lunedì 9 gennaio 2017

Rubens, le donne e le curve - Riflessioni tra arte ed estetica


Rubens fu un pittore fiammingo e la sua opera, secondo lo storico dell'arte Giuliano Briganti, può considerarsi l’archetipo del barocco, visto che egli ha aperto la via al tumultuante periodo artistico del barocco europeo, nordico e francese in particolar modo. Così lo presenta il sito dedicato alla mostra attualmente dedicatagli a Milano e che abbiamo visitato a dicembre: "Nato a Siegen, nell’attuale Germania, il 28 giugno 1577, Pietro Paolo Rubens si trasferì con la famiglia ad Anversa nel 1589, ricevendo un’educazione umanistica e filosofica che volle completare con un viaggio in Italia. Qui soggiornò dal 1600 al 1608, e poté studiare la scultura antica e i maestri del Rinascimento, lasciando importanti capolavori come il trittico per l’altare maggiore di Santa Maria della Vallicella a Roma. Tornato in patria con un bagaglio di grandi novità artistiche, divenne pittore di corte degli Arciduchi delle Fiandre, intraprendendo parallelamente anche una brillante carriera diplomatica presso i regni di Spagna e d’Inghilterra. Richiesto da molte corti europee e dai maggiori collezionisti del tempo, realizzò grandi capolavori tra cui il famoso ciclo della Vita di Maria de’ Medici per il palazzo del Lussemburgo. Uomo magnanimo, dedito agli affetti familiari, oltre che grande artista, ebbe anche una ricca bottega con molti allievi tra cui Antoon van Dyck e altri importanti pittori. Rimasto vedovo di Isabella Brant, si risposò con la giovane Hélène Fourment, avendo in tutto sette figli. Morì ad Anversa il 30 maggio 1640: il suo stile magniloquente, denso di energia creativa, segnò la nascita del nuovo linguaggio barocco".

Questa premessa mi è parsa necessaria perché oggi vorrei parlarvi dell’omaggio che fa Rubens alle donne in carne, formose. Donne morbide, dalle curve pronunciate, accattivanti nella loro pienezza esuberante, non c’è vergogna in questi corpi ma solo sensualità e armonia. L’arte classica ha da sempre ritratto donne formose, mentre in epoche più recenti l'attenzione ad esse è quasi sparita: ci sono solo delle eccezioni, come Picasso che amava le donne con tutte le giuste rotondità - pur dipingendole spigolose! -, mentre artisti come Boldini o Schiele, solo per ricordarne due, hanno rivolto la loro attenzione a donne eteree e sottili. Rubens, rendendo omaggio a donne “piene”, ha suscitato il mio interesse, attorno a questo argomento da sempre discusso e che divide ogni volta l’opinione pubblica in due parti opposte. Tonde o magre?

Oggi il dibattito è acceso: “curvy” è un aggettivo positivo e sdoganato, i media e i giornali hanno scoperto i corpi abbondanti e vi sono donne con dei chili in più che si fanno fotografare e che pubblicano le loro immagini con orgoglio. Nulla di nuovo, in realtà, visto che, come scrivevo, già nel passato venivano dipinte donne in carne da grandi artisti, basti pensare, per l'appunto, a Rubens, che dipingeva seni, fianchi e addomi non certo smilzi. Resta però il fatto che, ciò nonostante, solitamente le donne, almeno la maggior parte di esse, non si convincono che "ciccia è bella", anche un po’ per colpa della moda di adesso.


E sì, la moda ci vuole magre! Vogliono che quelle forme esuberanti e sensuali rimangano nei quadri, e che restino solo nei musei. Va bene condividere quella estetica classica e formosa in opere di grandi artisti, ma cosa cambierebbe ammirare questo tipo di carnosità in una rivista? Uomini e donne con “problemi” di peso accusano gli stilisti di produrre solo modelli per taglie piccole, i giornali di presentare solo modelle magre fin quasi all’anoressia, e poi… "attenzione che la televisione ingrassa, quindi ragazza di 30 kg è meglio se dimagrisci ancora di più!". In sintesi, bisogna restare magre, eppure ci sono sempre più attrici, presentatrici, artiste dalle forme abbondanti e felici di esserlo, ma molto spesso poi vengono smontate dalla società di oggi, per un canone estetico totalmente fondato sul nulla.


Da Rubens voglio imparare, voglio osservare le sue “eroine” e vedere come si può passare alla storia e diventare iconiche anche nell’abbondanza delle forme. Questo artista è stato in grado di creare opere di una sensualità unica, in cui il fuoco dell’erotismo e la tempesta dei sensi sono in modo evidente assolutamente sovrani. Molte delle sue opere hanno fatto nascere nello spettatore la cosiddetta “sindrome di Rubens” per la loro capacità di scatenare impulsi erotici in chi li osserva. Perfino se il quadro non ritrae una donna in vesti sensuali, l’osservatore riesce comunque a percepire l’erotismo emanato dalla tela.



Si pensi a “Il satiro e la fanciulla”: mi ha colpito molto questo dipinto, anche se non appare nulla di sensuale in modo esplicito, appare evidente che per l’ingenua “giovinetta” il destino pare ormai tracciato, infatti, se esaminiamo il quadro con attenzione, notiamo molti particolari: quel sorriso malizioso e beffardo che fa venire i brividi, affiancato alla sua nudità, la scena poi parla da sola… Comunque l’aspetto che mi ha colpito di più è la carnalità, si può intravvedere dagli atteggiamenti, dai movimenti, la plasticità dei corpi, la naturalezza e le espressioni del viso sono davvero sorprendenti.

