sabato 19 marzo 2016

Un romanzo a puntate - IL NOME DELLA ROSA - Terza puntata (SECONDO GIORNO)


QUI la seconda puntata

SECONDO GIORNO

Mattutino
Tutti i monaci verso le due e mezza vanno in chiesa per l’ufficio del mattutino; dopodiché rimangono in piedi fino alle laudi. All’improvviso, mentre i monaci cantano le parole del Vangelo, alcuni servi entrano in chiesa gridando che era morto un uomo. Allora tutti quanti vanno fuori a vedere, e vedono un uomo a testa in giù nell’orcio che il giorno prima i porcai avevano riempito con il sangue di maiale: è Venanzio. Accertatosi che Berengario era presente in coro, ma che questo non voleva dire nulla perché Venanzio era sicuramente morto prima, dato che nessuno passa dagli stabbi se non i servi che si alzano all’alba, Guglielmo fa portare il cadavere nei balnea per vedere se ci siano delle contusioni sul corpo. Inoltre fa allontanare tutti dalla scena del delitto per trovare qualche traccia sulla neve e Adso trova delle impronte meno recenti che vanno dalla giara alla porta del refettorio e vicino ad esse una traccia continua, come se quello a cui appartengono le suddette orme avesse trasportato qualcosa. Ritorna Severino dai balnea informando Guglielmo che non ci sono contusioni sul cadavere, quindi il maestro di Adso chiede se ci siano dei veleni nel suo laboratorio e quello risponde che ogni medicina, se presa in dose eccessiva, può provocare la morte. Guglielmo gli chiede se è stato rubato qualcosa di recente e Severino risponde di no e che non si ricorda se è successo in passato. Infine Guglielmo gli chiede di parlargli delle piante che producono visioni, ma l’erborista cerca di spostare il discorso su Venanzio.
Prima
Appena finito l’ufficio di prima, Guglielmo interroga prima Bencio da Upsala, uno studioso di retorica, e dopo Berengario, l’aiuto bibliotecario. Da Bencio apprende che Venanzio e Adelmo, cioè i due monaci morti, avevano parlato con Berengario due giorni prima la morte di Adelmo; infine Bencio consiglia a Guglielmo di guardare nella biblioteca. Con Berengario Guglielmo insinua che è stato l’ultimo a vedere Adelmo vivo e, dopo averlo un po’ torturato a parole, il monaco confessa che la notte che era morto lui aveva visto il fantasma di Adelmo nel cimitero e gli aveva detto che le pene dell’inferno sono molte peggiori di quanto si creda. Poi Berengario chiede a Guglielmo di confessarlo, ma quello non vuole perché tutti devono sapere quello che è successo, non solo il confessore. Quando poi il monaco si allontana, Guglielmo dice le sue supposizioni ad Adso, confermando la sua precedente ipotesi del suicidio.
Terza
Prima di salire allo scriptorium vanno in cucina a fare colazione e qui assistono a uno scambio di battute poco educate tra il cuciniere e Salvatore, perché quest’ultimo dava gli avanzi della sera prima ai caprai. Poi viene Aymaro da Alessandria, che esprime il suo disprezzo per l’atteggiamento conservatorio che tiene l’Abate nella direzione dell’abbazia, mentre nelle città la gente commercia e si arricchisce, e vorrebbe che anche loro si tenessero al passo coi tempi fabbricando libri per le università. Poi i due salgono allo scriptorium. Qui vedono un libro che stava traducendo Venanzio, contenente favole pagane, e Berengario spiega loro che era stato commissionato dal signore di Milano ma che ne sarebbe stata fatta anche una copia per l’abbazia. Allora interviene Jorge ricordando che nell’abbazia si tengono opere buone e cattive e così riprende il dibattito sul riso tra il vecchio monaco e Guglielmo. Alla fine quest’ultimo si scusa ammettendo che forse ha torto. Subito dopo Bencio gli chiede di parlargli e gli dà appuntamento dietro ai balnea. Prima si avviano Adso e Guglielmo, poi arriva anche Bencio.
Sesta
