IL FU MATTIA PASCAL
Capitolo XV IO E L’OMBRA MIA
Il capitolo inizia con alcune considerazioni : durante la notte, nel dormiveglia, spesso riflettiamo su quanto facciamo durante il giorno e ci meravigliamo di quante sciocchezze riusciamo a commettere nella nostra vita quotidiana, forse abbagliati e confusi dal frastuono della vita :”Com’altro è il giorno, altro è la notte, così forse siamo noi di giorno, altra di notte: miserabilissima cosa, ahimè, così di notte come di giorno.”
Queste considerazioni nascono dal fatto che, dopo 40 giorni, Mattia toglie le bende e rivede la luce: tutte le considerazioni e le riflessioni che ha fatto durante i 40 giorni di buio svaniscono alla luce del sole, e Mattia si sente invaso da “foschi pensieri”. Si pente per il bacio dato ad Adriana e per il significato che questo assume per lei , sente di essersi ormai compromesso e ripercorre mentalmente quanto ha sperimentato dalla fuga da Miragno in poi:
inizialmente ha sperimentato libertà che appariva senza limiti , poi solitudine e noia, in seguito ha tentato di riallacciare qualche relazione ed infine si è reso conto che la libertà tanto sospirata in realtà si è tramutata in una opprimente prigione.
Mattia si rende conto , assumendo un’identità fittizia, di essere diventato l’ombra di un uomo .Fino a che è rimasto chiuso in sé e spettatore della vita degli altri ha potuto coltivare l’illusione di vivere un’altra vita , ma nel momento in cui ha baciato Adriana si è reso conto di averla baciata con le labbra di un morto , di averla trascinata lei , in un gioco più grande di lei, in una sorte di finzione che lei non merita. Alla fine Mattia, pur liberatosi di moglie, suocera, debiti e di una misera esistenza, si sente schiavo delle finzioni, delle menzogne, del timore di essere scoperto pur senza aver commesso alcun delitto.
Adriana entra nella stanza , gli porta il conto del dottore che ha eseguito l’operazione. Mattia è tormentato da mille dubbi, non sa se distruggere le illusioni di Adriana o meno. Va verso la scrivania per prendere il denaro e si accorge che qualcuno gli ha sottratto 12ooo lire. Certamente è stato il fratello di Terenzio durante la seduta spiritica, su indicazione del fratello. (Terenzio infatti era assillato dal fatto di dover restituire a Paleari la dote della moglie defunta, sorella di Adriana)
.Mattia, sconvolto , riferisce il fatto ad Adriana che rimane molto turbata e vuole chiedere spiegazioni a Terenzio e denunciare il furto. Ma Mattia la ferma “Conoscevo il ladro e non potevo denunciarlo. Che diritto avevo io alla protezione della legge? Io ero fuori d’ogni legge. Chi ero io? Nessuno!!! Non esistevo io, per la legge. E chiunque ormai , poteva rubarmi; e io, zitto!”
Mattia riesce a calmare Adriana e a farle promettere che per il momento non divulgherà la cosa. Rimasto solo Mattia è preso dallo sconforto: non è nessuno, non può neppure denunciare un furto. “Mi è sembrata una fortuna l’essere creduto morto? Ebbene, sono morto davvero. Sono vivo per la morte e morto per la vita.”
Mattia prende in considerazione l’idea di andarsene : con il lutto nel cuore si sarebbe allontanato da quella casa dove aveva trovato un po’ di requie , in cui si era fatto il nido, e di nuovo per le strade, senza meta, senza scopo, nel vuoto ….solo, diffidente, ombroso. Cosa resta di Mattia Pascal? La sua ombra.
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Capitolo XVI IL RITRATTO DI MINERVA
Tornato a casa Mattia trova la famiglia in subbuglio e scopre che
Adriana ha informato i familiari del furto. Si pensa che il ladro sia il
fratello di Terenzio, Scipione, che è infermo ed incapace di intendere
e volere. Mattia, che vuole mettere a tacere la questione, informa
tutti che ha ritrovato il denaro che pensava rubato, nel portafoglio.
Adriana non crede alla versione e si allontana sconvolta. Terenzio
informa i presenti che già prima del supposto furto aveva preso la
decisione di far ricoverare il fratello in un istituto, di concludere un
affare per poi restituire il denaro al suocero.
La famiglia ha un appuntamento a casa del Marchese Giglio d’Auletta.
Qui Mattia si avvicina a Pepita e conversa con lei per far dispetto ad Adriana: egli vorrebbe in qualche modo evitare di illudere ancora la ragazza, che non lo merita.
Dopo un po’ di tempo arriva, in ritardo, il pittore Bernaldez che ha l’incarico di eseguire il ritratto di Minerva, la cagnolina di Pepita.
Mattia entra in conflitto con il pittore, ritiene di essere stato offeso e lo vuole sfidare a duello. Va alla ricerca di due padrini in un gruppo di ufficiali ma viene preso in giro. Mattia si allontana sconvolto e disperato , con l’anima “frustata da quel dileggio , piena di una plumbea tetraggine angosciosa.” “Tutta la mia vita si spegneva, ammutoliva con quella notte.”
Mattia, camminando, si trova su Ponte Margherita. Improvvisamente trova una soluzione alla sua disperazione : decide di far credere di essersi suicidato , lasciando sul ponte il suo berretto, il suo bastone ed un biglietto con il nome Adriano Meis. Tornerà a Miragno, si vendicherà di moglie e suocera che hanno fatto finta di riconoscerlo nel cadavere di uno sconosciuto e così si libererà per sempre di quella menzogna che lo sta uccidendo lentamente da due anni, di quel “tristo, odioso fantoccio” che lui stesso ha creato con le sue mani.
Dopo aver lasciato biglietto, cappello, bastone Mattia si allontana furtivamente.
La famiglia ha un appuntamento a casa del Marchese Giglio d’Auletta.
Qui Mattia si avvicina a Pepita e conversa con lei per far dispetto ad Adriana: egli vorrebbe in qualche modo evitare di illudere ancora la ragazza, che non lo merita.
Dopo un po’ di tempo arriva, in ritardo, il pittore Bernaldez che ha l’incarico di eseguire il ritratto di Minerva, la cagnolina di Pepita.
Mattia entra in conflitto con il pittore, ritiene di essere stato offeso e lo vuole sfidare a duello. Va alla ricerca di due padrini in un gruppo di ufficiali ma viene preso in giro. Mattia si allontana sconvolto e disperato , con l’anima “frustata da quel dileggio , piena di una plumbea tetraggine angosciosa.” “Tutta la mia vita si spegneva, ammutoliva con quella notte.”
Mattia, camminando, si trova su Ponte Margherita. Improvvisamente trova una soluzione alla sua disperazione : decide di far credere di essersi suicidato , lasciando sul ponte il suo berretto, il suo bastone ed un biglietto con il nome Adriano Meis. Tornerà a Miragno, si vendicherà di moglie e suocera che hanno fatto finta di riconoscerlo nel cadavere di uno sconosciuto e così si libererà per sempre di quella menzogna che lo sta uccidendo lentamente da due anni, di quel “tristo, odioso fantoccio” che lui stesso ha creato con le sue mani.
Dopo aver lasciato biglietto, cappello, bastone Mattia si allontana furtivamente.
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