Una carnalità rappresentata al meglio
nell’opera delle “Tre Grazie”, uno dei miei capolavori preferiti. Rubens dà luce e maestosità al corpo femminile, riesce a creare forme armoniche e generose, riesce a fissare nel tempo l’infinita bellezza di un corpo pieno, sensuale e dalle sensazioni tangibili. Le sue bellissime donne non devono nascondersi, non devono vergognarsi delle proprie rotondità e si riconoscono nei canoni della bellezza propri del Seicento.

L’approccio al corpo femminile non cambia, sia che si tratti di iconografia storica, allegorica o temi religiosi; sono sempre donne vere, rappresentate con le rotondità e i difetti che le rendono uniche. Donne molto più vicine alle forme di Marilyn Monroe, Sofia Loren e Rita Hayworth piuttosto che alle star contemporanee, sempre attente ad indossare una taglia sotto la 40. Donne che non solo accettano i propri difetti fisici, ma non se ne preoccupano affatto, anzi, si apprezzano e si compiacciono. Donne che con le loro rotondità ricordano l’accoglienza materna e la sicurezza del rifugio. Donne che si piacciono e per questo piacciono.

Il gusto della bellezza nel tempo muta ed è inevitabile, cose che 10 anni fa potevano essere meravigliose, oggi ci appaiono inguardabili, basti pensare che, un tempo, la pelle bianca e chiara era simbolo di bellezza e nobiltà, mentre le donne formose erano il simbolo della giovinezza e della salute. Queste donne diverse e lontane dai moderni modelli di bellezza, sono state le muse dell’arte, quella che ancora oggi osserviamo ammirati e affascinati, cadendo in un vero e proprio paradosso. Le donne dipinte in questi quadri, sono donne dalle forme sinuose e morbide, che danno vita ad un
alternarsi di curve incantatrici.

Tutti noi siamo in grado di capirlo e osservarlo, e allora perché ancora adesso ci facciamo così tanti problemi se abbiamo quei 5 kg in più? Scappiamo in palestra, fatichiamo, andiamo a fare jogging dopo il lavoro, soffriamo la fame, permettendoci solo un misero chicco d’uva al giorno, paghiamo fior di quattrini nei centri di bellezza per poter essere al top. Questa dovrebbe essere la lotta epocale delle donne contro la società dei consumi e la pubblicità. I modelli propinatici giorno per giorno di fronte ai nostri occhi, sono immagini irreali e quasi fantascientifiche di donne scheletriche, con gambe grosse quanto un grissino, un vitino che è possibile stringere nel pugno di una mano e facce scavate dall’insoddisfazione di non concedersi un pezzo di torta da quando si aveva 9 anni. Uno stile di vita salubre va bene, questo non lo nega nessuno, ma ogni eccesso è sbagliato, c’è sempre bisogno di un sano equilibrio.

Quello che vorrei fare capire è che siamo i primi ad accettare opere d’arte del genere rubensiano, comprendiamo quel tipo di bellezza, usciamo da mostre d’arte con un altro occhio e un altro tipo di pensiero, ma nel giro di pochi secondi cambiamo idea: siamo troppi condizionati dalla società in cui viviamo, forse? Io sono la prima ad attenermi a regole estetiche sociali: la più grande nostra paura è l’essere “diversi”, pronti a cambiare visione su questo argomento perché abbiamo paura di essere considerati non “normali”, abbiamo paura di affrontare critiche su un nostro pensiero diverso da quello delle altre persone, ma finché non andiamo oltre alla paura, non possiamo continuare a lamentarci se il mondo non cambia, se siamo i primi a non voler cambiare per timore della società.

Non esiste una definizione univoca della bellezza: bello è qualcosa che attrae, che colpisce, che spinge a soffermare lo sguardo senza reprimere un senso di meraviglia, addirittura di estasi. Difficile stabilire cosa sia realmente la bellezza, ancora non si è riusciti a comprendere appieno questo concetto, né a definirlo in modo univoco. Da tempo immemorabile filosofi, letterati ed artisti si sono interrogati sul concetto di bellezza femminile ed hanno coniato moltissimi aforismi. Per lo scrittore latino Seneca, la vera bellezza risiede nell’armonia e nella proporzione: “Una bella donna non è colei di cui si lodano le gambe o le braccia, ma quella il cui aspetto complessivo è di tale bellezza da togliere la possibilità di ammirare le singole parti”. Con Seneca concorda il poeta inglese del Settecento Alexander Pope: “Non è un labbro o un occhio quello che chiamiamo bellezza, ma la forza globale e il risultato finale di tutte le parti”. Data l’estrema difficoltà di definire la bellezza, concetto non assoluto ed estremamente mutevole, si può concludere con l’affermazione del celebre artista Munari: “Se volete sapere qualcosa di più sulla bellezza, che cos’è esattamente, consultate una storia dell’arte e vedrete che ogni epoca ha le sue Veneri e che queste Veneri, messe assieme e confrontate fuori dalle loro epoche, sono una famiglia di mostri. Non è bello quel che è bello, disse il rospo alla rospa, ma è bello quel che piace”.

Voglio pensarla in questo modo, donne, accettiamoci! Voglio essere una donna in carne e fiera di avere le mie curve: solo così potrò veramente piacere a chi mi sta attorno.

Giorgia La Fauci, IV E Tur

Nessun commento:

Posta un commento

Scrivi qui il tuo commento: sarà pubblicato dopo la moderazione.