lunedì 23 novembre 2015

Bullismo: la parole e il silenzio

Il termine bullismo deriva dall'inglese “bullying” e descrive un gruppo di persone implicate in molestie nei confronti di un individuo che viene prevaricato e vittimizzato ripetutamente nel corso del tempo, attraverso l'uso della parola, del contatto fisico e della forza. I primi studi riguardanti questi atti vandalici furono svolti soltanto dopo la metà del ventesimo secolo, in particolare per opera di Dan Olweus, e in seguito a una forte reazione dell'opinione pubblica norvegese dopo il suicidio di due studenti che non furono più in grado di tollerare le ripetute offese inflitte da alcuni loro compagni. D'allora il fenomeno è stato oggetto di una crescente attenzione, soprattutto da parte della cronoca giornalistica. Il bullismo è il desiderio deliberato di fare del male, di prevalere su qualcuno attraverso la prepotenza e la violenza, e colpisce soprattutto bambini e adolescenti che sono vittime dei loro stessi coetani. I luoghi più comuni dove tali atti si verificano sono senza dubbio nelle scuole, dove i più deboli sono costantemente presi di mira e vengono emarginati dalla vita scolastica. Un ruolo determinate viene svolto anche dai cosiddetti "spettatori", i quali assistono alle prevaricazioni, ma che spesso non fanno nulla per impedirle ed è per questo che vengono anche definiti come "maggioranza silenziosa". Le scuole hanno la responsabilità di far sentire al sicuro gli studenti poiché il bullismo è un'esperienza che i bambini non dovrebbero provare. Se i comportamenti prepotenti vengono lasciati continuare possono avere un effetto molto negativo sul bambino che sta subendo le prepotenze. Se ai ragazzi è permesso di compiere episodi di bullismo è molto probabile che cresceranno compiendo atti violenti, cercando costantemente il predominio sull'altro. E' importante non sottovalutare il problema ed agire tempestivamente, poiché le conseguenze del fenomeno sul piano psicologico, sia a breve che a lungo termine, possono essere molto gravi e inducono molte volte a uno stato di depressione o nei peggiori dei casi anche al suicidio da parte delle vittime. Ne è un esempio il tragico caso avvenuto nella famiglia Walker, composta dalla mamma Sirdeaner, le sue due figlie Dominique e Gloria, il figlio Charles, la zia Barbara e la nonna Dorkas Ineta Walker. Una famiglia davvero numerosa. Eppure in casa manca una persona molto speciale, che purtroppo non è più con loro. Il 6 aprile del 2009, Carl Walker, il figlio di Sirdeaner, di soli undici anni, si tolse la vita dopo esser stato ripetutamente vittima di bullismo nella sua scuola. D'allora, la famiglia di Carl ha concentrato le proprie energie per aiutare gli altri, trasformando quel tragico evento in qualcosa di positivo col fine di combattere l'ingiustizia sociale. Come il caso della famiglia Walker, ce ne sono molti altri, e vanno trattati. Molti ragazzi si chiudono in se stessi, smettono di avere una vita sociale, affrontano grosse difficoltà in ambito scolastico, si chiudono in casa e cercano di evitare i luoghi dove sono facile preda dei loro aggressori. Il bullismo si può verificare sotto diversi aspetti: attraverso pugni, calci, spintoni, insulti, offese, minacce, prese in giro, pensieri razzisti o sul piano psicologico, che può risultare altresì dannoso per colui che ne è vittima, poiché implica la sua esclusione dai gruppi dei coetanei, l'isolamento o la diffusione di calunnie sul suo conto. E' fondamentale che le persone capiscano l'importanza assoluta della parola, perché l'uso scorretto può portare a episodi spiacevoli che possono recare gravi danni nella vita di qualcuno. Personalmente sono due i fattori che maggiormente mi sconcertano: l'uso volontario della violenza per causare del male a qualcuno in così giovane età, e coloro che davanti a tali atti rimangono in silenzio. Non è possibile che, anche noi giovani ci mostriamo pieni di crudeltà, di odio e prepotenza; in teoria dovremmo vivere ancora in una fase in cui non c'è spazio per i "sentimenti cattivi"; è possibile che il mondo degli adulti ci stia condizionando così tanto da comportarci come loro? Perché non siamo in grado di reagire, di mostrare il nostro dissenso davanti a questi comportamenti? Colui che tace e non fa nulla per evitare la violenza è tanto colpevole quanto colui che compie l'atto. Penso che sia doveroso che ognuno di noi prenda coscienza di tali comportamenti, e che nelle misure delle nostre capacità generiamo cambiamenti che possono essere determinanti nella vita di una persona.
 "Perchè il male trionfi è sufficiente che gli uomini di buona volontà restino in silenzio." 
Edmund Burke

Monica Hernandez V E tur

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