giovedì 3 dicembre 2015

TRE ALUNNE DELLA IV C TUR A STRASBURGO!!!!

Sicuramente liguri, certamente italiani, ma anche cittadini europei.
Il Consiglio regionale - Assemblea legislativa indice ogni anno un concorso rivolto agli studenti dal terzo al quinto anno delle scuole secondarie di secondo grado della Liguria: l'obiettivo è far conoscere meglio ai giovani i valori fondanti, le istituzioni, l'evoluzione e le prospettive dell'Unione europea.
Il concorso, istituito con legge regionale n.35 del 6 agosto 1996, mette in palio un viaggio-premio presso le istituzioni europee per i trenta studenti che hanno presentato i migliori elaborati. I vincitori sono accompagnati nel viaggio da una delegazione regionale.
ALICE GARDELLA, LAURA GAIDA, CLAUDIA AGOSTI della IV C TUR sono le tre vincitrici del concorso "Diventiamo cittadini europei: trenta giovani al parlamento europeo" e tra poco si recheranno a Strasburgo accompagnate dalla Prof.ssa Marcella Galassi.
Pubblichiamo qui i tre elaborati vincenti.


“IN QUEL MOMENTO MI SONO SENTITO DAVVERO EUROPEO”


1) Lo scorso anno ho fatto un viaggio che mi ha segnato nel profondo. Attraverso quel viaggio ho capito davvero di far parte di una comunità. La Comunità Europea.
Tutto è iniziato il 1 settembre 2014, quando, navigando sul web, trovai un’offerta: un tour dell’Europa in un mese. Il tour prevedeva la visita delle principali città europee, l’alloggio in Bed&Breakfast e un accompagnatore turistico che avrebbe seguito il gruppo per tutta la durata del viaggio. In quel momento pensai che era il mio giorno fortunato e che non avrei dovuto perdere quell’occasione straordinaria. Il tour sarebbe iniziato l’1 ottobre, quindi avevo un mese per organizzare questo viaggio. Mi iscrissi subito al sito, feci la prenotazione online e stampai il biglietto. 
Il mese di settembre passò molto rapidamente e si avvicinò il giorno della partenza, ero emozionatissima!
Quel giorno arrivò e partii al mattino presto per recarmi nel luogo di ritrovo, l’aereoporto di Milano. Lì incontrai il mio gruppo e l’accompagnatore con cui avrei trascorso la mia esperienza più grande; eravamo in venti. 
L’aereo decollò poche ore dopo e la prima tappa fu Lisbona, in Portogallo. Ogni tappa durava due giorni, dopo di che saremmo partiti alla volta di nuove città. Successivamente a Lisbona visitammo Madrid, Parigi, Roma, Londra, Dublino, Bruxelles, Amsterdam, Oslo, Stoccolma, Vienna, Praga, Mosca, Istanbul e Atene. 
Durante la visita potevamo ammirare i monumenti più importanti, i musei, i centri storici, i locali caratteristici e le bellezze naturali. Oggi posso affermare che l’Europa è meravigliosa. 
Uno dei primi aspetti che mi ha fatto capire di essere all’interno di questa comunità, è stato il fatto che in ogni città potevi parlare una sola lingua, l’inglese, e le persone ti capivano, così riuscivi a dialogare senza sentirti “escluso”. 
Un altro elemento importante è la moneta unica: l’euro. Nella maggior parte delle città in cui sono stata potevo utilizzare il metodo di pagamento che conosco meglio e con cui mi trovo bene, acquistando facilmente quello che mi piaceva. 
Anche il cibo è una caratteristica fondamentale che unisce i diversi Paesi europei. In tutte le città si possono trovare enormi varietà di prodotti tipici e assaggiare sempre cose diverse estremamente buone. Lungo le vie ci sono molti negozi in cui si possono comprare prodotti alimentari e bancarelle dove provare lo “ street food” della zona, oltre ai numerosi ristoranti.
Persino i mezzi di trasporto fanno sentire un individuo inserito in un contesto familiare, in quanto collegano le principali mete in modo semplice e veloce. In poco tempo puoi raggiungere la città europea che vuoi visitare.
Infine c’è la gente del posto, che ti fa sentire come se fossi a casa. Ti accoglie nel proprio paese con un sorriso, ti aiuta se sei in difficoltà e ti fornisce informazioni di ogni genere. 
