giovedì 12 marzo 2020

I giorni del Corona virus - Le riflessioni di Myriam

A fine dicembre 2019, le autorità sanitarie cinesi hanno reso noto di un focolaio di casi di polmonite ad eziologia non nota nella città di Wuhan (Provincia dell’Hubei, Cina).
Il 9 gennaio 2020, il centro per il controllo e la prevenzione delle malattie della Cina ha identificato un nuovo coronavirus come causa di queste patologie, confermando, inoltre, la trasmissione inter-umana del virus.
L’11 febbraio, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato che la malattia respiratoria è stata chiamata COVID-19 (Corona Virus Disease).
In questo arco di tempo il mondo ha iniziato a familiarizzare con le notizie ma soprattutto con le immagini che giungevano dalla Cina, che descrivevano uno scenario terribile dovuto al diffondersi in maniera repentina del virus, che si manifestava con i comuni sintomi dell’influenza accompagnati da tosse e stanchezza ma, nei casi gravi, sviluppava polmonite e grave sindrome respiratoria.
Per contenere la particolare virulenza del virus, che in poco tempo ha causato centinaia di morti, l’intera provincia di Wuhan è stata messa in quarantena.
Così, mentre noi in Italia guardavamo il festival di Sanremo, al tempo stesso familiarizzavamo con termini del tipo quarantena, coronavirus, covid-19, ritenendo erroneamente che quello scenario così distante da noi non ci potesse riguardare da vicino, nonostante l’Italia, come altri paesi, si fosse fatta carico di far rientrare i suoi connazionali bloccati in Cina o addirittura su navi da crociera dove si erano sviluppati dei focolai.
E così, proprio come accade quando ti capita di vedere un incidente in autostrada, pensando che in realtà sono cose che capitano agli altri, l’Italia è andata avanti quasi credendosi inattaccabile per poi, il 21 febbraio, poco dopo aver celebrato il vincitore del festival di Sanremo, svegliarsi con la notizia che non ti aspettavi di sentire, ossia che avevamo il primo caso di covid-19 sul nostro territorio.
La sensazione che mi ha accompagnata è stata di incredulità, seguita subito dopo dall’ansia dettata dalle immagini che avevamo imparato a vedere in Cina e che adesso non erano più così lontane, anzi. Codogno, un piccolo paese del Lodigiano viene alla ribalta per quello che si crederà essere il paziente zero, la virulenza del virus è confermata dal repentino espandersi dell’epidemia in tutta la provincia di Lodi ed allora si cerca di correre ai ripari mettendo Codogno e la sua provincia in quarantena. Ebbene sì, il pacchetto globalizzazione era servito. Tutto quello che credevo potesse non appartenermi, adesso era in Italia a pochi chilometri da me, in Lombardia.
Il virus avanza ed iniziano le prime misure di contenimento che prevedono la chiusura delle università e delle scuole, le persone assaltano i supermercati per fare scorta di generi alimentari e polverizzano le mascherine insieme al più comune disinfettante per le mani, l’Amuchina, favorendone la speculazione nella vendita, soprattutto online.
Ma il vero problema che non viene recepito è lo spostamento delle persone e la socialità stessa, così, mentre il principale focolaio resta la Lombardia seguita dal Veneto, ormai si registrano casi in tutta Italia.
Abbiamo, nel frattempo, allo Spallanzani di Roma, il primato di isolare per la prima volta il virus, ed è un’ottima notizia, perché ci permetterà di studiarlo, dato che la comunità scientifica sembra saperne davvero ancora troppo poco a riguardo. Infatti si ipotizzano solamente tempi di incubazione e modalità di trasmissione. Le raccomandazioni più comuni sono quelle di lavarsi frequentemente e accuratamente le mani evitando di portarle al viso, agli occhi e alla bocca.
La popolazione dell’Italia si divide in due, una che combatte in prima linea con il covid-19 ed un'altra che sembra che la cosa quasi non le appartenga, continuando a fare vita sociale ed alimentando la diffusione del virus, che colpisce in modo particolare gli anziani e persone con patologie pregresse.
Questo alimenta nei giovani, in maniera incosciente, la convinzione di essere dispensati da questa malattia, non raccogliendo “l’invito” a stare a casa, che diventa un “obbligo” quando la sera dell’8 marzo il governo vara il DPCM che stabilisce norme rigide e pene severe, dichiarando la Lombardia ed altre 11 province zona rossa. Ma anche in questo caso la scarsa intelligenza sociale di molte persone, che fuggono letteralmente dalle zone rosse verso il sud, rende vano il provvedimento e costringe il governo a varare un secondo DPCM, dove dichiara tutta Italia zona rossa.
Mi rendo conto - e forse ce ne rendiamo conto tutti solo adesso - che stiamo vivendo un qualcosa che segnerà la mia generazione. Gli scenari sono tanti, non tutti definiti ma con un comune denominatore: la crisi economica come effetto collaterale. La scuola e le università cercano di correre ai ripari organizzando gli studi con lezioni online soprattutto per venire incontro agli studenti che come me hanno la maturità da conseguire nell’anno scolastico, e non nascondo uno stato d’animo molto sconfortato. Cerchi di tirarti su pensando che il 03 aprile, data indicata come fine delle prescrizioni del DPCM, non è poi così lontano e che magari si possa tornare alla normalità, ma poi l’OMS dichiara la pandemia per il covid-19 e lo sconforto si ripresenta.
L’ottimismo viene proprio dalla Cina, dove le rigide misure imposte alla società hanno permesso di ridurre drasticamente il numero dei contagi e la curva delle guarigioni è aumentata, a fronte della diminuzione dei morti.



Ed allora, stavolta, quello che vedi così da lontano speri arrivi presto anche da te, la normalità. Ad oggi posso dire che quello che reputavo “normale" dandolo per scontato, quasi senza dargli valore, ora mi manca tantissimo. Mi manca uscire con gli amici per prendere un caffè, andare in riva al mare a fare una passeggiata e mi manca persino andare a scuola!

Myriam Danese, V D TUR

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