Riflessioni
sulla pena di morte
La pena di morte è un
argomento che ha interessato molti stati..
Facendo un salto indietro
nella storia si potrebbe discutere della questione analizzando delle
modalità con le quali questa condanna veniva inflitta. In alcuni
stati, come il Madagascar, ad esempio, la pena capitale era imposta
per sodomia e apostasia; in Senegal per alto tradimento, omicidio,
rapina aggravata; in Argentina per reati politici e molti altri
motivi ancora.
Quanto e se la pena di
morte sia giusta non lo si può definire con certezza dal momento che
vi sono elementi a favore e altri contrari.
Ancora oggi, vi sono
gruppi di persone propensi a questo tipo di punizione; altri invece
assolutamente contrari.
Si sostiene che la pena
di morte possa essere un deterrente per coloro che commettono atti
violenti e ribelli; ma era altresì vero che ,in passato, questa
veniva imposta, talvolta, anche in modo scorretto, per motivi futili
danneggiando persone oneste, rimaste coinvolte in sconvenienti
situazioni dettate da qualcuno più potente Ad esempio un sovrano,
un tiranno o un dittatore deciso a “far fuori” avversari politici
o intere popolazioni poiché considerate inferiori, diverse e inutili
o anche su persone di religioni e culture differenti.
Con la creazione di una
costituzione, molti stati hanno abolito la pena di morte perché
considerata un atto spregevole e troppo violento, dal momento che
questa era stata, in un primo tempo, istituita per cercare di porre
fine alla criminalità.
Dai tempi dei romani ad
oggi, molte sono le opere a noi giunte in documenti scritti, che
testimoniano la volontà di non sottostare più a quest’atrocità.
Ne è un esempio il
trattato di Cesare Beccaria, forte oppositore di questa modalità di
repressione. Egli infatti sosteneva che fosse disumano e contro i
principi stessi di uno stato infliggere una tale pena ai cittadini
poiché questo dovrebbe essere il primo ad impedire e vietare la
violenza, in rispetto dei diritti umani e civili.
Oggi la pena di morte è
stata abolita, o per lo meno limitata ad alcuni paesi come Stati
Uniti, Kenya e pochi altri.
In Italia la pena
capitale è rimasta in vigore fino ai primi anni del dopoguerra,
quando, con la nascita della Costituzione, si sono stabiliti i
diritti dei cittadini e dell’uomo secondo i quali la libertà e la
vita sono i principi fondamentali.
Nessun uomo può decidere
di porre fine alla vita di un altro; l’uomo è libero ed ha diritto
alla propria vita, ma è importante non dimenticare che la libertà
non deve rendere le persone indifferenti nei confronti degli altri,
né permettere la prevaricazione di questi: “libertà” non
significa “fare ciò che si vuole”.
La storia ci insegna che
la pena di morte era, inizialmente, uno strumento per garantire
stabilità sociale, rendere giustizia e punire il colpevole, dunque
non era un mezzo di vendetta.
Oggi invece, negli stati
in cui essa è tutt’ora in vigore, la si utilizza come strumento di
ritorsione e rivincita, soprattutto da parte delle persone a cui si è
fatto un torto. La pena dovrebbe servire come elemento di
rieducazione e recupero sul piano umano e sociale di colui che ha
commesso il fatto; mettendo da parte i rancori e cercando di
riammettere nella società quell’individuo che, palesemente, ne è
emarginato.
In conclusione dunque,
quanto e con quali limiti la pena capitale dev’essere imposta
probabilmente non si saprà mai dal momento che ogn’uno ha le
proprie idee a riguardo, ma quel che è certo è che se si vuole una
società unita e priva di malvagità, la pena di morte, che porta
violenza dev’essere abolita.
Nicole Mantovan IV B tur
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