Tutto questo comporta una strana felicità, un’emozione forte inconsapevole, che però esiste nell’animo di ognuno di noi. L’emozione di essere nato in un continente unito, multiforme e ricco di cose da fare e da scoprire giorno per giorno. Un continente che ospita una grande comunità che si rispetta e si sostiene.
Ovviamente ciò è reso possibile soprattutto da un insieme di norme e regole comuni che tutti devono rispettare, le quali rappresentano la struttura portante dell’Europa. Grazie ai diritti e ai doveri delle persone, grazie alla collaborazione, grazie al duro lavoro, grazie ai nostri antenati si è potuta costruire, insieme, l’Unione Europea.
Dopo essere ritornata a casa dal mio viaggio in giro per l’Europa ho capito quanto sia stato importante per me, per la mia formazione e cultura, per il mio carattere, per il mio futuro. 
Quando raccontai le mie avventure alle persone a me più care, mi sentii orgogliosa di me stessa, del coraggio avuto a lasciare tutto e partire da sola. Ne è valsa la pena e sono soddisfatta e pronta ad affrontare molte altre occasioni. Finalmente ho capito che la grandezza del mio continente non mi deve spaventare, ma spronarmi a viaggiare e conoscere usi e costumi diversi per arricchire il mio bagaglio culturale, per me stessa e per gli altri.
È stata un’esperienza importante perchè in quel momento mi sono sentita davvero EUROPEA. E ne sarò sicura per il resto della mia vita.
Laura Gaida

2) Un caldo giorno di settembre mentre viaggiavo sul treno da sola sentii due signori anziani parlare dei problemi italiani ed europei e di come il rapporto tra i paesi facenti parte della UE fossero mutati nel tempo. Così cominciai a pensare alle parole di quei due uomini e, riflettendo, una domanda s’ affacciò  alla mia mente. Sinceramente, rimasi stupita che mi si fosse presentata solo in quel momento: quand’è che ho cominciato a sentirmi europea piuttosto che italiana, oppure italiana e poi europea, o ancora meglio, europea ed italiana al tempo stesso? Onestamente non riuscii a darmi una risposta immediata, ma mi ci volle l’intero viaggio, giusto il tempo di arrivare a destinazione.
Riflettendo sull’argomento, secondo me il primo passo per l’uguaglianza europea fu la Costituzione,   specialmente in quanto questo trattato è incentrato sulla “Vita democratica dell’Unione” e vi si  definiscono i principi di uguaglianza democratica, di democrazia rappresentativa e di democrazia partecipativa. Quest’ultima è molto importante perché fa sì che i cittadini degli Stati membri abbiamo la possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell’Unione Europea. Un’altra importante tappa che ho vissuto è stata l’emissione dell’euro, la moneta unica. Quest’ultima mi ha suscitato un enorme senso di appartenenza anche agli altri paesi europei.
Mentre guardavo fuori dal finestrino ad ammirare le bellezze della natura, sentivo le persone che parlavano e mi concentravo sulla differenza di dialetti, o anche di lingua, che c’era fra ognuno di loro. Proprio in quel momento cominciai a pensare alla mia adorata Genova, la mia bellissima città natale che offre paesaggi montani e spiagge in estate affollatissime. Pensai che in tutta la mia vita non ci sarà nemmeno un momento nel quale dimenticherò le mie origini. Cominciai a riflettere sulla parola “origini” che, a parer mio, è molto differente dalla parola “radici”; quest’ultima sta a significare infatti che se te ne stacchi muori per mancanza di nutrimento. Mentre il concetto di “origini” è totalmente differente: esse restano le stesse, anche se separate da un movimento continuo dell’uomo verso altre mete.      
Personalmente spero proprio che nella mia vita io possa viaggiare molto, ma senza mai dimenticare le mie origini, la mia famiglia, la mia Genova. L’Unione Europea  mi dà la possibilità di ampliare i miei orizzonti e i miei obbiettivi, senza limitarli solamente all’interno della mia nazione.
