Informarsi è sempre il modo migliore per capire un problema e non avere pregiudizi al proposito. Orgogliosa dei miei redattori, pubblico questo loro articolo (GC)
Il Mar Mediterraneo è
sempre stato, storicamente, il ponte d’acqua tra l’Africa, l’Oriente e l’Europa.
Il fenomeno delle migrazioni, però, cresce in modo esponenziale a partire dagli
anni Novanta, periodo nel quale le politiche europee che riguardano i visti d’ingresso
diventano più restrittive, permettendo un ingresso regolare solo ad un più
ristretto numero di persone.
Così, per potersi spostare,
in quegli anni, i migranti - provenienti dall’Africa e dal Medio Oriente -
cominciano ad essere costretti ad affrontare pericolosi viaggi per mare, in
imbarcazioni di fortuna, per lo più vecchi pescherecci, o gommoni.
Tre sono i principali punti
di accesso al continente europeo, le coste spagnole a ovest, le coste italiane
al centro, e le coste orientali ad est, mentre quattro sono le rotte più
battute all’interno del Mediterraneo. La prima collega l’area intorno a
Tripoli, capitale libica, alla Sicilia, a Malta e a Lampedusa; la seconda parte
dalle città di Susa e Sfax, in Tunisia, per giungere a Lampedusa; la terza
unisce altre due località tunisine, Biserta e Capo Bon, a Pantelleria; la
quarta conduce in Sicilia e Calabria a partire dall’Egitto. Ve ne sono poi
altre minori: più sono aumentati i controlli e i rischi, più i migranti hanno
dovuto cercare rotte alternative. Per percorrerle, tuttavia, è comunque
impossibile evitare di affrontare il mare ed i suoi pericoli.
L’Italia rappresenta, per
la sua posizione geografica, una delle mete più vicine da raggiungere. Se al
principio degli anni Novanta i cittadini tunisini prima, e in generale
africani, poi, si imbarcavano alla volta di Lampedusa, la situazione muta
radicalmente nel 1998. Per contrastare l'immigrazione illegale, l’Italia e la
Tunisia infatti firmano, il 6 agosto di quell’anno, un accordo riguardo “l’ingresso
e la riammissione delle persone in posizione irregolare”: l’Italia fornisce
alla Tunisia mezzi economici e materiali per realizzare “centri di permanenza”
sulle coste tunisine. In realtà questa strategia interrompe la rotta tunisina,
ma non fa che spingere più a sud, ovvero in Libia, le partenze. Stando così le
cose, l’Italia firma dunque accordi anche con la Libia, al fine di ridurre o
impedire gli sbarchi, finanziando, come aveva fatto per la Tunisia, la
costruzione di centri di detenzione dei migranti, che saranno oggetto di
discussione quando talune fonti denunceranno gli abusi della polizia libica
proprio all’interno di tali centri.
In Italia, Guardia
Costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare cercano di intercettare tutte le
imbarcazioni provenienti da sud, per scortarle poi a Lampedusa. Qui i migranti
sono tenuti da 2 a 15 giorni in centri di prima accoglienza, per poi essere
smistati in varie zone del territorio italiano.
Lampedusa è una meta ambita
poiché, sostanzialmente, è la più vicina: infatti risulta essere il centro
abitato più meridionale dell’Italia, e si trova a soli 113 km dalla Tunisia.
Nonostante il grande rumore
mediatico intorno alla questione dell’immigrazione via mare, paragonata da
alcuni giornali ad una sorta di “invasione”, in realtà i dati ci dicono che
solo il 15% degli immigrati che si trovano in Italia, senza permesso di
soggiorno, sono giunti attraverso le rotte mediterranee. La maggior parte degli
altri, il restante 85%, è arrivato invece con un regolare visto turistico, che
poi è stato fatto scadere. Inoltre, a fronte dei 20.500 sbarchi illegali del
2007, bisogna considerare che il nostro paese, nello stesso anno, ha legalmente
concesso l’ingresso sul proprio territorio a ben 170.000 lavoratori stranieri,
e ad altri 80.000 lavoratori stagionali.
Come dire
che i migranti illegali sono meno di un decimo di quelli legali. Tra il 1997 e
il 2013 il numero totale di sbarchi in Italia è stato quantificato, a seconda
degli anni, tra i 20.000 e i 50.000. Tra il 2014 ed il 2017, invece, il numero
di sbarchi ha subito un’impennata, attestandosi tra i 100.000 e i 180.000.
Infine, l’anno scorso, se ne è registrata una drastica riduzione, 20.000 circa. Purtroppo
non tutti i viaggi hanno un esito f e l i c e .
Spesso e volentieri, queste imbarcazioni vengono stipate di persone all’inverosimile dagli
organizzatori, anche perché vi è un grosso interesse economico: non si rischia
la vita gratis!
Dal 1988 sarebbero morte
nel solo Canale di Sicilia 2962 persone, mentre solo nel 2015, in tutto il
Mediterraneo, sono morte ben 3770 persone.
