La metodologia didattica chiamata Debate consiste in un confronto nel quale due squadre, composte da tre studenti ciascuna, sono chiamate a confrontarsi su una proposta. La posizione a favore o contro di essa viene associata alle squadre in modo assolutamente casuale. Gli studenti quindi non sosterranno ciò in cui credono, ma ciò che il caso chiederà loro di sostenere. E il caso deciderà 10 minuti prima dello scontro. L’argomento, o topic, viene reso noto tre settimane prima del Debate. In questo lasso di tempo gli studenti devono preparare entrambe le posizioni, secondo uno schema logico in cui hanno fondamentale ruolo gli esempi ottenuti attraverso una ricerca documentale attenta e precisa che preveda un’accurata selezione delle fonti. Questo bagaglio di informazioni fornirà anche gli argomenti con cui confuteranno le tesi degli avversari. Una metodologia didattica complessa, fortemente regolata, che a me, col mio passato da ricercatrice, ha affascinato dal primo incontro.
Proporre questo percorso nel nostro istituto tecnico, in cui gli studenti non seguono lezioni di filosofia e la mia materia (Scienze Integrate) finisce con il biennio, sembrava quasi una follia, salire su un treno con destinazione “binario morto”. Invece mi sbagliavo.
All’inizio dello scorso anno ho proposto a due studentesse che iniziavano la seconda di frequentare con me il corso di formazione. L’entusiasmo con cui parteciparono fu ossigenante per me. Per due giorni e mezzo pieni, dalla mattina al tardo pomeriggio, mi sono seduta tra i banchi insieme agli studenti (e ad altri colleghi), a condividere idee e opinioni. Questa è una delle grandi qualità del Debate: scompare la relazione tradizionale del docente in cattedra che tutto sa (o finge di sapere) e degli studenti che ascoltano. Nel Debate, da “prof” sono diventata coach, l’attività è tutta dei ragazzi, che ricercano, argomentano, formulano teorie e controbattono.
E così siamo arrivate al torneo nazionale di Imperia.
Suona il campanello, il Debate ha inizio. Laila si tormenta le maniche, cerca di non toccarsi troppo i capelli, uno sguardo fugace al foglio, la voce ferma non tradisce la grande emozione … la stessa che provo io, seduta dietro al giudice, con il cuore che batte all’impazzata come prima degli esami… Chiara, la più appassionata, parla con sicurezza, il linguaggio del corpo la mostra padrona di ogni parola, accetta col sorriso il point of information e ribatte precisa senza timore. Fatima, al suo primo Debate, parla serena forte della naturale espressività del suo eloquio. In me l’emozione non si arrende, il cuore batte ancora tachicardico, Arianna, la quarta componente della squadra, fondamentale per il percorso di ricerca documentale e per la definizione della strategia, si sente come me, lo leggo nei suoi occhi. Fugacemente mi domando se non sto chiedendo troppo a studentesse così giovani, le più giovani del torneo, mi chiedo se abbia davvero senso sottoporle ad uno stress così grande… mi risponderanno alla fine con i loro sorrisi e con il loro tenero “grazie”.
Al rientro da Imperia, ho il cuore pieno di orgoglio per le mie ragazze. “Vi prometto che continueremo e che migliorerò, ho ben chiari gli errori che ho commesso come coach, alla prossima saremo più forti”.
Prof.ssa Silvia Borghini
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