Parlando del presente più recente, vorrei affrontare il problema della crisi economica che sta investendo l’Europa intera. Essa è generale ed, anche se notizie di oltrefrontiera dicono che da noi la disoccupazione ha le percentuali tra le più alte, non vuol dire che gli altri Stati Membri della UE non siano sensibili al problema. Lo scorso 6 ottobre, il Ministro Padoan, partecipando alla seduta del Consiglio Europeo, ha proposto un intervento a tutela di coloro che perdono il lavoro. Esso dovrebbe dare ai disoccupati il 50% dello stipendio che percepivano prima di perdere il lavoro per una durata di 6 mesi. Dovrebbe essere finanziato dal Fondo Europeo e scatterebbe in casi di grave e conclamata crisi straordinaria. Secondo me questo intervento è molto importante in primis per aiutare i paesi europei con una grave situazione economica, ma è anche importante perché rappresenta un aiuto che si danno reciprocamente gli Stati membri dell’UE. Quindi ogni progetto di aiuto comune tra gli stati che ne fanno parte, sicuramente mi fa sentire orgogliosa di questa Comunità Europea.

Al termine di questo mi catena di pensieri e considerazioni, tornando al viaggio iniziale,  mi accorsi che ero arrivata a destinazione, Strasburgo! Non vedevo l’ora di entrare nel Parlamento Europeo per sentirmi, in modo concreto, all’interno del fulcro della NOSTRA amata Europa!
Alice Gardella

3) Chiedere ad un ragazzo che frequenta un istituto superiore in quale momento si sia
sentito davvero parte dell’Europa, è un quesito assai impegnativo ma al contempo interessante, perché ogni adolescente ha il suo  modo di pensare. Europa: già dal fatto che sia un continente possiamo comprenderne la grandezza e intuirne la varietà. Infatti l’Unione Europea è costituita da quattrocentonovantanove milioni di persone, stimati nell’anno 2008, che la abitano ed hanno ognuno  un carattere,  una personalità ed una mente diversa.
C’è chi non riesce a sentirsi parte nemmeno dell’Italia, figuriamoci di un’Unione che va ad mettere insieme più paesi, per la precisione ventotto, la quale, da dopo il primo novembre dell’anno 1993, quando è entrata in vigore, dovrebbe garantire la libera circolazione di servizi, di persone e di merci! Dovrebbe promuovere la pace, il valore ed il benessere dei suoi popoli e dovrebbe combattere l’esclusione sociale e la discriminazione. E uso il verbo “dovrebbe” in modo intenzionale, perché non sempre è così.
Non tutti quindi vogliono sentirsi chiamare: Europei, alcuni a tal punto da scappare dall’Europa in America o in altri Stati per cercare una vita, a loro dire, migliore. Fortunatamente il mondo è bello perché è vario e vi è anche l’altra faccia della medaglia, vale a dire le persone che sono assai fiere della patria e del luogo di cui fanno parte, nel quale sono nati o nel tempo sono venuti a vivere. Io, se dovessi dare un parere personale, sarei un po’ combattuta tra i due opposti sentimenti di appartenenza e rifiuto..
Nell’anno 2013 Marco Zatterin, un corrispondente da Bruxelles, pubblicò sulla Stampa un articolo che diede da pensare a molti, me compresa. Il titolo era: “Sentirsi Europei è diventato di moda” ed in questo fondo spiegava che solo sei cittadini europei su dieci si consideravano parte della UE, mentre gli altri non sapevano nemmeno di cosa si stesse trattando; inoltre solo il 45% degli Europei, interrogati in quel Settembre, affermavano di conoscere i diritti garantiti dalla cittadinanza e dai Trattati Europei, mentre altri si rifiutavano persino di sapere di più sui loro diritti, chi per fretta, chi per noia e chi per puro disinteresse; senza contare che vi sono state persone che hanno combattuto per darci i diritti che abbiamo oggi e senza quei grandi, saremmo ancora molto arretrati e lontani dalla libertà e dalla democrazia. Pertanto gli europei dovrebbero occuparsi in primis dell’Unione, anche solo in segno di rispetto verso  tutti gli uomini e le donne che hanno combattuto e manifestato un loro ideale per ottenere tutto ciò. Per una ragione o per l’altra, per alcuni non hanno senso neppure i diritti di cui dovrebbero godere e si preferisce vivere nella beata ignoranza.
