QUI la terza puntata
TERZO GIORNO
Da laudi a prima
Tutti gli abitanti dell’abbazia cercano Berengario
invano: vengono anche mandati dei servi a cercarlo ai piedi della scarpata, ma
non è nemmeno lì. Viene trovato solo un panno bianco sporco di sangue sotto il
pagliericcio nella cella di Berengario, che non presagisce nulla di buono. Intanto
Guglielmo va a parlare con il maestro vetraio e Adso si addormenta
in chiesa.
Terza
Svegliatosi, Adso va nello scriptorium e nota quanta
calma e serenità ci sia nei volti dei monaci, nonostante gli avvenimenti di
quei giorni. Riflette sul ruolo dei monaci scrivani, che in quei tempi vogliono
soprattutto conoscere. Infine si reca in cucina per pranzare.
Sesta
In cucina parla con Salvatore, che gli racconta la sua
vita. Partito dal suo villaggio natio nel Monferrato, errò per varie terre, la
Liguria, la Provenza e le terre del re di Francia. Prima era stato uno dei
tanti vagabondi disonesti che si aggiravano in tutta Europa, ma poi si era
aggregato a un convento di minoriti in Toscana e aveva indossato il saio di San
Francesco senza prendere gli ordini; infine arrivò a Casale nel convento dei
minoriti, dove conobbe il cellario che lo prese come suo aiutante e lo portò
con sé all’abbazia. Alla domanda di Adso se abbia mai conosciuto fra Dolcino,
Salvatore cambia atteggiamento nei confronti del novizio e se ne va con un
pretesto. Così Adso decide di andare a cercare Ubertino per saperne di più su
quell’uomo che incute tanto terrore, ma non lo trova se non la sera.
Nona
Adso va da Guglielmo, che intanto sta istruendo Nicola
su come fare gli occhiali, e gli racconta quello che gli ha detto Salvatore.
Poi chiede al suo maestro spiegazioni sulle differenze tra i vari gruppi
ereticali, che erano per lo più composti dai semplici e dagli emarginati. Poi
Guglielmo viene chiamato dall’Abate e, mentre si incamminano verso il giardino,
dice ad Adso di aver decifrato l’alfabeto di Venanzio e che la frase ricopiata
da lui significa “La mano sopra l’idolo opera sul primo e sul settimo dei
quattro”: ma finora non ha nessun senso.
Vespri
L’Abate comunica a Guglielmo di aver ricevuto una
lettera dall’abate di Conques in cui lo informa che Bernardo Guidoni, membro
della legazione, sarebbe anche stato al comando dei soldati francesi inviati
all’abbazia per difendere i legati del papa da possibili tranelli. Inoltre si
dichiara assai dispiaciuto se, non avendo ancora Guglielmo trovato l’assassino,
dovesse esser costretto a concedere a Bernardo di porre l’abbazia sotto sua
sorveglianza. In quel mentre arriva Nicola, assai umiliato, che dice di aver
rotto le lenti e che avrebbe continuato l’indomani perché il sole era ormai
calato. Berengario non è ancora stato trovato. Mentre passeggiano nel chiostro
a Guglielmo viene in mente un modo per orientarsi nella biblioteca, cioè con la
bussola, ma poi abbandona quell’idea perché è incerto sul reale funzionamento
della macchina. Allora pensa a descrivere la biblioteca dall’esterno e conta
due finestre sui lati e cinque su ogni torrione. Siccome ogni stanza (a parte
qualcuna) ha una finestra, per quanto riguarda le stanze che danno sull’esterno,
ce ne sono cinque in ogni torrione, più quella centrale eptagonale, e ogni muro
esterno ha due stanze; riguardo a quelle che guardano sul pozzo interno, di
forma ottagonale, ce ne sono due per ogni lato dell’ottagono e altre otto,
senza finestra, che collegano ogni sala eptagonale con le stanze interne. Poi
Guglielmo scopre che ogni stanza è contrassegnata da una lettera dell’alfabeto
(l’iniziale di ogni versetto scritto sulle porte) e tutte insieme, a partire
dalle scritte in rosso, compongono qualche testo misterioso. Infine, per ordine
di Guglielmo, Adso va a chiedere a Salvatore da mangiare perché è già passata
l’ora di cena, e questo gli cucina il casio in pastelletto. Adso, poi, finge di
andare a dormire, mentre va in chiesa a cercare Ubertino.
