Epidemia e panico. Quale dei due crea più danni?
Da molti giorni gira in rete l'hashtag “#iorestoacasa”. Nonostante il pericolo che stiamo correndo noi italiani a causa di questo virus, nonostante questo hashtag e tutte le misure adottate insieme ad esso siano fondamentali per la ripresa dell'Italia, il panico, che può essere scaturito dalla paura del contagio o per paura di non avere viveri necessari, sta generando molti danni.
Ne sono un esempio la fuga al sud dei lombardi o dei residenti in Lombardia in quei giorni, “l'assalto” ai supermercati in piena notte in molte zone d'Italia, la poca consapevolezza del pericolo che stiamo vivendo da parte di molte persone sulle spiagge di Genova.
Sono stati e saranno giorni difficili per tutti. I telegiornali stanno incentrando le loro interviste sui drammatici eventi che il “Coronavirus” ha scatenato, come le ribellioni dei detenuti nelle carceri italiani oppure la paura del contatto con le persone, la paura di uscire anche solo fuori dalla propria porta. In tutto ciò, così come anche in altre occasioni, persone impegnate nel campo sociale e nell'informazione non si sono risparmiati critiche sul comportamento menefreghista dei giovani riguardante l'epidemia. Ad esse sono state associate interviste ad alcuni giovani risiedenti in varie parti d'Italia.
A me dal cuore sorgono delle domande spontanee: nonostante molta gente provi nient'altro che disinteresse riguardo a una emergenza così grande e molto pericolosa, dove siamo noi giovani quando succede un fatto inaspettato nel nostro Paese e ognuno vuole dire la propria?
Dove siamo noi quando chiudono le scuole? Ci chiedete mai se per noi questa cosa sia giusta? Se ci faccia piacere o meno? Se apprezziamo i nuovi metodi di studio che si stanno applicando in questo momento, nonostante la loro obbligatorietà?
Quello che è evidente è il fatto che i giovani dei giorni d'oggi vengono considerati solamente per comportamenti irresponsabili di alcuni o interpellati per rispondere di qualcosa che non compete loro. In un Paese come l'Italia, che in questo momento è costernato dalla paura, la parola dei giovani equivale a un relitto in fondo al mare. Mentre magari hanno facoltà di parlare persone che non si vergognano di sparare delle assurdità pericolose. Per fare un piccolissimo esempio cito il professor Vittorio Sgarbi, che sui social network ha affermato la falsità del virus: “Il virus è un bluff. Uscite e divertitevi”. Incredibile.
Facciamoci tutti quanti delle domande signore e signori, del perché scandalizzi di più la non completa preoccupazione da parte di alcuni giovani piuttosto che il menefreghismo totale di persone che giocano importanti ruoli nel nostro Paese, o l'incoscienza di abitanti del nord Italia che, per salvare loro stessi, scappano dalle zone più pericolose, mettendo in pericolo altre persone di regioni diverse.
Concentriamoci sulle cose serie, sia nostre sia quelle da attuare per il bene comune.
Eliminiamo il panico dalle nostre menti e rispettiamo le regole imposte in questa emergenza, per riuscire a risollevarci l'uno con la forza dell'altro. Molte persone, come medici, dottoresse o infermieri, ci stanno offrendo la guarigione, lavorando strenuamente e mettendo a repentaglio la propria stessa salute. Molta gente oggi sta lottando, ma nonostante ciò non sono state e non saranno buone giornate per ancora un po' di tempo.
Andrea Fiorese, II A LES
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