L'epidemia del 2019-2020, comunemente indicata come epidemia di Corona virus, è probabilmente iniziata intorno alla fine di dicembre 2019 nella città di Wuhan: ci sono diverse ipotesi sulla presunta causa, ma non si sa realmente quale sia quella vera.
Dal mio punto di vista c’è troppo allarmismo ma bisogna prendere la cosa seriamente, perché comunque, nonostante le molte guarigioni, ci sono stati anche molti morti.
Potremmo chiederci che cosa ci sta insegnando, e soprattutto che cosa ci sta ricordando questa situazione su noi stessi, sulla nostra condizione e sul nostro modo di percepire quanto ci accade intorno.
Siamo tutti collegati, e sempre più somiglianti. Ci vestiamo sempre più allo stesso modo, mangiamo cose sempre più simili, desideriamo gli stessi prodotti, ascoltiamo la stessa musica, condividiamo (più o meno) le stesse informazioni. Ci contagiamo in mille modi.
La possibilità del contagio sanitario è una delle tante conseguenze del nostro essere così strettamente legati: certo, la più evidente e terrorizzante.
Ma è parte di un pacchetto più ampio che, ci piaccia o no, ci indirizza tutti quanti verso la condivisione di medesimi destini.
Un altro fatto importante, secondo me, è che ci sono “due” virus che circolano oggi in Italia, il coronavirus e l’altro, il virus della paura, fatto di chiacchiere, impressioni, reazioni emotive, parole. Quest’ultimo sta dilagando molto più velocemente del primo, attraverso la rete e le agenzie di stampa, contagiando un numero di persone enormemente più elevato di quello toccato dal virus biologico, di tutte le età e condizioni e ben al di là della famosa «zona rossa», blindata da cordoni sanitari e quarantene. La gente è come impazzita: svuota supermercati (come fossimo in periodo di guerra), diventa razzista nei confronti delle persone e anche aggressiva, tutti che scappano dalle proprie città pur di non finire in quarantena, ma senza capire che peggiorano soltanto la situazione. Insomma, il caos totale!
La descrizione di epidemie si presta come luogo dove ambientare opere di letteratura. In quella italiana, due sono le opere più famose che parlano di peste: il Decameron di Boccaccio e i Promessi Sposi di Manzoni. Ma Boccaccio visse effettivamente la peste nera, mentre Manzoni la studiò dai documenti dell’epoca e adesso, nell’epoca del Corona virus, questa differenza è palese. Entrambi fanno intuire l’assoluta incapacità dell’uomo (e di conseguenza dei governanti) di affrontare simili emergenze. Per loro l’epidemia è come un terremoto, la grandine: una forza della Natura contro cui l’Uomo non può nulla. L’Uomo moderno continua a non poter far molto, ma adesso capisce il fenomeno, può contrastarlo, spera di poterlo debellare in un prossimo futuro.
Termino con il dire che spero solamente di uscire al meglio da questa tragica situazione e che tutto, prima o poi, si sistemi.
Giada Lambertini, III A LES
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