sabato 9 marzo 2019

AGENDE ROSSE - Salvatore Borsellino al Carlo Felice

Il 4 Marzo 2019, c’eravamo anche noi delle V E e V D tur, insieme a circa duemila studenti al Teatro Carlo Felice di Genova per l’evento promosso dal “Movimento Agende Rosse Falcone – Borsellino”, un’iniziativa patrocinata da Città Metropolitana di Genova che si è anche attivata per supportare l’organizzazione insieme allo stesso Teatro. Il “Movimento Agende Rosse Falcone – Borsellino” ha come compito istituzionale diffondere il senso della legalità e della giustizia, chiedere giustizia per le stragi mafiose, aiutare e sostenere, con gli strumenti che gli sono propri, magistrati e forze dell'ordine nell'adempimento del proprio dovere. L’iniziativa ha ricevuto, inoltre, il patrocinio dell’Ufficio scolastico regionale, di Regione Liguria e del Comune di Genova, di Idee Giovani UniGe e di diverse istituzioni metropolitane. La mattinata, introdotta dai saluti delle autorità presenti tra cui quelli del Sindaco Metropolitano Marco Bucci, di S.E Card. Arcivescovo Angelo Bagnasco e del Sovrintendente del Teatro Carlo Felice Dott. Maurizio Roi, ha quindi visto le testimonianze dell’Ing. Salvatore Borsellino, fondatore del Movimento delle Agende Rosse, della Dott.ssa Valeria Fazio, Procuratore Generale presso la corte d'appello di Genova, del Dott. Francesco Cozzi, Procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Genova, di Fabio Repici, avvocato e scrittore autore del libro “La Repubblica delle Stragi”, l’autore del documentario “Nuove ipotesi sul furto dell’Agenda Rossa di Paolo Borsellino”, Angelo Garavaglia.

Le testimonianze sono state intervallate da momenti teatrali e musicali con diversi artisti tra i quali Annalisa Insardà, attrice televisiva e teatrale, il Gruppo teatrale del "Centro di Formazione Artistica di Luca Bizzarri”, il Maestro Alberto Farnatale, della Banda Musicale "Nostra Signora della Guardia" di Genova Pontedecimo oltre a Intermezzi musicali a cura del gruppo "Progetto 16" Moderatore dell’evento il Prof. Giuseppe Carbone, presidente del Movimento Agende Rosse Falcone e Borsellino di Genova. Per chi desiderasse maggiori informazioni sul progetto, queste sono reperibili sulla pagina Facebook dedicata - Movimento delle Agende Rosse "Falcone Giovanni - Borsellino Paolo" Genova oppure sul portale web del movimento. Città metropolitana ha curato il coinvolgimento delle scuole del territorio ritenendo l'iniziativa di forte significato per la loro educazione civica ed etica.
L’incontro, organizzato dalla sezione genovese del movimento “Agende Rosse” e patrocinato dalla Città metropolitana e dal comune di Genova, vuole sensibilizzare e stimolare nei giovani la memoria di pagine nere e per molti versi irrisolte della storia italiana. E, più in generale, diffondere il senso della legalità, chiedere giustizia per le stragi e sostenere magistrati e forze dell’ordine nel loro lavoro.

Si è discusso insomma di sicurezza, legalità ed emergenze sociali, attraverso le testimonianze di grande impatto emotivo degli intervenuti, in primis quella di Salvatore Borsellino, che ha saputo suscitare la commozione e la partecipazione degli studenti. Uno dei passaggi che più ha toccato la platea, è stato quando Salvatore ha raccontato che, immediatamente dopo lo scoppio dell’ordigno,  c
'era l'inferno in Via D'Amelio: “La strada e l’interno dei palazzi erano ingombri di vetri e mia madre scese le scale a piedi nudi. Scese senza neanche tagliarsi. Probabilmente scavalcò i resti del cadavere di Paolo senza neanche vederlo". E commuovendosi ha aggiunto: "Penso che in certe situazioni il cervello si chiuda e ci impedisca di vedere alcune cose, quelle insostenibili, quelle che fanno più male. Questa è la risposta razionale, che mi do come ingegnere. Ma forse la risposta è un'altra. Io credo, io VOGLIO credere che sia stato Paolo ad averla sollevata per non ferirla, ad averle chiuso gli occhi per proteggerla ". 
Sono passati 20 anni dalla strage di via d’Amelio a Palermo nella quale persero la vita Paolo Borsellino e cinque dei sei membri della sua scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli.
Lo sapeva Paolo Borsellino, lo aveva già previsto, ma sapeva anche di non poterlo evitare, non era solo la mafia a volerlo morto. “Mi ucciderà la mafia ma saranno altri a farmi uccidere. La mafia mi ucciderà quando altri lo consentiranno”. disse il giudice poco tempo prima della strage. Gli uomini della scorta di suo marito erano persone che ormai facevano parte della famiglia Borsellino. Condividevano le loro ansie e i loro progetti. Era un rapporto, oltre che di umanità e di amicizia, di rispetto per il loro servizio. Il giudice disse “Quando decideranno di uccidermi, i primi a morire saranno loro” e allora, per evitare che ciò accadesse, spesso usciva da solo a comprare il giornale e le sigarette quasi a mandare un messaggio ai suoi carnefici perché lo uccidessero quando lui era solo e non in compagnia dei suoi angeli custodi. E i nomi di coloro che componevano la scorta e che troppo spesso solo con questo nome generico sono ricordati, sono stati scanditi più volte ne corso della mattinata, anche nel monologo recitato da Annalisa Insardà.