Come ho detto in precedenza non riesco a sentirmi totalmente Europea, o per meglio dire almeno non con sicurezza assoluta: non ho certezze nemmeno sulla mia giornata quotidiana, figuriamoci su un argomento così vasto ed imponente! E questa mia indecisione forse dipenderà dal fatto che sono ancora troppo giovane e consapevole di non aver acquisito  la giusta conoscenza di tale argomento per espormi troppo, oppure dal fatto che non mi riconosco in alcune idee e comportamenti usati dai grandi capi di Stato, o dal fatto che (lasciatemelo dire, anche se è molto triste da ammettere) le più volte noi giovani d’oggi ci sentiamo parte dell’Europa solo grazie ad una partita di calcio che ci porta a riunirci tutti in uno stadio durante un Campionato Europeo ed a tifare la stessa squadra. E a volte neppure questo accade perché, anche in quell’occasione, ci sono quelli che si sentono “meno Europei” e creano scompiglio, perfino dinanzi ad un gioco che dovrebbe essere fatto per tutti i popoli uniti, con lo scopo di divertire.
Prima di rispondere alla domanda che dà il titolo a questo mio tema, mi sono divertita a chiederlo ad alcuni miei amici e parenti, in modo da raccogliere diversi esempi di circostanze favorevoli al sentirsi parte dell’unione. Forse l’ho fatto perché avevo bisogno anch’io di pareri diversi per comprendere meglio, prima di dare una risposta, o anche semplicemente per la curiosità di mettere a confronto  tante opinioni e devo ammettere che alcune sentenze mi hanno stupita e fatta pensare.
Quando ho chiesto questo a mia zia, gliel’ho domandato per telefono, senza darle troppe spiegazioni perché volevo che la sua risposta fosse naturale e venisse dal cuore. Senza neanche pensarci su due minuti lei mi ha detto: “Io l’ho pensato sul cammino di Santiago. Pare che la mia prima idea di Europa sia nata lì, mentre uno spagnolo mi prestava la crema per le mie spalle ustionate ed un francese si preoccupava e mi chiedeva come stessi; ed anche se noi eravamo lì a faticare e ci “picchiavamo” per comunicare e capirci, nonostante le lingue diverse, io mi sono sentita davvero Europea”. Poi, proseguendo nella mia ricerca, ho interpellato mia madre, che mi ha detto di essersi sentita parte dell’UE in un momento nel quale si vergognava di esserlo, a causa di certe figure meschine fatte dai nostri rappresentanti politici, durante una riunione del Parlamento Europeo: allora, anche se non era orgogliosa di essere “Italiana”, nello stesso tempo provava piacere nel sentirsi parte di qualcosa di più grande come l’Europa, nel poter allargare i propri orizzonti ed essere fiera che l’Italia fosse lì, partecipe in quella giornata nel decidere il destino della Nazione europea di cui fa parte.
Mi sono anche rivolta a mia nonna, donna di quasi ottant’anni. All’inizio non volevo chiederle nulla, ma poi ho pensato che chi meglio di lei, che ha vissuto un po’ della Seconda Guerra Mondiale e ha visto nascere la Costituzione del nostro Paese, avrebbe potuto darmi un parere sincero e avveduto, che mi aiutasse a riflettere. Così a lei l’ho chiesto in una giornata di sole, mentre eravamo sedute attorno al tavolo della sua cucina, tra il buon odore del pesto fresco, fatto in casa che aveva appena preparato. Guardandomi con occhi sbalorditi, ma di chi ne ha viste davvero tante, mi ha chiesto un attimo per pensare, ha chiamato a rispondere assieme a lei suo figlio, mio zio, per essere rassicurata, e poi ha esclamato: “Per dire di essere felici di una cosa, è vero che si può essere entusiasti per un avvenimento successo, ma bisognerebbe anche dire di essere felici rispetto a qualcos’altro e quello lo puoi dire solo se hai sperimentato e confrontato. Noi non abbiamo mai avuto abbastanza soldi per farlo ed è quello che auguro di fare a te, anche per noi che non siamo riusciti a permettercelo. Detto sinceramente io e tuo zio non siamo nemmeno orgogliosi di essere Italiani, figuriamoci di essere Europei”.
A questo punto avrei voluto fermarmi, ma ho voluto perseverare ed andare avanti: volevo cercare ancora un po’ al di fuori della mia famiglia e così ho fatto, prendendo il telefono in mano per chiedere ad una tra le mie due migliori amiche che, mi ha risposto che lei personalmente non si era mai sentita parte di tutto ciò, ma si era sentita Italiana quando, appunto, il nostro paese aveva vinto i mondiali di calcio.