Bencio racconta che Berengario è un omosessuale e che, per svelare un segreto ad Adelmo, in cambio avrebbero dovuto passare una notte insieme. Così fecero, ma poi, preso dai sensi di colpa, Adelmo si era confessato con Jorge e poi era andato in chiesa. Berengario lo aveva seguito ma non era entrato nella chiesa; a quel punto Bencio scopre che anche Venanzio spiava i due e lo vede entrare in coro. Poi Bencio era tornato ai dormitori per paura di essere scoperto. Dopo che Bencio se n’è andato, Adso chiede al suo maestro cosa pensa della sua confessione e questo gli riassume i fatti: dopo aver compiuto l’atto malvagio, Adelmo si confessa da Jorge, ma questo forse gli dà un’impossibile penitenza o comunque lo spaventa e così il giovane monaco va in chiesa a pregare; poi parla con Venanzio, forse gli confessa il segreto appreso da Berengario e, dopo aver spaventato Berengario con le parole udite da Jorge, va a suicidarsi. Venanzio, intanto, continua la ricerca per conto proprio finché non viene fermato da qualcuno che lo uccide. Questo qualcuno può essere chiunque. Infine Guglielmo si ripromette di entrare nella biblioteca quella sera stessa.
Nona
Guglielmo e Adso vanno in chiesa per una riunione con l’Abate, e questo loda le ricchezze della sua abbazia, ritenendo che per glorificare il Signore servano anche quelle. Poi l’Abate e Guglielmo parlano delle diatribe tra l’imperatore, i francescani, i benedettini e, dall’altra parte, il papa. Discutono se si possano mettere alla stessa stregua i minoriti del capitolo di Perugia e qualche banda di eretici come gli pseudo apostoli di fra Dolcino, Guglielmo sostenendo di no, al contrario dell’Abate. Alla fine i due, pur essendo di vedute diverse, si dicono pronti a collaborare per il successo dell’incontro e per la scoperta di un assassino. Terminato il colloquio, Guglielmo manda Adso a dormire.
Dopo vespri
Risvegliatosi, Adso trova Guglielmo mentre esce dall’Edificio e gli racconta che era appena stato nello scriptorium e che tutti i monaci facevano di tutto per non permettergli di guardare le carte di Venanzio. Prima di entrare nel refettorio passeggiano nel chiostro e lì incontrano Alinardo da Grottaferrata, che racconta loro come entrare nell’Edificio di notte. Infatti c’è un passaggio segreto (anche se molti monaci ne erano a conoscenza da tempo) che corrisponde all’ossario e che dalla chiesa porta fino alla cucina. Vi si accede spingendo gli occhi di un teschio che sta alla base dell’altare della terza cappella nella chiesa.
Compieta
Dopo cena, come ogni sera, tutti i monaci vanno in chiesa per l’ufficio di compieta, ma, terminato, Guglielmo e Adso non vanno nella propria cella come gli altri. Riescono ad aprire il passaggio per l’ossario e raggiungono lo scriptorium. Ma qui è presente qualcuno nascosto che ruba un libro di Venanzio e gli occhiali di Guglielmo; poi quest’ombra fugge nel refettorio inseguito da Adso, ma lì non se ne hanno più tracce, si pensa che sia scappato attraverso uno dei tanti passaggi segreti dell’abbazia. Senza volerlo Adso sfiora con la fiamma del lume il retro di un foglio che c’era vicino al tavolo di Venanzio e si rendono visibili delle scritte in un alfabeto criptato che dovranno essere decifrate. Adso ricopia quei segni su una tavoletta, quindi si avviano verso la biblioteca.
Notte
La prima stanza della biblioteca è eptagonale e su quattro pareti si aprono altrettante stanze, tutte uguali, fatta eccezione per il numero di porte che hanno. Su ogni porta c’è un grande cartiglio con delle parole in latino tratte dal libro dell’Apocalisse che ogni tanto si ripetono. In ogni stanza c’è al centro un tavolo su cui ci sono dei libri; altri libri si trovano in enormi armadi, situati lungo le pareti chiuse. Ad un certo punto Guglielmo e Adso si perdono e trovano prima uno specchio deformante, poi un lume che procura visioni a chi respira l’odore che esso produce, e infine due feritoie da cui proviene l’aria esterna, che ricordano dei gemiti di fantasmi: tutti accorgimenti per allontanare i curiosi. Quando ormai hanno perso le speranze, trovano la sala da cui erano partiti e raggiungono così i dormitori. Ma all’entrata c’è l’Abate che li cercava da tempo per dir loro che Berengario non c’era a compieta e a mattutino è ancora introvabile.

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