Un tempo esisteva un re, la cui prole però era più marcia del grano non raccolto dopo il solstizio d'estate. Erano due fratelli, cresciuti tra le ricchezze e le meraviglie del Regno, protetti da alte mura bianche, che impedivano la vista sul mondo esterno.
Un dì, a Corte — su invito del Re — si presentò una Principessa di un Regno confinante, conosciuta tra i cortigiani per la sua bellezza, imparagonabile se messa a confronto con quella delle donne di alto rango che abitavano nella Reggia. I due fratelli, ammaliati dal viso così innaturalmente attraente e dalle curve del corpo della fanciulla, caddero in un amore cieco per ella, soggiogati da quello che per loro era importante: l'esteriorità e i benefici che avrebbero potuto trarne sposandola.
Presto, i due principi entrarono in conflitto per la sua mano e si fecero l'un l'altro cose deplorevoli e disdicevoli.
La Principessa, disgustata dal loro comportamento e non cedendo alle lusinghe dei Reali, vide che cosa essi fossero realmente: due giovani uomini orribili e spregevoli, abituati ad avere tutto ciò che essi desiderassero, senza restrizioni, senza limiti, mancanti di fede e sentimento; i loro corpi erano solo contenitori dorati per il disgustoso marciume che li riempiva.
Si assicurò che i due, massacrandosi, si uccidessero a vicenda per amor suo, in modo tale che non riuscissero a infettare il mondo esterno con la loro corruzione, la loro immoralità e il loro decadimento.
La fanciulla attraversò le titaniche mura nivee per lasciare il Regno, sapendo che non vi avrebbe più fatto visita ma anche che, a causa della sua misericordia per il mondo, il marciume dei due Principi l'aveva già avvelenata.
Luigi Zilli, II A LES
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