Subito dopo ho domandato ad un mio amico di Brescia, appena tornato da un viaggio in Europa, deciso all’improvviso su due piedi: “Sinceramente io preferisco le culture asiatiche, ma in questo viaggio ho potuto vedere che l’Europa è un bellissimo posto”. Una frase di poche parole che esprime la sua personalità, e mi ha fatta riflettere su una cosa: pensate a quante meraviglie abbiamo in questo continente e non ce ne rendiamo nemmeno conto, quante tra queste non valorizziamo abbastanza o  lasciamo andare al degrado. In Europa ci sono tanti bellissimi posti diamine, che avrebbero bisogno di più attenzione da parte di chi sta al governo e dovrebbe impegnarsi a valorizzarli.
Ho invitato poi a rispondere al mio quesito Andrea, un ragazzo romano conosciuto all’inaugurazione della Piazza per Don Andrea Gallo. Un giovane dal viso tenero e dai lunghi capelli rasta che danno valore ai suoi occhi, nascosti dagli occhiali. Egli ha invece voluto esprimere il suo parere dicendomi queste testuali parole: “ Negli ultimi anni si fa fatica a sentirsi europei. No, non mi ci sento, sono contro l’Europa unita perché non credo possa essere diversa da com’è, checché ne dica Tsipras. Ovviamente non voto e ti dico che qualcosa di buono l’UE l’ha fatta, ad esempio la sentenza sulla Diaz, ma voglio permettermi una frase azzardata: nel complesso l’attuale Europa unita in ginocchio sotto il dominio tedesco è di fatto il sogno di Hitler, realizzato con mezzi del duemila, le banche, e non con mezzi del secolo scorso, i carri armati. Dopo i muri contro i migranti e i ricatti alla Grecia no, non mi sento europeo”.  
Andando avanti con la mia inchiesta, ho anche incontrato chi mi ha detto che non avrebbe saputo cosa scrivere, che non c’era niente da dire, ma penso che invece ci sia molto di cui parlare e la dimostrazione me l’hanno data tre donne, amiche anche se più grandi di me. Mi hanno dato le tre risposte più significative per questa traccia che vorrei riportare qua così, intonse, come mi sono state espresse, perché mi hanno colpito il cuore e sono fiera di farle entrare in questo mio resoconto. La prima, Anna, mi ha risposto con naturalezza, anche se essendo anarchica fa un po’ fatica a sentirsi parte dell’Europa; mi ha detto che lei si sente europea quando vede i nostri connazionali di Lampedusa che soccorrono i migranti, rimboccandosi le maniche ed uscendo dalla mentalità del “confine”. Oppure, ha aggiunto,  quando a Dario Fo è stato assegnato il Nobel per la letteratura, lei in quel momento ha esclamato col cuore di sentirsi davvero parte dell’Europa.
La seconda, Elsa, cui ho posto questa domanda mi ha detto senza pensarci due volte: “Direi senza dubbio quando ha vinto il NO alla vivisezione” spiegandomi che si erano dati molto da fare facendo dei banchetti per raccogliere delle firme, con l’aiuto di un medico della lega LIMAV, il quale appunto faceva parte dei medici internazionali contro la vivisezione. Nelle sue parole ho subito avvertito un senso di vittoria sudata e vissuta, come mi ha confessato lei stessa e sono contenta di poter mettere una parte positiva della sua battaglia in questo mio tema.
La terza, Marisa, che è anche lei una guerriera, come le due precedenti, una persona che combatte per i propri ideali, è  la tipica donna che non molla ed è proprio per questo che ho deciso di lasciarla per ultima di questi tre brevi riferimenti. Alla mia domanda, a differenza di Anna ed Elsa, ha replicato: “Io non mi sono mai sentita europea, ma cittadina del mondo. Lo so, sembra un luogo comune, ma qualcuno mi insegnò tanti anni fa ad abbattere le barriere. E io le ho viste dal vivo in Palestina e le viviamo tutti i giorni con i comportamenti razzisti e omofobi nei confronti di chi, in qualche modo, è diverso da noi per il colore, per la religione, per un handicap o un’ identità sessuale. L’unica cosa di cui sono innamorata è Genova, ma potrebbe essere anche San Paolo o Barcellona o altre città. Per non parlare poi della politica: vorrei un capo di governo che va a zappare e paga l’affitto. Cosa c’è da essere orgogliosi ad essere europei? Credo nulla, almeno per me”.
