domenica 3 aprile 2016

Un romanzo a puntate - IL NOME DELLA ROSA - Quarta puntata (TERZO GIORNO)


QUI la terza puntata

TERZO GIORNO

Da laudi a prima
Tutti gli abitanti dell’abbazia cercano Berengario invano: vengono anche mandati dei servi a cercarlo ai piedi della scarpata, ma non è nemmeno lì. Viene trovato solo un panno bianco sporco di sangue sotto il pagliericcio nella cella di Berengario, che non presagisce nulla di buono. Intanto Guglielmo va a parlare con il maestro vetraio e Adso si addormenta in chiesa.
Terza
Svegliatosi, Adso va nello scriptorium e nota quanta calma e serenità ci sia nei volti dei monaci, nonostante gli avvenimenti di quei giorni. Riflette sul ruolo dei monaci scrivani, che in quei tempi vogliono soprattutto conoscere. Infine si reca in cucina per pranzare.
Sesta
In cucina parla con Salvatore, che gli racconta la sua vita. Partito dal suo villaggio natio nel Monferrato, errò per varie terre, la Liguria, la Provenza e le terre del re di Francia. Prima era stato uno dei tanti vagabondi disonesti che si aggiravano in tutta Europa, ma poi si era aggregato a un convento di minoriti in Toscana e aveva indossato il saio di San Francesco senza prendere gli ordini; infine arrivò a Casale nel convento dei minoriti, dove conobbe il cellario che lo prese come suo aiutante e lo portò con sé all’abbazia. Alla domanda di Adso se abbia mai conosciuto fra Dolcino, Salvatore cambia atteggiamento nei confronti del novizio e se ne va con un pretesto. Così Adso decide di andare a cercare Ubertino per saperne di più su quell’uomo che incute tanto terrore, ma non lo trova se non la sera.
Nona
Adso va da Guglielmo, che intanto sta istruendo Nicola su come fare gli occhiali, e gli racconta quello che gli ha detto Salvatore. Poi chiede al suo maestro spiegazioni sulle differenze tra i vari gruppi ereticali, che erano per lo più composti dai semplici e dagli emarginati. Poi Guglielmo viene chiamato dall’Abate e, mentre si incamminano verso il giardino, dice ad Adso di aver decifrato l’alfabeto di Venanzio e che la frase ricopiata da lui significa “La mano sopra l’idolo opera sul primo e sul settimo dei quattro”: ma finora non ha nessun senso.
Vespri
L’Abate comunica a Guglielmo di aver ricevuto una lettera dall’abate di Conques in cui lo informa che Bernardo Guidoni, membro della legazione, sarebbe anche stato al comando dei soldati francesi inviati all’abbazia per difendere i legati del papa da possibili tranelli. Inoltre si dichiara assai dispiaciuto se, non avendo ancora Guglielmo trovato l’assassino, dovesse esser costretto a concedere a Bernardo di porre l’abbazia sotto sua sorveglianza. In quel mentre arriva Nicola, assai umiliato, che dice di aver rotto le lenti e che avrebbe continuato l’indomani perché il sole era ormai calato. Berengario non è ancora stato trovato. Mentre passeggiano nel chiostro a Guglielmo viene in mente un modo per orientarsi nella biblioteca, cioè con la bussola, ma poi abbandona quell’idea perché è incerto sul reale funzionamento della macchina. Allora pensa a descrivere la biblioteca dall’esterno e conta due finestre sui lati e cinque su ogni torrione. Siccome ogni stanza (a parte qualcuna) ha una finestra, per quanto riguarda le stanze che danno sull’esterno, ce ne sono cinque in ogni torrione, più quella centrale eptagonale, e ogni muro esterno ha due stanze; riguardo a quelle che guardano sul pozzo interno, di forma ottagonale, ce ne sono due per ogni lato dell’ottagono e altre otto, senza finestra, che collegano ogni sala eptagonale con le stanze interne. Poi Guglielmo scopre che ogni stanza è contrassegnata da una lettera dell’alfabeto (l’iniziale di ogni versetto scritto sulle porte) e tutte insieme, a partire dalle scritte in rosso, compongono qualche testo misterioso. Infine, per ordine di Guglielmo, Adso va a chiedere a Salvatore da mangiare perché è già passata l’ora di cena, e questo gli cucina il casio in pastelletto. Adso, poi, finge di andare a dormire, mentre va in chiesa a cercare Ubertino.
Dopo compieta
Finalmente Adso viene a conoscenza della storia di fra Dolcino, il quale aveva imitato un certo Gherardo Segalelli, che radunò un buon numero di seguaci e li invitava ad essere simili agli apostoli. Gherardo finì poi sul rogo come eretico impenitente. Dolcino cominciò a predicare a Trento e quando vi fu cacciato andò con mille seguaci su un monte nel novarese, dove si unirono a lui molte altre persone; iniziarono a saccheggiare i villaggi vicini, ma molti morirono di fame. Poi fu bandita una crociata contro gli eretici e Dolcino si rifugiò su un altro monte, ma alla fine furono bruciati tutti quanti. Poi Ubertino gli dice qualcosa sulle tentazioni del cellario e gli insegna ad amare solo la Madonna.
Terminato il colloquio, Adso si reca da solo nella biblioteca attraverso l’ossario. Su un tavolo nello scriptorium trova un libro su fra Dolcino e apprende quanto fu indolente mentre veniva torturato e poi bruciato. Questo gli ricorda un rogo a cui aveva assistito a Firenze qualche mese prima. L’imputato era Michele, un fraticello eretico che era visto dai semplici come un santo. Quindi si dirige verso la biblioteca, dove guarda le miniature di alcuni libri (un leone, un uomo che lo spaventa ancora più dell’animale e due donne) rimanendone turbato. Così corre giù verso il refettorio e va in cucina per bere un bicchiere d’acqua, ma qui trova due ombre sul pavimento, una delle quali fugge via. Adso si avvicina alla persona rimasta e si accorge che è una fanciulla, tremante e recante in mano un involto. Le dice di essere un amico, lei risponde in un volgare che lui non capisce, ma gli suona come un elogio alla sua giovinezza e bellezza. Così i due si denudano, lui così frastornato, lei così dolce e sensuale. Quindi si addormenta e, quando si risveglia, la fanciulla non c’è più e ne prova una gran tristezza. Vede l’involto che aveva la ragazza e vi trova dentro un cuore di grandi dimensioni: così sviene.
Notte

