QUI la sesta puntata
SESTO GIORNO
Mattutino
La mattina, come al solito, tutti i monaci si dirigono
in chiesa per l’ufficio di mattutino, ma questa volta Malachia non c’è. Tutti
temono il peggio, ma dopo un po’ egli arriva. Però, poco dopo il suo arrivo,
cade a terra, moribondo. Guglielmo fa appena in tempo ad udire le sue ultime
parole sul potere di mille scorpioni che qualcosa, forse il libro, ha. Anche il
bibliotecario ha le dita e la lingua nerastre.
Laudi
L’Abate nomina Nicola come nuovo cellario e ordina a
Bencio di sorvegliare che i monaci continuino il loro lavoro nello scriptorium
e che nessuno entri in biblioteca. Alla chiusura della biblioteca ci avrebbe
pensato l’Abate. Intanto sembra che il gruppo degli italiani, composto da
Aymaro, Alinardo, Pacifico e Pietro, stia tramando per deporre l’Abate.
Prima
Per parlare a Nicola, Guglielmo e Adso lo seguono
nella cripta dove sono custodite le ricchezze dell’abbazia, e quello racconta
loro delle successioni di abati e bibliotecari avvenute in passato e di come il
bibliotecario divenga automaticamente abate, fatta eccezione per Abbone, in
quanto era stato raccomandato. Prima di lui c’era stato Paolo da Rimini, mentre
bibliotecario era Roberto da Bobbio, il quale aveva un’aiutante; dopo
quest’ultimo divenne bibliotecario Malachia. Poi Nicola mostra ai visitatori le
meravigliose reliquie custodite nella cripta, ma Guglielmo insinua che non
tutte siano originali. Infine Guglielmo va nello scriptorium a leggere dei
libri che aveva già preso.
Terza
Adso va in chiesa a pregare per l’anima di Malachia,
ma si addormenta mentre si canta il “Dies irae” e ha una visione, o sogno che
sia, in cui molti personaggi, tra cui alcuni della Bibbia e dell’abbazia,
partecipano ad una pazza festa.
Dopo terza
Risvegliatosi, Adso trova Guglielmo che saluta i francescani,
i quali stanno per partire. La delegazione papale, invece, era già andata via
mezz’ora prima. Poi gli racconta il suo sogno e Guglielmo gli ricorda che la
trama del sogno è la stessa della Coena Cypriani, che appartiene alla
tradizione dei ioca monachorum, proibita dai maestri dei novizi. Dice che trova
il sogno rivelatore per una sua ipotesi.
Sesta
Guardando il catalogo dei libri e notando la
differente grafia nel corso degli anni (in quanto i libri sono ordinati per
anno di arrivo all’abbazia), Guglielmo riesce a ricostruire gli avvicendamenti
dei bibliotecari e intuisce che, dopo Paolo da Rimini ma prima di Roberto da
Bobbio, è stato bibliotecario un’altra persona, la stessa che Alinardo odia
perché gli aveva rubato l’incarico, ingraziandosi l’abate portando molti libri
da Silos. Poi Bencio confessa di temere per la sua vita a causa del gruppo
degli italiani, che non vogliono bibliotecari stranieri, ma Guglielmo lo
rassicura e apprende da lui che la parte in greco del libro che cerca è fatta da
fogli di pergamina de pano, un materiale che fanno in pochi posti.
Nona
Quindi Guglielmo e Adso vanno a parlare all’Abate, che
li invita nella sua casa. Guglielmo gli espone le sue supposizioni su qualcuno
che ucciderebbe per nascondere un libro nascosto nel finis Africae e gli chiede
se conosce una persona che sa sulla biblioteca quanto, se non più, di lui. Ma
Abbone, invece di rispondergli, lo congeda bruscamente dicendogli di partire la
mattina successiva e che avrebbe risolto la faccenda per conto proprio. A quel
punto Guglielmo esce non poco adirato e decide che quella notte avrebbe
scoperto il mistero dell’abbazia, che l’Abate voleva celare per salvare l’onore
di essa. In quel momento vedono diversi monaci affollarsi davanti alla
residenza abbaziale e alcuni entrarvi, alchè capiscono che l’Abate ha preso in
mano la situazione. Poi Guglielmo ordina ad Adso di sorvegliare le stalle
perché, seguendo la pista dei versetti dell’Apocalisse, la sesta tromba ha a
che fare con i cavalli, mentre il maestro va a riposarsi.
Tra vespro
e compieta
A vespro, in chiesa, mancano Jorge e Alinardo, ma solo
il primo non si trova, l’altro è infermo: per questo l’Abate è inquieto e molto
nervoso. Dopo cena ordina a tutti con estrema severità di non aggirarsi per
l’abbazia quella notte. Nonostante ciò Guglielmo e Adso entrano in chiesa.
Dopo compieta
I due aspettano per un’ora che l’Abate
esca dall’ossario dopo aver chiuso le porte dell’Edificio, ma ciò non avviene,
così vanno alle stalle e qui, per caso, Adso cita una frase di Salvatore
(“tertius equi”) che fa illuminare Guglielmo. Allora lo fa andare a prendere i
lumi e in chiesa gli spiega il significato della misteriosa frase di Venanzio («Secretum finis Africae manus supra
idolum age primum et septimum de quatuor»),
che si riferisce alle lettere Q ed R della parola “quatuor”, la quale fa parte
del cartiglio sopra lo specchio nella stanza cieca del torrione meridionale.
Arrivati alla fine del passaggio che passa per l’ossario, sentono dei colpi
provenire dall’interno del muro e intuiscono che qualcuno per andare al finis
Africae ha usato un’altro passaggio segreto, oltre lo specchio, e vi è rimasto
intrappolato perché un altro, da sopra, deve avere bloccato il meccanismo.
Finalmente riescono ad aprire il passaggio per il finis Africae attraverso lo
specchio spingendo le lettere Q ed R ed entrano nella stanza segreta.
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