L'ITALIA E L'ALFABETIZZAZIONE 2) La scolarizzazione nell'età della Sinistra Storica
Con la Legge Coppino, promossa dalla Sinistra "storica" nel
1877, si stabilirono sanzioni per chi evadesse l’obbligo scolastico,
specificando che tale obbligo non poteva essere certamente preteso da
parte di coloro che non avevano possibilità economiche adeguate per
attuarlo, di coloro che fossero ammalati e di quelli, infine, che
fossero troppo distanti da una sede scolastica. Dunque, ci si impegnava a rendere operante l’obbligo scolastico, almeno
per un triennio, dai 6 ai 9 anni di età, si avvertivano
miglioramenti, non solo in termini economici, ma altresì in termini di
autonomia per i maestri e per i professori e si pose maggiore attenzione
ai problemi dell’istruzione tecnica e professionale. La
legge conferì inoltre un riordinamento dell’insegnamento elementare,
prolungato da quattro a cinque anni, di cui erano obbligatori i primi
tre, che costituivano il corso inferiore. Dai provvedimenti legislativi, comunque, emergeva che la scuola cercava
di fornire, da una parte, la prima forma di assimilazione dei valori
cittadini a chi veniva dalla campagna, dall’altra cominciava a
sostituire, nei ceti urbani, la cultura artigiana che andava sempre più
esaurendosi.Inoltre, si cercava di recuperare i
ceti subalterni e anche popolari, cercando di fare in modo che la scuola
riuscisse ad integrarsi e si impegnasse più organicamente nel passaggio
da una società sostanzialmente agricola ad una società in via di
sviluppo industriale. Questa linea, veniva
ribadita non solo dai Programmi e dalle circolari Ministeriali, ma anche
e soprattutto, dalla tipologia dei libri scolastici suggeriti ed adottati, che rappresentavano certamente l’operazione
più incisiva e accurata volta ad acculturare il popolo sulla base di
principi, di ideali e di comportamenti strettamente funzionali agli
interessi della classe dirigente.In Italia, dunque, cominciava a mettersi in moto il processo che nella
prima metà del secolo XIX si era manifestato nella maggior parte degli
stati: un crescente interesse per l’alfabetizzazione e la
scolarizzazione del popolo, che si tradusse in disposizioni legislative dirette a riordinare e generalizzare la
scuola di base, gestita o controllata dallo Stato.
Nel periodo immediatamente successivo
all'unificazione, l’acculturazione degli strati inferiori della società
divenne questione di grande interesse: economisti, politici, proprietari
terrieri e in seguito i protagonisti della prima industrializzazione,
guidarono l’operazione di conquista culturale delle masse popolari. La
borghesia risorgimentale sentiva l’urgenza di conquistare il popolo non
tanto a progetti politici di cui essa sola riteneva di poter e dover
sopportare il peso quanto ai propositi di rinascita economica e di
conquista di quel grado di “civiltà” considerato indispensabile alla
fondazione morale del nuovo stato.
Più tardi, nei primi decenni dopo l’Unità, la parte più dinamica e di
più larghe vedute della classe dirigente si pose il problema di fondare
sulla trasmissione di una serie di comportamenti ispirati ai valori
centrali del lavoro e della patria, l’unificazione reale e lo sviluppo
industriale del paese.
Al momento nell’Unità gli analfabeti erano il 74,7%, dopo cinquant’anni, nel 1911, erano il 37,9%.
Un risultato significativo se si pensa che la progressiva sconfitta
dell’analfabetismo si accompagnava ad una importante riforma degli
atteggiamenti e dei valori della cultura popolare.
(informazioni ricavate dal web e dai testi di storia)
La Redazione
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi qui il tuo commento: sarà pubblicato dopo la moderazione.