diagnosticatagli da un ospedale altamente specialistico, dopo una visita a seguito della quale avrebbe dovuto pagare ben venti milioni delle vecchie lire, qualora la diagnosi fosse stata differente dalla temutissima perdita di vista progressiva.
Di quella triste circostanza Gianfranco ha raccontato i particolari commoventi, soffermandosi sulla tenerezza del padre e sulle lacrime di un uomo sconfitto da una notizia contro la quale niente e nessuno poteva più fare nulla, nemmeno la sua – fino ad allora – grande forza di “capo famiglia” .
Niente e nessuno tranne Gianfranco, che da quel giorno decise di reinventarsi la vita, traendo da uno svantaggio l’unico vantaggio possibile : vedere oltre. Smise di apparire di fronte a tutti e iniziò a concentrarsi su ciò che era realmente dentro se stesso. Per questo iniziò ad interessarsi al teatro e scelse di seguire una compagnia che poco dopo si sciolse per proseguire con quella dove attualmente recita, portando la sua esperienza sotto forma di rappresentazioni teatrali e cercando di far riflettere chi prova ad ascoltarlo.
Gianfranco sottolinea come oggi prevalga l’apparire in tutto ciò che ci circonda, come la gente sia manipolata dai social e dalle regole di alterazione del proprio essere che il network impone.
Tutto quanto ruota intorno all’immagine e quanto più essa è modificata, tanto più si è soddisfatti di quello che mostriamo, pur non essendo realmente noi.
L’ironia con cui Gianfranco affronta questa tematica e ci invita a riflettere è racchiusa nel suo “to be or not to fb”, che va a modificare l’essere o non essere shakespeariano ed esaspera il protagonismo dei social nella nostra vita quotidiana. Amleto è per Gianfranco l’esempio più significativo di come la vita possa diventare un continuo dubbio su ciò che sia giusto o sbagliato, su ciò che sia reale o semplicemente appaia.
Cercato dal padre, che si manifesta come spettro, affinché lo vendicasse dallo zio usurpatore del regno e della moglie Gertrude, il giovane principe Amleto sarà combattuto fino al termine della tragedia tra il sentimento di vendetta, il desiderio di suicidio ed una follia che a tratti fingerà per apparire diversamente agli occhi di chi teme gli stia mentendo. La vendetta del padre si consumerà solo alla fine, ma sarà il risultato di tante altre morti e tanto altro dolore a significare che – come Amleto stesso reciterà nel monologo – la morte non naturale non porta ad un dolce sonno, ma solo a tormenti.
E forse Gianfranco proprio questo ha voluto trasmetterci raccontandoci la sua triste storia. Se si fosse fermato a ciò che la vita gli stava togliendo, non avrebbe mai scoperto l’arte che aveva dentro, non avrebbe mai parlato ai giovani come noi, invitandoci a riflettere quanto sbagli la nuova generazione alterando la propria immagine ed il proprio essere in funzione dei social e quanto sbagli anche la vecchia generazione quando rifiuta il cambiamento ed interviene sui segni che il tempo evidenzia.
Ho apprezzato moltissimo i due attori a teatro, ognuno dei due per motivi diversi. A Gianfranco riconosco il merito di aver saputo cogliere da un episodio così negativo un vantaggio per sé e per la propria vita, che gli porta guadagno e che lo fa star bene con se stesso; di Gabriella apprezzo il suo saper rimanere a fianco a chi non può guardare ciò che fai, ma questo vuol dire che anche lei ha trovato un modo per star bene con se stessa, perché ha scelto per sé e non per gli altri. E sui social concordo con Gianfranco, ma guardare oltre è un “dono” di pochi… e nessuno vuole smettere di “vedere”. 
Andrea Ciani, IV D tur

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