QUI la sesta puntata.
Quella sera non sognai gli occhi.
Non sognai nulla, in realtà.
Sembrava che Fenice (come lo chiamavamo io e Ryan) se ne fosse andato come era venuto.
Fu un colpo al cuore, quando la mattina mi svegliai e mi resi conto che non era notte fonda, ma erano circa le 10.00 del mattino…
Ryan era già sveglio e agitatissimo: “Ti prego, dimmi che hai sognato gli occhi!” mi disse, quando si accorse che ero sveglia.
Io scossi la testa. “Ecco! Ho fatto un disastro!” esclamò portandosi le mani sulla fronte.
“No, aspetta un momento!” gli dissi mettendomi a sedere sul letto. “Tu che cosa dovresti entrarci?” Lui abbassò lo sguardo: “Stanotte volevo vedere se era effettivamente Fenice a lasciare la piuma sul davanzale, così sono stato sveglio fino all’Ora delle Ali (così chiamavamo le 3.33), ma non è venuto nessuno e…”
“No, aspetta!” lo interruppi “TU CHE COSA?! Sei stato sveglio per tutta la notte e per questo non l’ho sognato?!”
Lui annuì a testa bassa. Non sapevo se ringraziarlo per aver cercato di scoprire qualcosa in più o se urlargli di tutto perché tutto era finito per colpa sua. Per evitare di fare finta di essere contenta da una parte e tirargli qualcosa dall’altra, mi alzai, mi vestii e andai in spiaggia. Il mare riusciva sempre a rilassarmi.
Quando scesi le scale, mi accorsi che in cucina c’era mia madre. “Vado in spiaggia!” le dissi.
“Ma non hai neanche fatto colazione!” mi rispose lei.
“Non importa! Non ho fame!” dissi chiudendo la porta poco delicatamente.
Quando arrivai alla spiaggia, mi sedetti e mi abbracciai le ginocchia, guardando il mare. Per la prima volta neanche quello riusciva a farmi sentire meglio. Avevo solo voglia di piangere. Non riuscivo più a trattenermi, nascosi il viso tra le ginocchia e iniziai a piangere.
Chiara Benassi, III E TUR
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