Con tutti questi pareri, tutti questi pensieri, di tante teste diverse e di età altrettanto differenti tra loro, sono riuscita a capire che ogni persona che compone l’UE potrebbe esprimere un’idea diversa e stupirmi ogni volta. Grazie a queste testimonianze che ho raccolto sono riuscita a farmene una mia, che in realtà nel profondo del mio cuore avevo già ben delineata quando ho iniziato a battere le prime righe di questa traccia. Ora tocca me rispondere al quesito e solo adesso che mi pongo questa domanda capisco quanto sia bello riuscire a trovarci una risposta, sia essa positiva o negativa.
Io mi sento parte dell’Unione Europea nelle piccole cose, come quando vado nei vicoli di Genova ed incontro tanti individui di nazionalità diverse e mi piace chiacchierare con loro, scambiare opinioni anche non esclusivamente in italiano, ma in francese, inglese, spagnolo, tedesco ed, anche se si ci sforza per capirsi e nella maggior parte dei casi si finisce a comunicare gesticolando, mi piace pensare che veniamo tutti da posti così lontani ed abbiamo storie diverse tra noi, ma qualcosa ci lega a tutti: siamo europei, ma anche cittadini del mondo, perché io penso si possa anche essere entrambe le cose.
Mi sento Europea nei momenti in cui prendo parte alle manifestazioni, siano esse per difendere un centro sociale o per esternare un mio parere politico, quando sono lì insieme a delle persone che manifestano un ideale come il mio e siamo tutti uniti per cercare un cambiamento di “qualcosa” o “qualcuno”. Lì sì che mi sento Europea. Mi sento Europea ogni 20 Luglio in Piazza Carlo Giuliani Ragazzo, meglio conosciuta come Piazza Alimonda. Quando parlo dell’Europa mi viene sempre in mente un grande formicaio di cui ognuno di noi fa parte e alla quale ognuno dovrebbe portare il proprio contributo per far sì che la nazione europea prosegua nel suo cammino. E quando dico “tutti” intendo anche i Capi di Stato, coloro che dovrebbero ascoltarci ed hanno il dovere di operare per la terra in cui viviamo, come Italia e come Europa.  Io mi sento parte dell’Europa quando vado a prendere mia zia che lavora al centro accoglienza immigrati ed aspettandola al cancello vedo i tanti volti che entrano ed escono, visi che mi guardano e mi sorridono, uomini che si fermano a parlare, a ridere, a chiedermi se ho bisogno ed in alcuni casi, vedendomi ragazzina, mi chiedono se vado a scuola ed iniziano a darmi lezioni di francese senza che io chieda loro nulla. Io mi sento fiera di essere Europea quando incontro gente libera come me, quando vedo che il “diverso”, per gli stereotipi che impone questa società, viene accettato comunque, che sia egli un barbone, un tossico o un carcerato. Mi fanno sentire Europea tutti i clochard che incontro nel mio tempo libero quando giro nel centro storico di Genova, che mi fermano a parlare perché mi conoscono ed ormai non mi chiedono più una moneta e non pretendono nemmeno più il pezzo di focaccia che gli portavo, ma vogliono solo un po’ d’ascolto. E mi sento europea  quando vedo che c’è gente come me che si siede, ascolta le loro avventure per l’Europa e per il mondo, i loro pensieri e gli fa capire che anche loro fanno parte di questa società. Ecco, in quei casi sono fiera di essere Europea.
Ho avuto la sensazione di essere Europea quando, il 7 Gennaio 2015, è stato fatto dall’ISIS l’attentato alla Francia, alla sede del giornale satirico di Charlie Hebdo, a Parigi. In quel momento ho avuto paura, ho temuto per i francesi ed allo stesso tempo li ho sostenuti e quindi ho provato una voglia di vicinanza e coraggio, ma anche un timore simile al loro.
Ho pensato d’essere parte della UE quando, il 10 Ottobre del 2014, ho pianto la morte di Loukanikos, il cane simbolo della rivolta Greca contro l’austerità, facente parte dei “Riot Dogs”, quei cani che vengono visti alle manifestazioni di piazza: quel giorno piangere la sua morte mi ha fatta sentire Europea, perché ho capito che in quel momento il popolo Greco non aveva perso solamente un semplice animale a quattro zampe, ma aveva perso un simbolo e soprattutto un compagno che lottava con loro per i loro diritti.