Quando si riprende, trova davanti a sé Guglielmo, il quale lo aveva cercato nella sua cella e, non trovandolo, aveva immaginato che fosse andato in biblioteca. Avvicinandosi all’Edificio, aveva visto un’ombra fuggire verso il muro di cinta e dopo aver cercato di seguirla inutilmente, era entrato in cucina e vi aveva trovato Adso svenuto. Così il ragazzo confessa al suo maestro il suo peccato e quello lo assolve, giustificando il suo gesto come qualcosa da non auspicare prima che avvenga ma neppure da vituperare troppo una volta avvenuto. Quindi Guglielmo si concentra sul fatto e cioè su chi sia la ragazza e con chi fosse. Suppone che l’uomo dovesse essere un monaco brutto e vecchio che in cambio di giacere con lei le desse da mangiare, che dovesse avere la possibilità di andare al villaggio e lo identifica nella figura del cellario o in quella di Salvatore. Infine si ripropone di interrogare i due e suggerisce ad Adso di pregare in chiesa. Qui vi trovano Alinardo che ricorda loro le sette trombe dell’Apocalisse, e che la terza accenna ai fiumi e alle fonti. Così, quasi per caso, ad Adso vengono in mente i balnea e lì vi trovano il corpo senza vita di Berengario, con il volto che presenta i segni dell’annegamento.

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