mercoledì 27 novembre 2013

UN ROMANZO A PUNTATE - LA COSCIENZA DI ZENO cap.3

Continuiamo con la pubblicazione dei capitoli de LA COSCIENZA DI ZENO. Oggi vi proponiamo il riassunto del capitolo 3. I primi due capitoli e il video dello sceneggiato RAI del libro, li trovate QUI

CAPITOLO 3 - IL FUMO  - Dopo i primi fallimenti, ecco che Zeno, spinto dal dottor S. , entra nel vivo del suo racconto autobiografico raccontando della sua dipendenza maniacale dal fumo. Messo al tavolo per scrivere, Zeno ricorda subito le sigarette, vendute “in scatoline di cartone munite del simbolo dell’aquila bicipite”, quindi gli escamotage usati per acquistarle come ad esempio i reiterati furti al padre per ottenere quei “dieci soldi” necessari al loro ottenimento. Forse spinto dai sensi di colpa, Zeno abbandonò tale strategia per iniziare a fumare i sigari spenti lasciati da suo padre sui mobili di casa.
Un altro episodio che gli salta alla mente fu le gare che faceva con altri coetanei per vedere chi fosse in grado di fumare il maggior numero di sigarette nel minor tempo possibile. Zeno, vittorioso, si sentì male, ma tale sensazione non lo allontanò dalla pericolosa abitudine. Tentazione che non cessò neanche quando, vittima di un fortissimo mal di gola, fu esortato a smettere sia dal medico che dal padre. La voglia di fumare ancora una volta “un’ultima sigaretta” sembrava invincibile. Un “ferreo proposito” che Zeno, ormai vecchio, ricorda con ironia. . Cosa significava il fumo per Zeno? Probabilmente era un modo per giustificarsi della sua incapacità a disciplinarsi e all’incapacità di perseguire e realizzare i suoi ideali di vita. Nonostante tutto, Zeno non può far altro che ammettere che quella dell’ultima sigaretta rappresentava per lui una vera e propria malattia.
I primi tentativi per liberarsi da questo vizio furono molteplici, ma tutti senza successo. Inizialmente Zeno si rivolse ad uno specialista che si proponeva di guarire le malattie nervose con l’elettricità. La cura consisteva semplicemente in una settantina di “applicazioni elettriche”. Il medico, ironicamente chiamato “Esculapio”, infatti si preoccupava di trovare le cause fisiche di un determinato disturbo, tralasciando completamente l’aspetto psicologico. Fu così che, non risolvendo il suo problema, Zeno cambiò strategia e sperò di trovare aiuto in un suo amico (“un ricco signore che abbelliva i suoi ozii con studi e lavori letterari”) che era riuscito, con grande tenacia e forza di volontà, a terminare con successo una cura dimagrante. Il consiglio datogli era quello di non dare eccessiva importanza al problema senza cercare di impegnarsi eccessivamente nel tentativo di liberarsi dal fumo. Naturalmente tale approccio non portò ad alcun risultato tant’è che Zeno, dopo poche ore, si accese una nuova sigaretta.
L’ultimo tentativo fu quello di rivolgersi al vecchio amministratore dei suoi beni (“quella vecchia canaglia dell’Olivi”) che, per spingerlo a smettere di fumare, gli propose una scommessa: entrambi si dovevano promettere di smettere ed il “primo che avrebbe fumato, avrebbe pagato eppoi ambedue avrebbero ricuperato la propria libertà”. Come andò a finire? Che Zeno pagò e ricominciò a fumare.
Qualche anno più tardi, su suggerimento della moglie Augusta, decise di prendere la drastica decisione di andarsi a ricoverare in una delle migliori cliniche di Trieste con l’obiettivo di liberarsi definitivamente da questo vizio. Il dottor Muli, il responsabile della struttura, lo accolse e lo accompagnò nell’appartamento destinato a Zeno in un’ala del pianterreno. La “prigionia” iniziò e Zeno, per combattere la noia e la solitudine, si intrattenne, con la vecchia infermiera Giovanna che gli raccontò molti aneddoti sulla sua triste e problematica esistenza. Durante la discussione, il nostro protagonista cercò di corromperla offrendole ben “dieci corone” per una sigaretta. Di fronte alla sua negazione, tentò allora di trovare degli altri modi per poter placare l’irrefrenabile voglia di fumare e le chiese quindi “qualche cosa da bere”. L’infermiera, che aveva soltanto l’ordine di non farlo fumare, acconsentì e gli diede una bottiglia di liquore. Avendo intuito una certa inclinazione all’alcol della sua “carceriera”, Zeno ebbe l’idea di farla ubriacare per poi, dietro promesse dall’alto contenuto erotico (raccontò che il fumo aveva l’incredibile capacità di renderlo “terribile” nei rapporti amorosi), chiedere un pacchetto di sigarette. Così avvenne e Zeno riuscì infine a fumarsene una provando un immediato senso di piacere e sollievo.
Dopo il godimento dovuto alla sigaretta, Zeno pensò che fosse venuto il momento di scappare anche per non dover rispettare le promesse fatte all’infermiera Giovanna e, approfittando del sonno ubriaco di quest’ultima, riuscì ad uscire dalla clinica. Dopo aver acquistato un pacchetto di sigarette, si diresse verso casa sua dove sospettava che la moglie lo tradisse con il giovane dottor Muli (i due erano infatti usciti insieme dalla clinica nell’istante in cui iniziò la “prigionia” di Zeno, ma non era avvenuto alcun tradimento). Zeno concluse così la sua breve, ma movimentata esperienza in clinica e si addormentò beatamente nel suo letto.
La Redazione

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