martedì 13 ottobre 2015

Parole

"Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.”

Primo Levi scrisse queste parole in “Se questo è un uomo”, libro che scrisse durante la persecuzione ebrea all'interno dei campi di sterminio.
Se dessimo uno sguardo allo stato attuale nel mondo, ci renderemmo conto che ci sono ancora situazioni di orrore dove l'uomo non è più considerato tale, è considerato bestia; uomini che prendono il potere su altri uomini, esattamente come quando il popolo tedesco si credette così superiore da poter emarginare una razza differente, così da far prevalere un'altra razza, l'ariana, considerata dominante. Un esempio sconcertante è l'enorme flusso di rifugiati che scappa, principalmente da territori in guerra, come la Siria, dove, oltre ad essere presente una dittatura terribile come quella di Assad, presente dal 2000, ci sono fenomeni terroristici.
Queste persone scappano dai loro paesi in modi disperati e disparati, si nascondono nei posti più fantasiosi e pericolosi possibile, come nei motori di furgoni o in stive di navi-merci, spesso si affidano a mercenari che promettono loro di guidarli verso uno stato migliore, per poi minacciarli una volta a bordo, derubandoli dei pochi averi che hanno, e coloro che non hanno nulla, sono gettati a mare o abbandonati con una spietatezza disumana.
Al momento, c'è un flusso esorbitante di migranti che si dirigono verso il nord Europa e sono bloccati alle frontiere. L'Unione Europea ha chiesto alla Croazia e all'Ungheria di rimuovere le barriere ai confini, costruite per bloccare il gigantesco arrivo dei rifugiati, ma mentre la Croazia si sta impegnando per rimuoverli, come dichiarato da Zoran Milanovic che provvederà “da oggi a domani per rimuoverle”, l'Ungheria invece non sembra d'accordo sull'idea dell'apertura di un “Corridoio umanitario” che consenta ai rifugiati di oltrepassare i confini.
Un'altra emergenza che sta per presentarsi è un'altra ondata di stranieri, questa volta provenienti dall'Iraq, e l'attuale numero che ammonta a 8 mila profughi al giorno è solamente la punta dell'iceberg; inoltre, al momento, in Iraq ci sono 10 milioni di persone che hanno e avranno necessità di un aiuto umanitario. 
L'essere umano ha una smisurata dote per il moralismo e per la compassione, ma dimentica facilmente. A tutti noi capita di sentire notizie al telegiornale, o di aver visto la foto del bambino senza vita che il mare ha restituito alla terraferma, e di sentire dentro come un senso di vuoto, di preoccupazione, talvolta anche di disgusto nei confronti della malvagità di chi ha un eccesso di potere, ma quanto siamo realmente compassionevoli dietro ai nostri smartphone e dietro ai nostri computer? Quanto ci sta veramente a cuore una situazione che non stiamo in realtà vivendo? Quanto è facile parlare, lamentarsi di stupidaggini, quando qualcuno muore senza un pezzo di pane, senza un tetto sopra la testa?
C'è un sovraffollamento delle zone occupate dagli extracomunitari giunti anche in Italia, che li "gestisce" in centri di accoglienza, soprattutto nelle zone portuali, ma noi cari Italiani, ci siamo dimenticati quando nel secolo scorso siamo partiti con la nostra valigia di cartone dal Sud Italia per cercare lavoro al nord, o quando c'è stata la migrazione verso gli Stati Uniti? Quando eravamo trattati come persone di serie B, discriminati esclusivamente perché Italiani? Dobbiamo ricordarci che noi siamo stati alla fame, ma comunque non potremmo lo stesso comprendere fino in fondo lo strazio di una madre che lascia posto ai suoi bambini sul barcone della speranza, perché sa che, se restassero con lei, avrebbero una morte certa.
Bisogna pensare che "10 milioni", "rifugiati", "fame", "guerra", "barriere", non sono solamente dati statistici, vocaboli astratti, ma sono tutte parole collegate a qualcuno che ha un cuore che batte in petto, qualcuno di disperato che vuole un'unica cosa: sopravvivere.

Erica Benassi, V E Tur

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