QUI la settima puntata.
Non so quanto tempo fosse passato da quando ero uscita di casa, ma avevo smesso di piangere. Probabilmente perché non avevo più lacrime da dare. Il fatto sta che in quel momento sentii una mano sulla spalla e vidi mio fratello sedersi vicino a me.
“Posso stare qui con te?” mi chiese timoroso.
Io annuii, ma non gli rivolsi lo sguardo. Non perché fossi arrabbiata con lui, ma perché dopo tutto quello che avevo pianto dovevo avere una faccia non proprio… presentabile, ecco…
“Scusami!” mi disse.
“Non importa Scimmietta!” e invece importava eccome, accidenti! Ma non volevo farlo sentire in colpa “Dovrei saperlo che prima o poi i sogni finiscono…”
“E chi ha parlato di fine?” disse lui.
“Che vuoi dire?” gli chiesi girandomi verso di lui.
“Quando te ne sei andata, ho capito davvero quanto ci tenessi a tutto questo e ho fatto alcune ricerche. Ho scoperto che nella mitologia esistevano delle persone che si potevano trasformare in animali…”
“Sì, gli dei greci e latini…”
“Non ho trovato nulla sulla trasformazione da uomini a fenici, ma perché non potrebbe essere lo stesso principio?”
“In effetti potrebbe avere senso… Scusa un attimo, quanto è durata la tua ricerca?”
“Un paio d’ore, perché?”
“Ma quindi è mezzogiorno!!” esclamai alzandomi.
“Ah, giusto! La mamma mi ha detto di dirti di venire a casa che è quasi pronto il pranzo!” disse alzandosi anche lui.
“E me lo dici adesso?” gli chiesi ridendo.
“Beh, sai com’è, Fenice mi ha fatto perdere la cognizione del tempo e quando sono venuto qui la mia principale preoccupazione era che tu non ti trasformassi in una belva inferocita e mi mangiassi vivo…” rispose tra le risate.
“Aspetta!” disse poi, prendendomi per un braccio “E’ troppo evidente che hai pianto…”
“Accidenti!! Che faccio?”
“Non lo so, ma non puoi dire alla mamma che hai pianto perché stanotte per colpa di questo stupido di tuo fratello non hai sognato gli occhi di una presunta fenice…”
“Beh no, decisamente non glielo posso dire…” mi guardai un attimo intorno. “Aspettami qua!” dissi infine e mi diressi verso la doccia, o meglio, la fontanella che c’è vicino alla doccia. Lì mi bagnai un po’ i capelli e poi tornai da Ryan che mi aspettava dove l’avevo lasciato.
“Scusa, ma non capisco.”
“Le dirò che ho fatto una nuotata e che ho gli occhi rossi perché li ho tenuti aperti sott’acqua.”
“Direi che potrebbe funzionare…”
Dopo pranzo mi misi in giardino a disegnare una fenice. “Che te ne pare?” chiesi a Ryan.
“È fantastica!” mi disse lui “Sembra vera…”
In effetti anche io ero abbastanza soddisfatta del mio lavoro, cosa che succede molto raramente, anzi praticamente mai…
Decisi di colorarla con i colori delle piume e, alla sera, la appesi vicino a Batuffolo.
“Adesso comincerai a dare la buonanotte anche a lei?” mi disse Ryan ironicamente.
Io gli feci una linguaccia: “Che simpatico che sei!”
Quella sera non riuscii a prendere sonno, allora mi alzai e mi misi a guardare fuori dalla finestra. Le stelle erano bellissime… Poi una lieve brezza di vento mi passò sul viso, leggera come una carezza e, in qualche modo, sentii davvero come una mano delicata.
Dopo questo tornai a letto e questa volta, mi addormentai tranquilla.
Chiara Benassi, III E TUR
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