martedì 3 maggio 2016

Un romanzo a puntate - IL NOME DELLA ROSA - Settima puntata (SESTO GIORNO)


QUI la sesta puntata

SESTO GIORNO

Mattutino
La mattina, come al solito, tutti i monaci si dirigono in chiesa per l’ufficio di mattutino, ma questa volta Malachia non c’è. Tutti temono il peggio, ma dopo un po’ egli arriva. Però, poco dopo il suo arrivo, cade a terra, moribondo. Guglielmo fa appena in tempo ad udire le sue ultime parole sul potere di mille scorpioni che qualcosa, forse il libro, ha. Anche il bibliotecario ha le dita e la lingua nerastre.
Laudi
L’Abate nomina Nicola come nuovo cellario e ordina a Bencio di sorvegliare che i monaci continuino il loro lavoro nello scriptorium e che nessuno entri in biblioteca. Alla chiusura della biblioteca ci avrebbe pensato l’Abate. Intanto sembra che il gruppo degli italiani, composto da Aymaro, Alinardo, Pacifico e Pietro, stia tramando per deporre l’Abate.
Prima
Per parlare a Nicola, Guglielmo e Adso lo seguono nella cripta dove sono custodite le ricchezze dell’abbazia, e quello racconta loro delle successioni di abati e bibliotecari avvenute in passato e di come il bibliotecario divenga automaticamente abate, fatta eccezione per Abbone, in quanto era stato raccomandato. Prima di lui c’era stato Paolo da Rimini, mentre bibliotecario era Roberto da Bobbio, il quale aveva un’aiutante; dopo quest’ultimo divenne bibliotecario Malachia. Poi Nicola mostra ai visitatori le meravigliose reliquie custodite nella cripta, ma Guglielmo insinua che non tutte siano originali. Infine Guglielmo va nello scriptorium a leggere dei libri che aveva già preso.
Terza
Adso va in chiesa a pregare per l’anima di Malachia, ma si addormenta mentre si canta il “Dies irae” e ha una visione, o sogno che sia, in cui molti personaggi, tra cui alcuni della Bibbia e dell’abbazia, partecipano ad una pazza festa.
Dopo terza
Risvegliatosi, Adso trova Guglielmo che saluta i francescani, i quali stanno per partire. La delegazione papale, invece, era già andata via mezz’ora prima. Poi gli racconta il suo sogno e Guglielmo gli ricorda che la trama del sogno è la stessa della Coena Cypriani, che appartiene alla tradizione dei ioca monachorum, proibita dai maestri dei novizi. Dice che trova il sogno rivelatore per una sua ipotesi.
Sesta
Guardando il catalogo dei libri e notando la differente grafia nel corso degli anni (in quanto i libri sono ordinati per anno di arrivo all’abbazia), Guglielmo riesce a ricostruire gli avvicendamenti dei bibliotecari e intuisce che, dopo Paolo da Rimini ma prima di Roberto da Bobbio, è stato bibliotecario un’altra persona, la stessa che Alinardo odia perché gli aveva rubato l’incarico, ingraziandosi l’abate portando molti libri da Silos. Poi Bencio confessa di temere per la sua vita a causa del gruppo degli italiani, che non vogliono bibliotecari stranieri, ma Guglielmo lo rassicura e apprende da lui che la parte in greco del libro che cerca è fatta da fogli di pergamina de pano, un materiale che fanno in pochi posti.
Nona
Quindi Guglielmo e Adso vanno a parlare all’Abate, che li invita nella sua casa. Guglielmo gli espone le sue supposizioni su qualcuno che ucciderebbe per nascondere un libro nascosto nel finis Africae e gli chiede se conosce una persona che sa sulla biblioteca quanto, se non più, di lui. Ma Abbone, invece di rispondergli, lo congeda bruscamente dicendogli di partire la mattina successiva e che avrebbe risolto la faccenda per conto proprio. A quel punto Guglielmo esce non poco adirato e decide che quella notte avrebbe scoperto il mistero dell’abbazia, che l’Abate voleva celare per salvare l’onore di essa. In quel momento vedono diversi monaci affollarsi davanti alla residenza abbaziale e alcuni entrarvi, alchè capiscono che l’Abate ha preso in mano la situazione. Poi Guglielmo ordina ad Adso di sorvegliare le stalle perché, seguendo la pista dei versetti dell’Apocalisse, la sesta tromba ha a che fare con i cavalli, mentre il maestro va a riposarsi.
Tra vespro e compieta
A vespro, in chiesa, mancano Jorge e Alinardo, ma solo il primo non si trova, l’altro è infermo: per questo l’Abate è inquieto e molto nervoso. Dopo cena ordina a tutti con estrema severità di non aggirarsi per l’abbazia quella notte. Nonostante ciò Guglielmo e Adso entrano in chiesa.
Dopo compieta

I due aspettano per un’ora che l’Abate esca dall’ossario dopo aver chiuso le porte dell’Edificio, ma ciò non avviene, così vanno alle stalle e qui, per caso, Adso cita una frase di Salvatore (“tertius equi”) che fa illuminare Guglielmo. Allora lo fa andare a prendere i lumi e in chiesa gli spiega il significato della misteriosa frase di Venanzio («Secretum finis Africae manus supra idolum age primum et septimum de quatuor»), che si riferisce alle lettere Q ed R della parola “quatuor”, la quale fa parte del cartiglio sopra lo specchio nella stanza cieca del torrione meridionale. Arrivati alla fine del passaggio che passa per l’ossario, sentono dei colpi provenire dall’interno del muro e intuiscono che qualcuno per andare al finis Africae ha usato un’altro passaggio segreto, oltre lo specchio, e vi è rimasto intrappolato perché un altro, da sopra, deve avere bloccato il meccanismo. Finalmente riescono ad aprire il passaggio per il finis Africae attraverso lo specchio spingendo le lettere Q ed R ed entrano nella stanza segreta.

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