mercoledì 20 novembre 2013

Sardegna: un dramma che ci tocca da vicino

Sono ancora vive nei nostri cuori di genovesi e liguri le ferite dell'alluvione del 2011, per non sentirci vicini al popolo sardo che, in misura ancora maggiore della nostra, paga un prezzo altissimo - in termini di vittime e danni - ai cambiamenti climatici e all'incuria dell'uomo, cause della tragedia che si è consumata nei giorni scorsi. Come avrete sicuramente letto e visto, un ciclone di portata inaudita si è abbattuto su uno dei luoghi più belli d'Italia, la Sardegna, che è meta di turismo notissima nel mondo.
Negli ultimi anni, sempre più spesso piangiamo le vittime di fenomeni atmosferici sempre più violenti. Ci siamo chiesti che cosa stia accadendo e, frugando nella rete, abbiamo trovato alcune (preoccupanti) risposte.

"Dal 2008 a oggi l'aumento dei temporali molto intensi è stato netto", dicono gli studiosi del clima, che raccontano come le piogge ormai si trasformino frequentemente in "bombe d'acqua", alluvioni lampo che allagano città, campagne. Le colline si crepano all'improvviso, crollano frane e si spaccano le strade. Le trombe d'aria diventano più intense e frequenti. O, all'opposto, mesi di siccità prosciugano i campi. Inoltre si è registrato un fatto inedito: l'arrivo dei medicanes, gli uragani del Mediterraneo, vortici di 200 chilometri di diametro al posto delle trombe d'aria larghe 500 metri, che erano solite arrivare da noi. E tutto si abbatte su un paese come il nostro, già segnato dal dissesto idrogeologico, dovuto in buona parte - come scrivevamo prima - all'incuria dell'uomo che ha cementificato, disboscato, deviato corsi d'acqua, senza pensare che la Natura, prima o poi, si sarebbe vendicata.

Questo clima ormai cambiato si trasforma così in una trappola che colpisce con particolare violenza le città. Pensiamo all'alluvione a Genova del 4 novembre 2011, il nubifragio a Roma del 20 ottobre 2011, l'esondazione del Seveso a Milano del 18 settembre 2010, le frane a Messina del primo ottobre 2009.  In queste città in poche ore  è scesa una quantità di acqua enorme (a Messina - come nelle zone colpite in Sardegna - metà dell'acqua che cade nell'arco di un anno, a Genova un terzo) che ha causato morti, feriti, devastazioni, danni economici molto rilevanti. Fenomeni che dovrebbero spingere ad elaborare una nuova mappa delle zone a rischio prodotto dal cambiamento climatico, incoraggiando l'uso di tecniche costruttive più naturali, fermando finalmente la cementificazione selvaggia, e permettendo al suolo di tornare a esercitare il ruolo di una spugna capace di assorbire gli eccessi d'acqua. 

Qui di seguito vi proponiamo un servizio del TG La7 sulla tragedia della Sardegna:





La Redazione

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