Settant’anni fa, il
10 marzo 1946, le donne, che avevano compiuto 21 anni, poterono per la prima
volta recarsi alle urne elettorali per votare; quell’anno tornarono al voto
anche gli uomini che non votavano dal ‘24. Fu in occasione delle elezioni
amministrative di più di 400 comuni.
Sui giornali di
quegli anni ci furono diverse opinioni. Alcuni giornalisti parlarono delle
elezioni senza fare alcun riferimento al primo voto delle donne, in altri
articoli comparvero raccomandazioni, per esempio alle signore veniva
consigliato di stare attente a non lasciare segni di rossetto quando
inumidivano la scheda con le labbra, altrimenti sarebbe stata annullata. In un
articolo si diceva che le mogli avrebbero votato agli ordini dei mariti ma
queste rispondevano che avrebbero votato per i preti; ma altri invece scrissero
che per la prima volta entrava un po’ di buon senso nella politica e nell’amministrazione.
Non ci sono molte
testimonianze che ricordino cosa sia stato per le donne il loro primo voto, se
non le parole “Stringiamo le schede come biglietti d’amore” scritte da Anna
Garofalo una giornalista del 1946, che nel suo articolo racconta le emozioni
delle signore in fila in attesa di entrare per mettere quel segno, quella
crocetta accanto al nome “Abbiamo tutte
nel petto un vuoto da giorni d’esame, ripassiamo mentalmente la lezione: quel
simbolo, quel segno, una crocetta accanto a quel nome”.
Il decreto
legislativo che conferiva il diritto di voto alle donne venne emanato il 31
gennaio 1945, le uniche donne a essere escluse erano le prostitute schedate che
lavoravamo al di fuori della loro casa. Qualche mese dopo anche Papa Pio XII si
dimostrò favorevole e diede la sua benedizione sull’espansione di voto. Circa
un anno dopo alle donne di almeno 25 anni fu concessa l’eleggibilità, che già
dalla prima votazione diede i suoi frutti con l’elezione di donne sia nelle
amministrazioni locali, sia per l’Assemblea Costituente. L’Italia raggiunge
questo traguardo dopo molti altri paesi, come l’Inghilterra dove si sviluppò il
termine “suffragette”, inventato da un giornalista di Londra. Le donne lo accettarono con orgoglio, anche
se dato con disprezzo, perché per loro riconosceva un movimento femminile con
uno scopo preciso, fu per questo che lo iniziarono a pronunciare accentuando il
GET centrale che per loro indicava il verbo “to get” (ottenere). In Italia
questo movimento fu meno violento rispetto all’Inghilterra e forse fu anche per
questo che le donne arrivarono al voto solo anni dopo.
Le donne hanno
lottato molto per questo diritto e sembra assurdo che in molti Stati non lo
abbiano ancora acquisito e siano considerate inferiori agli uomini. In Italia,
dopo aver conquistato il diritto al voto, le donne si sono attivamente
impegnate nella vita politica del paese, arrivando a ricoprire cariche
istituzionali di rilievo (Presidente della Camera, ministero della difesa).
Elisa Bombino III D tur
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