E’ ancora Salvatore a ricordare l’unica donna della scorta, Emanuela Loi. Emanuela non aspirava a diventare poliziotta, amava i bambini e la sua terra. Accettò la proposta della sorella di unirsi al concorso per entrare in polizia. Emanuela era brava e solo lei superò il concorso. Pochi giorni dopo la strage di Capaci (in cui furono uccisi il giudice Falcone, sua moglie e la sua scorta), Emanuela fu assegnata alla sicurezza di Paolo Borsellino; quando questi la conobbe si stupì e scherzando le disse: “Mi dia la pistola che la proteggo io. Forse è meglio”. Emanuela era infatti, piccolina, con i capelli ricci e biondi. I carabinieri dopo l’esplosione, cercheranno i pezzi dei cadaveri sparsi in tutta la strada, piedi, mani, gambe, cervelli… in una scatola da scarpe finiranno i resti della pelle di Emanuela (riconosciuta per le lentiggini) e i suoi capelli biondi.
 “Ho deciso di parlare solo ai giovani, dal giorno in cui me lo chiese mia madre. E quello faccio, porto avanti il sogno di Paolo – ha detto Salvatore Borsellino, che si è soffermato sulla strage di via D’Amelio e sul suo strascico giudiziario – per i familiari delle vittime di mafia cerchiamo verità e giustizia. In questo libro,  c’è tutta la mia vita. Nei primi anni credetti che la morte di Paolo avesse cambiato il Paese. È durata poco questa speranza. Il puzzo dell’indifferenza poi tornò a galla e io non avevo più speranza. Allora mi sono chiuso in un silenzio di 10 anni. Ma quando ho capito cosa fosse quella strage, ho scritto una lettera che nessun giornale ha pubblicato, ma che sulla rete ha avuto grande diffusione. Questo libro è il risultato di 25 anni di lotta. Il movimento Agende Rosse non è un movimento politico. Cerca la verità e la giustizia”.

I depistaggi, le falsità, le mezze verità o quelle nascoste di diversi casi, li ha ripercorsi Fabio Repici, avvocato di Salvatore Borsellino. Il lavoro di Repici ha permesso che molte indagini venissero riaperte dopo lo stallo. E su via D’Amelio, Repici, dice che “il processo Borsellino quater afferma che non è solo una strage di mafia” e di come questa si sia materializzata tra la commistione tra la mafia e personaggi dello Stato.

Gli affari sono affari e se c’è da uccidere un testimone, lo si uccide. Un interesse che travalica appartenenze, anche di stampo mafioso. Stefano Mormile, fratello di Umberto – ammazzato nel ’90 dalla ‘ndrangheta e la cui uccisione viene definita un “omicidio di Umberto volutamente misconosciuto” – afferma che la morte del fratello rappresenta “un caso di scuola di come si muovono le mafie in consorzio, che hanno trovato sponda nei poteri economici e politici”.

Particolarmente interessante è stata la proiezione del documentario Nuove ipotesi sul furto dell’Agenda Rossa di Paolo Borsellino”, presentato dal suo autore, Angelo Garavaglia. Il 23 maggio 1992, all’ospedale Civico di Palermo, Paolo Borsellino abbraccia il suo amico Giovanni Falcone per l’ultima volta, prima che muoia. Agli occhi dell’opinione pubblica, Borsellino diventa l’erede naturale di Falcone, e la prossima vittima designata di Cosa Nostra. Dopo neppure due mesi, il 19 luglio 1992, un’auto bomba carica di tritolo stronca la vita del giudice Borsellino e della sua scorta davanti alla casa della madre. L’agenda rossa sulla quale appuntava scrupolosamente ogni scoperta dopo la morte di Falcone sparisce dal luogo dell’attentato. Chi voleva l’agenda rossa? Cosa accadde in quei 57 giorni che vanno dalla Strage di Capaci alla Strage di Via D’Amelio? Chi poteva trarre vantaggio dalla sua morte? A condannare a morte Borsellino sono state le sue ultime, affannose indagini sulle trattative Stato-Mafia? Chi ha preso dalla borsa quell’agenda e a chi l’ha consegnata? Il documentario cerca di dare qualche risposta ad alcuni di questi quesiti.

Vi lasciamo con la registrazione di tutto l'incontro. Buona visione!

La Redazione

2 commenti:

  1. Grazie alla redazione per il prezioso articolo. Il prossimo due marzo 2020 ci sarà il prossimo incontro, già alla terza edizione. Sarete i benvenuti.
    Giuseppe Carbone
    A.R. Genova

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  2. Grazie mille! Ci saremo sicuramente :-)

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