Dopo compieta
Finalmente Adso viene a conoscenza della storia di fra
Dolcino, il quale aveva imitato un certo Gherardo Segalelli, che radunò un buon
numero di seguaci e li invitava ad essere simili agli apostoli. Gherardo finì
poi sul rogo come eretico impenitente. Dolcino cominciò a predicare a Trento e
quando vi fu cacciato andò con mille seguaci su un monte nel novarese, dove si
unirono a lui molte altre persone; iniziarono a saccheggiare i villaggi vicini,
ma molti morirono di fame. Poi fu bandita una crociata contro gli eretici e
Dolcino si rifugiò su un altro monte, ma alla fine furono bruciati tutti
quanti. Poi Ubertino gli dice qualcosa sulle tentazioni del cellario e gli
insegna ad amare solo la Madonna.
Terminato il colloquio, Adso si reca da solo nella
biblioteca attraverso l’ossario. Su un tavolo nello scriptorium trova un libro
su fra Dolcino e apprende quanto fu indolente mentre veniva torturato e poi
bruciato. Questo gli ricorda un rogo a cui aveva assistito a Firenze qualche
mese prima. L’imputato era Michele, un fraticello eretico che era visto dai
semplici come un santo. Quindi si dirige verso la biblioteca, dove guarda le
miniature di alcuni libri (un leone, un uomo che lo spaventa ancora più
dell’animale e due donne) rimanendone turbato. Così corre giù verso il
refettorio e va in cucina per bere un bicchiere d’acqua, ma qui trova due ombre
sul pavimento, una delle quali fugge via. Adso si avvicina alla persona rimasta
e si accorge che è una fanciulla, tremante e recante in mano un involto. Le
dice di essere un amico, lei risponde in un volgare che lui non capisce, ma gli
suona come un elogio alla sua giovinezza e bellezza. Così i due si denudano,
lui così frastornato, lei così dolce e sensuale. Quindi si addormenta e, quando
si risveglia, la fanciulla non c’è più e ne prova una gran tristezza. Vede
l’involto che aveva la ragazza e vi trova dentro un cuore di grandi dimensioni:
così sviene.
Notte
Quando si riprende, trova davanti a sé Guglielmo, il
quale lo aveva cercato nella sua cella e, non trovandolo, aveva immaginato che
fosse andato in biblioteca. Avvicinandosi all’Edificio, aveva visto un’ombra
fuggire verso il muro di cinta e dopo aver cercato di seguirla inutilmente, era
entrato in cucina e vi aveva trovato Adso svenuto. Così il ragazzo confessa al
suo maestro il suo peccato e quello lo assolve, giustificando il suo gesto come
qualcosa da non auspicare prima che avvenga ma neppure da vituperare troppo una
volta avvenuto. Quindi Guglielmo si concentra sul fatto e cioè su chi sia la
ragazza e con chi fosse. Suppone che l’uomo dovesse essere un monaco brutto e
vecchio che in cambio di giacere con lei le desse da mangiare, che dovesse
avere la possibilità di andare al villaggio e lo identifica nella figura del
cellario o in quella di Salvatore. Infine si ripropone di interrogare i due e
suggerisce ad Adso di pregare in chiesa. Qui vi trovano Alinardo che ricorda
loro le sette trombe dell’Apocalisse, e che la terza accenna ai fiumi e alle
fonti. Così, quasi per caso, ad Adso vengono in mente i balnea e lì vi trovano
il corpo senza vita di Berengario, con il volto che presenta i
segni dell’annegamento.
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi qui il tuo commento: sarà pubblicato dopo la moderazione.