lunedì 14 marzo 2016

"Volevamo vedere l’effetto che fa"

Manuel Foffo, di 29 anni, e Marco Prato, di 30 anni, sono gli organizzatori di una festa a base di sesso, alcool e cocaina organizzata a casa di Foffo sul Collatino a Roma. La sera di venerdì 4 marzo, sotto l’effetto di droghe, non trovando nessuno a loro parere adatto decidono di invitare Luca Varani, amico 23enne di uno dei due. Per convincerlo ad unirsi a loro, gli propongono 120 euro in cambio di prestazioni sessuali. Lo scopo, in realtà, è uccidere qualcuno “per vedere l’effetto che fa”. A Luca, appena entrato in casa, viene offerto un cocktail contente un sonnifero che gli fa perdere i sensi. Viene accoltellato e colpito con un martello più volte, Foffo gli recide le corde vocali per impedirgli di gridare; infatti i vicini sostengono di non aver sentito nulla quella sera. I due assassini riescono addirittura ad addormentarsi accanto al cadavere. Al risveglio, sabato mattina, gettano il cellulare e gli indumenti di Varani nel cassonetto. Foffo sentendosi in colpa, si autodenuncia alle forze dell’ordine; Prato, pentito, decide di togliersi la vita in un hotel, ma la confessione di Foffo sventa il tentativo. Varani viene ritrovato quella mattina nudo, con una corda intorno al collo e molte ferite al petto.
Gli inquirenti escludono si tratti di un gioco erotico, sembra piuttosto un esperimento di crudeltà, un gioco di sopportazione del dolore. Non trovano alcun movente all’omicidio accaduto. Le indagini sul delitto sono ancora in corso, perciò non è chiaro cosa sia successo precisamente. I carabinieri devono ancora confermare che gli accusati non abbiano avuto la capacità di intendere e di volere nel momento dell’omicidio.
Da quanto si è appreso, Prato e Foffo hanno comprato a 1800 euro 26 grammi di cocaina, di cui hanno fatto uso insieme ad alcool, ininterrottamente in soli 48 ore. I due ragazzi si accusano a vicenda, Foffo afferma che un proposito che ha sempre maturato tra sé, ma che non ha mai pensato di realizzare era sempre stato di uccidere qualcuno, l’assunzione di droghe gli ha permesso di attuare con l’amico questo piano.
Il fatto accaduto è straziante, frutto di pura cattiveria. Ovviamente alcool e droga sono stati tra i fattori scatenanti, ma non solo; per arrivare a torturare una persona e ucciderla senza motivo bisogna non stare bene con sè stessi, significa che nella vita non si è riusciti a capire la differenza tra il bene e il male e non si sono appresi valori significativi dalle buone azioni. Bisognerebbe, oltre a punire queste persone attraverso una sentenza, cercare di aiutarle a capire i loro sbagli e sensibilizzarle affinché non si ripetano più. Sicuramente bisogna aumentare la prevenzione all’utilizzo di sostanze stupefacenti che non solo non portano il benessere sperato, ma aumentano il proprio malessere, alterano completamente il cervello e possono portare ad azioni non volute. Io spero che le persone che hanno letto questo articolo abbiano appreso dove sta il buon senso così da non sentire e vedere mai più fatti del genere.
Sara Ferrari III E tur

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