martedì 13 ottobre 2015

Vent'anni e il disincanto

"Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita" 
(Paul Nizan, Aden Arabia, 1931).

Paul Nizan visse durante la prima metà del ventesimo secolo. Fu un grande scrittore, filosofo e saggista francese dallo spirito ribelle. Scrisse Aden Arabia che gli diede un notevole successo, e proprio in questo libro l'autore esprimette la sua rabbia, il suo disagio personale e la sua inconformità nei confronti della società di allora.
Tenendo conto del periodo e del contesto storico in cui visse Paul Nizan, ritengo che la sua adolescenza sia stata marchiata da episodi di estrema crudeltà, in cui non c'era spazio per i giovani di sognare e gustarsi la vita.
Credo sia opportuno tenere presente che molti aspetti della vita di un giovane e la sua crescita formativa possano notevolmente variare in base all'ambito storico, culturale e sociale in cui sta vivendo; c'è però un fattore decisivo che accomuna molti giovani, "l'infelicità". Cambiano i problemi, ma resta sempre la disillusione delle proprie aspettative. Il futuro è incerto e non abbastanza nitido da trasmettere serenità ad una generazione che sta attraversando una delle fasi più decisive della propria vita, in cui si acquisiscono responsabilità, doveri, impegni e serietà.
E' una verità che è stata sempre presente in ogni epoca. Giovani che scappano, giovani che non trovano spazio nella loro società, giovani i cui sogni sono stati frantumati dagli errori degli adulti.
Nessuno a vent'anni deve morire per essersi rifiutato di fare il servizio militare né deve scappare da guerre e conflitti; nessuno a vent'anni deve essere considerato un mezzo di sfruttamento, perchè i giovani devono essere considerati la più grande risorsa del pianeta.
Ci hanno convinto che nulla ha senso, che non vale la pena lottare, ma non è così. Non è vero. Non si può perdere la speranza, qualcosa può sempre cambiare. Se non possiamo incantarci con la vita, stiamo fallendo.
Non è la vita che ha perso il suo incanto, siamo noi che abbiamo perso il piacere per la vita. Crescendo abbiamo perso l'innocenza, l'iniziativa, la capacità di meravigliarci, la fame di progresso, la fede nel futuro, la voglia di cambiare ciò che è necessario cambiare.
Il disicanto è l'arma più potente dei corrotti, dei villani della storia; esso ci allontana, ci isola, ci separa.
Una generazione disincantata è una generazione di morti in vita, una generazione disincantata non si sente utile, crede che al mondo non gli importi nulla se essa esiste o meno. Una generazione disincantata si sente sola.
Per riconciliarsi con la vita, questa generazione deve sapere che è importante, necessaria e decisiva per le generazioni passate e future. Deve sapere che il bello della vita non è il mondo che abbiamo ricevuto bensì quello che possiamo lasciare.
Perchè non è vero che le cose sono così come sono, le cose sono come noi lasciamo che siano. Il mondo cambia, quando noi cambiamo; è dunque fondamentale credere che il cambiamento è possibile.
Ci possono dire che non si può, ci possono dire mille volte no, che questa è la realtà e che al di là di essa non c'è niente, solo un triste disincanto e che noi non possiamo fare nulla per cambiarla.
E' una bugia. Al di là del disincanto, c'è la nostra vita, i nostri sogni e se noi non li realizziamo, qualcun'altro li vive per noi, qualcun'altro si impadronisce dei nostri sogni, della nostra vita.
Mentre cadono bombe che confermano che nulla ha senso, mentre bombardano una generazione disincantata, io scelgo di vivere in un altro modo.
Mentre loro distruggono, uccidono, io voglio vivere diversamente e lottare per la realizzazione dei miei sogni.
 
Monica Hernandez, V E tur

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