Quando le imbarcazioni
arrivano, a volte vengono soccorse dalle nostre forze, come ad esempio la
Guardia Costiera, mentre in altre occasioni sono le ONG (Organizzazioni Non
Governative) che, pattugliando il mare con le proprie navi, prestano aiuto ai
migranti. Recente è stato il caso OpenArms: l’ONG aveva recuperato in mare 300
migranti che provenivano da tre imbarcazioni alla deriva. Il problema è
diventato più grande quando, dal 22 dicembre, la nave OpenArms è stata
costretta a restare in mare, senza approvvigionamenti, perché nessun paese
europeo concedeva lo sbarco nei propri porti. Ha fatto molto clamore, poi, il
fatto che vi fosse, a bordo della nave, una giovane migrante con il proprio
bimbo, nato da soli due giorni: il fatto che il Primo Ministro italiano,
Salvini, abbia negato lo sbarco anche al bimbo e a sua madre, è stato oggetto
di indignazione da parte di molti esponenti del governo. Alla fine il bimbo e
la mamma sono stati portati in elicottero a Malta. Tutti gli altri migranti,
invece, sono stati infine accolti dalla Spagna.
Ma non sempre i migranti
sono così fortunati. La notte del 18 aprile 2015, un’imbarcazione eritrea
utilizzata per il trasporto di migranti fa naufragio. Era un’imbarcazione alta
23 metri, divisa in tre livelli, ovviamente pieni di persone. Quando la barca
si trova a 100 km dalla Libia e circa 200 da Lampedusa, si rende conto di
essere in difficoltà, e così viene inviata una richiesta d’aiuto. Il Comando
della Capitaneria di Porto ordina al mercantile portoghese King Jacob, che era
vicino, di andare a verificare la situazione. I portoghesi raccontano che,
quando si sono avvicinati al barcone dei migranti, tutte le persone a bordo si
sono agitate moltissimo nella speranza di essere salvate, e per questo si sono
mosse, causando il capovolgimento dell’imbarcazione. Secondo invece l’Alto
Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il barcone si è rovesciato a
causa dell’onda generata dalla King Jacob in avvicinamento veloce: l’imbarcazione
piena di migranti, già instabile di suo, avrebbe per quell’onda perso del tutto
l’equilibrio. Infine, secondo la Procura della Repubblica di Catania, le due
navi, l’imbarcazione eritrea e la King Jacob portoghese, hanno avuto una
collisione causata dalle manovre errate del comandante della prima. Il sovraffollamento
avrebbe poi fatto il resto. Poco importa, forse, alla fine, la dinamica: quel
che conta è che, quella notte, sono morte 58 persone, ne sono scomparse,
inghiottite dal mare, tra le 700 e le 900 (ed è come se fossero morte, in fin
dei conti…), e se ne sono salvate solo 28.
Il Mar Mediterraneo è
infatti tristemente noto come il “Cimitero dei Migranti”, proprio a causa di
queste terribili disgrazie.
L’immigrazione, in Italia, è spesso presentata
come un’invasione, anche se, a vedere i dati, l’Italia si attesta al 12° posto
tra i paesi destinazione di migranti. È anche comprensibile che non si trovi in
una posizione troppo bassa, poiché l’Italia fa parte dell’occidente ricco. La
percentuale di stranieri sulla popolazione italiana totale è dell’8,3%: in
Francia è dell’8,9%, mentre in Spagna è del 13,8%, e in Germania del 12%. Per
fare un paragone col resto del mondo, gli Stati Uniti hanno un 14.3% di
immigrati, e l’Arabia Saudita addirittura un 25,25% di stranieri sul totale. È
vero che, per le stime italiane, bisogna considerare anche gli irregolari, i
quali però sono quantificati in circa 650.000 persone al 2007: fatti tutti i
conti, gli irregolari sono circa l’8% sul totale degli stranieri in Italia.
L’avversione nei confronti
dei migranti sfrutta la paura del diverso, il terrore che tale diversità possa
minacciare i nostri diritti, e certamente non aiutano la causa dell’immigrazione
la crisi economica, e la sensazione dunque che non vi sia lavoro, né risorse,
da condividere con altri. Però, al di là dei vuoti slogan da propaganda, i
numeri parlano chiaro, non siamo di fronte ad un’invasione. Al contrario, la
migrazione è stata sempre il motore dell’evoluzione umana: l’uomo preistorico
lasciò la Rift Valley per spostarsi in Mesopotamia, e secoli dopo Colombo
giunse in America, aprendo la via ad un nuovo Mondo. Viviamo in una società che
deve i numeri agli arabi, la carta ai cinesi e agli egizi, i componenti
elettronici all’oriente, e così via: ogni popolo ha contribuito in qualche modo
al progresso dell’umanità. Ostacolare le migrazioni e gli scambi culturali che
esse comportano è come opporsi alla Storia, e all’attuale globalizzazione.
Certo, bisogna imparare a convivere con culture diverse, e a volte, come
dimostrano i tanti conflitti del pianeta, non è semplice. Ma dovrebbe essere
obiettivo di ognuno operare nella direzione della convivenza civile e pacifica,
con tutti, di qualunque colore, religione o provenienza essi siano.
mini-redazione della II A LES formata da
Francesco Crescenzi, Carolina Città, Orsela Lala, Simone Mantero, Emanuele Sisinni
FONTI
https://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/07/14/immigrazione-irregolare-quanti-clandestini/? refresh_ce=1
https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-05/migranti-54-milioni-residenti-e-500mila-irregolari-detenuto-tre-e-straniero-150359.shtml?uuid=AEQYWfuD
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