E
così, siamo giunti anche alla fine di questo lungo anno scolastico: manca
ancora una settimana e i corridoi della nostra scuola sono popolati da ragazze
già con la pelle abbronzata dal sole, e da ragazzi con pantaloncini e magliette
a mezze maniche.
Sono
gli ultimi giorni, le ultime interrogazioni, gli ultimi voti, gli ultimi
sacrifici, e poi la tanto attesa “tregua da scuola”.
Poi
veniamo noi di quinta, che per la prima volta in tutti questi anni, non sentiamo
ancora del tutto l’aria di vacanze.
A
guardarmi indietro, sono stati lunghi questi cinque anni, eppure mi ritrovo già
qui a scrivere di momenti che, nella mia memoria, è come se fossero accaduti
soltanto ieri.
In
un mio articolo passato, parlavo dell’ironia del tempo, citando il primo giorno
di classe prima: e voi lo ricordate? Seduti in auditorium ad aspettare che il
preside pronunciasse il vostro nome per salire su, nelle nuove classi. Ricordo
perfettamente come mi sentivo, agitata e felice al tempo stesso, e soprattutto
che posto occupavo: ultima fila nell’ala sinistra, la seconda sedia, poiché la
prima era rotta. Avevo conosciuto una ragazza della sezione C, che però non mi
ha mai più riconosciuta. Facevamo ‘progetti’ su quel nuovo inizio mentre fissavamo
gli altri nostri coetanei, in quell’auditorium tanto grande, che ora ci sembra
tanto piccolo.
E
quanti compagni abbiamo perso e lasciato indietro, nel corso di questi anni… Il
primo anno ero tanto felice di aver trovato un gruppetto di amici, eravamo in
cinque, tutti vicini di banco. Con tre di loro avevo formato un trio ancora più
stretto: eravamo le tre escluse dalla classe, e avevamo solo noi su cui
contare, forse è questo che più ci ha unito. Ma purtroppo, non tutte le cose
belle durano per molto. Rammento ancora con tristezza quella mattina in cui
tutti loro mi avvisarono di essere stati bocciati. E io passai l’estate a
sperare nell’arrivo di un nuovo compagno di classe, giusto per ricominciare da
capo con qualcuno.
E
questo “qualcuno” per fortuna arrivò. Ma fu un anno molto pesante, che faccio
ancora ora fatica a dimenticare, soprattutto quando dopo cinque mesi rimasi da
sola, nuovamente, poiché la nuova arrivata decise di ritirarsi dopo diversi
episodi che ci colpirono, a cui lei però non era abituata, mentre a me hanno
fortificato.
E
poi la tanto attesa terza. Non so voi, ma io non vedevo l’ora di iniziare le
materie d’indirizzo e l’alternanza scuola-lavoro. Questo fu l’anno in cui
cominciai ad avere amicizie in altre classi, e a differenza dei due anni
passati, questa volta il mio compagno di banco è rimasto tale fino ad oggi.
E
che dire della quarta, l’anno della pre-svolta, dove già veniamo catapultati a
pensare a scelte del futuro. Rimarrà un bel ricordo quello legato all’alternanza,
la soddisfazione di quando, dopo il mese di stage, hanno ricontattato la scuola
perché mi volevano ancora in hotel con loro. Mi trovavo lì, quando scoprii che
un mio articolo che avevo scritto per la scuola, era stato pubblicato sul Secolo
XIX! Lo lessi a tutti in hotel, e per me questa pubblicazione rimarrà sempre il punto d’inizio di un qualcosa che non voglio ancora finire.
E
in un modo o nell’altro, ci ritroviamo in quinta, a fare da cavie per il nuovo
esame. Durante l’anno alcuni professori ci hanno trasmesso molta ansia, ansia che oggi
ci porta a pensare alla prova che ci attende in maniera molto negativa, quasi temendola.
Con
un po’ di gioia, ma anche con dispiacere, non abbiamo lasciato indietro solo
compagni, ma anche professori.
Ringrazio
molto coloro che fin dal primo anno hanno creduto in me e mi hanno apprezzato,
senza ostacolarmi, ma soprattutto chi, oltre che a spiegare la lezione, sa
anche ascoltare. In particolare, voglio dire grazie ad alcune di loro, ognuna
per motivi diversi. La professoressa d’italiano, Corbo, per avermi dato la
possibilità di scrivere su questo giornalino, frutto dei miei primi lavori
pubblicati. Non dimenticherò mai la gioia di quando leggevo sulla pagina
facebook della scuola, il mio nome accostato ad un mio articolo. La
professoressa di discipline turistiche aziendali, Vetuschi, per aver creduto in
me, soprattutto nel campo dell’alternanza. La professoressa d’inglese, Gallino, per
essere stata l’unica ad avermi fatto amare maggiormente le lingue e il turismo,
uno dei motivi principali della mia scelta dell’università, poiché confido nel
fatto di trovare qualcuno che le sappia trasmettere come lei. E infine, ma non ultima,
la professoressa Garuti, persona molto gentile e disponibile. Mai avrei pensato
di appassionarmi anche alla matematica, ma così è stato, grazie al suo modo di
spiegare, all’impegno e alla disponibilità che ci mette, riguardante la sua
materia e non solo, e questi, a mio parere, dovrebbero essere gli strumenti di ogni
professore.
Una
critica alla scuola, però, la voglio fare: sarebbe più giusto che noi studenti
avessimo l’opportunità di avere una continuità con tutti i professori e per tutte le discipline. La mia
classe, ad esempio, è stata particolarmente sfortunata in questo, avendo cambiato diversi docenti ogni anno, in diverse materie.
Sono
giunta ai saluti. Tra pochi giorni la scuola finirà e cambieranno le mie
abitudini. Nonostante tutto rimarrà un bel ricordo, mi mancherà avere un banco
tutto mio (sempre nello stesso posto per cinque anni) e camminare tra quei
corridoi grigi.
Il
mio consiglio, cari lettori, è sempre questo: godetevi questi anni che, potrebbe non sembrare,
ma passano velocemente.
Per
l’ultima volta,
Lucia Schifano, V E tur
Nessun commento:
Posta un commento
Scrivi qui il tuo commento: sarà pubblicato dopo la moderazione.