Mi sono sentita davvero Europea quando andai a Mentone con la scuola e nel tempo libero, conobbi Floriano, un uomo che chiedeva l’elemosina in una via della città, e parlandomi, dopo aver capito che ero italiana, mi spiegò di essere di Torino e ci abbracciammo come se ci fossimo conosciuti da una vita. In quel momento il mio cuore era felice di essere Europeo e tutt’ora mi auguro che quell’uomo che da Torino era arrivato fino in Francia per trovare la fortuna, sia riuscito nel suo intento.
Mi sono sentita parte dell’Europa quando sono andata in posti di Genova che mi erano sconosciuti e sulle sue alture per vederla nella sua immensità, quando sono andata a Monaco, in Francia, quando ho visitato Roma e varie città italiane che mi hanno fatto capire quante bellezze abbiamo qui, anche se ovviamente quello che ho visto io, nella mia tenera età, sono consapevole sia un semplice antipasto di tutto quello che offre la UE.
Mi sento Europea quando le persone omosessuali non vengono considerate malate, ma viene riconosciuto che l’amore è amore indipendentemente da chi si ama e forse mi sentirò più parte dell’Europa quando verranno legalizzati i matrimoni, come le adozioni di una coppia gay, lesbica, trans gender o con orientamenti bisessuali.
Mi sento Europea quando vengono abbattute le frontiere, tagliati i fili spinati che fanno da confine e vengono accolte le persone profughe, non quando vengono allontanati con l’uso di armi, violenza, rabbia, e molto egoismo.
C’era un uomo, proveniente dall’Università della Strada, come gli piaceva definirsi, che affermava: “Restiamo umani ragazzi, perché possiamo anche rinnegare la nostra provenienza, ma non potremo mai rinnegare il nostro essere umani. Non ho mai sentito un uomo dire che appartiene alla categoria dei coccodrilli, no, siamo umani ragazzi e cerchiamo di restarlo”; un uomo che predicava l’accoglienza e diceva che l’Europa doveva mantenere il suo impegno a combattere il razzismo, partendo dal fatto di accogliere e l’Italia era il primo paese che doveva darsi da fare. Un uomo che ha passato la sua vita tra gli ultimi ed i disadattati. Quell’uomo era Don Gallo, colui che diceva che bisognava vivere con il vangelo in una mano e la Costituzione nell’altra. Forse oggi se fosse ancora qui mi avrebbe reso orgogliosa di scrivere un suo parere e di parlarne con lui, ma purtroppo non si può fare. Così mi accontento di alcune risposte che mi sono state date da persone che lo conoscevano e provo ad immaginarmi una sua risposta: “ La cosa ormai certa è che in questo mondo, non solo in Europa, non siamo più abituati ad avere un principio di umanità, ogni popolo è egoista con se stesso e c’è chi butta via il cibo e chi muore di fame, ci piace vivere con il prosciutto sugli occhi, lamentandoci e credendoci persone furbe, finché anche noi non finiamo con un piede nella fossa nei guai nazionali. Quando i nodi vengono al pettine tutti noi diventiamo più docili.”  E’ vero, ragionando ho capito che ci sono giorni che urlerei al mondo la mia gioia di essere Europea, altri invece in cui me ne vergogno amaramente e vorrei estraniarmi da questo grande formicaio. E la seconda reazione, tirando due somme e vedendo i tempi che corrono, è quella che prevale di più nei trecentosessantacinque giorni che vanno a comporre un anno. Sono anche assolutamente consapevole che una persona come me vorrebbe essere fiera di visitare il Parlamento Europeo entrandoci con il cuore che pulsa per la gioia e non con l’amarezza per tutte le ingiustizie che si sentono ogni giorno
Decido di concludere questo tema con la domanda iniziale che è stata posta a tutti quelli che hanno aderito a questo concorso “Quando ci siamo sentiti davvero parte dell’Europa?”, permettendomi però di aggiungere una mia breve annotazione personale: prima di domandarci se ci sentiamo davvero europei o no, dovremmo chiederci quanto ci sentiamo umani. Perché senza umanità non si è nulla. Quando avremo trovato la risposta, forse potremmo chiederci se siamo degli Europei giusti o degli Europei che, come definiva Marco Zatterin nel 2013, lo sono solo per moda e per sentito dire.
Claudia Agosti


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