venerdì 6 marzo 2020

I giorni del Corona virus - Un racconto malinconico di Francesco


STAGLIENO AI TEMPI DEL CORONA-VIRUS


11 Giugno 2020
Il nostro non è mai stato un quartiere allegro. Lo sfondo del Cimitero di Staglieno, per quanto si tratti di un’opera d’arte nota a livello europeo, mi ha sempre dato da pensare. Ne sono sempre stato attratto. Mai avrei detto che, nel corso della mia vita, avrei visto tanti amici e parenti varcarne le porte. Mi chiamo Sebastiano. Ho 16 anni. Sono alto, magro, un po’ solitario. Ho un fratello più grande, un arrogante insopportabile: mia madre dice di aver pazienza, che col tempo il nostro rapporto migliorerà. Ma io non ci credo molto. Nostra madre è una donna dolce e paziente. Lavora come segretaria in uno studio dentistico. Mio padre, invece, mi ricorda mio fratello: è un uomo aggressivo, si arrabbia per nulla, e per quanto neghi, beve troppo. Odio quando torna a casa ubriaco e ci investe con i suoi giudizi biascicati, con quell’alito terribile… Nessuno di noi beve, infatti, a parte lui, neppure nelle feste. Nonostante i nostri piccoli problemi, nel 2020 la vita procedeva abbastanza tranquilla. Poi, la notizia: «Esplosa l’epidemia di Corona-Virus in Cina». Nessuno pensava che sarebbe arrivata fin qui. E invece, con orrore, a Codogno, vicino Milano, sono esplosi i primi casi. La gente era divisa tra gli “ipocondriaci”, quelli che alla diffusione della notizia occupavano i supermercati e le farmacie, e i “superficiali”, quelli che minimizzavano, quelli che continuavano la propria vita come se niente fosse, come se il contagio non fosse possibile. L’errore è stato crederla una semplice influenza, sebbene rischiosa per le persone con condizioni di salute compromesse in partenza. “La mortalità è bassa”, dicevano. “Basta col terrorismo”, gridavano. “Però per sicurezza sarà meglio chiudere le scuole”, insistevano. Ecco: alla chiusura delle scuole ho capito che qualcosa non tornava. E infatti, dopo circa un mese dal decreto del governo che sanciva la chiusura degli edifici scolastici, nuove terribili notizie arrivarono dalla Cina: «La malattia non solo non si arresta, ma dopo un periodo di latenza, esplode in una seconda infezione, con una mortalità altissima!!!». Addio! È scattato il panico. Chi è scappato, chi ha abbandonato moglie e figli, chi resiste con coraggio ogni giorno. Come noi. Ebbene sì: ho contratto la malattia. E la vita non è più la stessa.

23 Giugno 2020 
Non so come io abbia contratto il virus, sinceramente. I focolai sono così numerosi che è veramente difficile tenersi al sicuro. Molte persone sono morte. Adesso mi sembra di vedere come in un film quelle pagine che Boccaccio scrisse per introdurre il Decameron: la descrizione della peste, e delle reazioni delle persone di fronte alla «pestifera mortalità, […] dannosa e lacrimevole molto» [Boccaccio, Decameron, Introduzione alla Prima Giornata]. I miei concittadini, famosi per il loro brutto carattere, non sono certo migliorati con la pestilenza. Già i primi giorni, ricordo, di fronte al bisogno di disinfettanti, subito tutti i rivenditori avevano provveduto ad alzare incredibilmente i prezzi. E se all’inizio il panico era relativo, col passare dei giorni e con la notizia che la malattia aveva una seconda fase, letale, la situazione peggiorò terribilmente. Nessuno si salutava più. Gli autobus, le strade, tutti deserti: chi poteva prendeva la macchina, ma è durata poco, perché nessuno veniva a portare i rifornimenti di carburante ai distributori. All’inizio gli ospedali ci ricoveravano. Ma poi si è passati alla raccomandazione di non recarsi nel modo più assoluto in ospedale, per evitare ulteriori contagi. Finché è stato possibile uscire dal Paese, molti hanno raccolto le loro cose e si sono allontanati… Adesso però le barriere sono chiuse… Che ironia… Prima insistevano tanto per chiuderle e non far entrare stranieri… E ora pagherebbero per riaprirle e fuggire… Ma ecco che rientra mia madre. Devo chiederle perché quell’espressione più triste del solito.

5 Luglio 2020 
Non ho più voluto scrivere dopo il 23 Giugno. Ho scoperto infatti che mio padre e mio fratello sono fuggiti in Albania. Hanno consapevolmente deciso di abbandonarci!!! Mi sembra incredibile! È come se la malattia, e la paura del contagio, avessero distrutto i rapporti sociali… E posso anche arrivare a capire la diffidenza verso uno sconosciuto… Ma se si scardina il valore della famiglia, cosa resta? Avevo studiato, in diritto, che la famiglia è la prima forma di società, quella che dà l’avvio alla nascita della civiltà. In pratica - perché io non sono capace di non riflettere sulle cose - devo ammettere che la civiltà sta finendo. Solo l’economia continua a trascinare un po’ la situazione. Ma anche questa si esaurirà, quando gli altri stati capiranno che non c’è nulla da fare. In effetti la sensazione è quella: a Staglieno non c’è più posto. La morte non ha guardato in faccia nessuno: giovani, anziani, ricchi, poveri. In questo senso, la pestilenza è davvero democratica. E non contano neppure i meriti… Io m’illudevo che, magari… Essendo il tipico “bravo bambino”… Ma niente, non conta niente. Al virus poco importa della tua moralità.

18 Luglio 2020 
Ho sempre meno energia. Vedo le mie condizioni negli occhi di mia madre, ogni giorno più triste… Mi sono permesso, però, di esprimere un piccolo desiderio… Mi aveva sempre colpito l’immagine di Cecilia, nei Promessi Sposi. Quella madre, così affettuosa, così dolce, che trattava la bambina come se fosse viva, e che trasmetteva tanto amore da commuovere perfino i monatti, mi ha sempre fatto pensare che l’amore, in realtà, non ha nessun limite e può vincere anche la morte. Ho chiesto a mia madre di usare la stessa delicatezza con me. Ma forse non era neppure necessario chiederlo.


Francesco Crescenzi, III A LES




Nessun commento:

Posta un commento

Scrivi qui il tuo commento: sarà pubblicato dopo la moderazione.