mercoledì 7 dicembre 2011

IL RACCONTO DI FATOU

FATOU DIOP IV A ITER ISS FIRPO-BUONARROTI Progetto Mu.Ma 

Ricordo un palazzo enorme, con un cortile e tanti bambini. Io ero in un angolino. Piangevo, desideravo solo tornare a casa. Era il mio secondo giorno di scuola elementare, alle mie spalle c'era una stanza con circa 20 ragazzi più grandi, recitavano una poesia, o l'inno del Paese, mentre noi bimbi più piccoli aspettavamo che finissero la loro lezione per iniziare la nostra. A un tratto, una voce forte e profonda disse: “François, apporte moi tes devoirs”. “Monsieur le Professeur, j'ai oubliè mes devoirs”: una vocina esile e tremolante aveva risposto. Un silenzio improvviso prese sopravvento nella stanza. Sentii rumori strani, mi affacciai a guardare: vidi il professore frustare il ragazzo dietro la lavagna. Avevo i brividi. Li ho ancora a ripensarci. Tornai a casa: “Mai più a scuola”, decisi, ma mia madre mi forzò a ritornavi ancora, a lungo. Un giorno mi ritrovai su un aereo, poi in un nuovo paese a imparare una nuova lingua. Dovemmo ricominciare tutto daccapo, con difficoltà, ma ciò nonostante ce l'abbiamo fatta. Sì, i miei genitori ce l'hanno fatta, ed io li ammiro molto. Chissà quanti sacrifici avranno dovuto fare, lavorando sodo, per poterci portare qua e mantenere dal nostro arrivo ad ora. Mio padre e mia madre erano giunti in Italia ben prima di noi fratelli: coi loro sacrifici, col loro sudore hanno cercato di offrirci la possibilità di un futuro migliore. E' con questa convinzione che continuo, nonostante tutto, a studiare, per dare a mia volta una vita migliore ai miei figli. Mi chiamo Fatou, ho 19 anni, vengo dalla Costa d'Avorio. Vivo a Genova ormai da 13 anni. Dovrei già essere diplomata, lo so, ma al mio arrivo mi hanno iscritto in una classe inferiore a quella che avrei dovuto frequentare per età, per aiutare il mio inserimento, hanno detto. Poi, due anni fa, ho perso mio padre e il mondo mi è crollato addosso. Non sono riuscita ad avere i libri di testo e questo, insieme al mio stato d'animo, mi ha demotivato e ho deciso di farmi bocciare, di ricominciare per provare a ripartire con più slancio, per non perdere i miei obiettivi. Frequento l'istituto Firpo Buonarroti. Il turistico mi offre l'istruzione che cercavo. Desideravo viaggiare e qui organizzano stage e viaggi all'estero, ma non vi partecipo: la mia famiglia non se lo può permettere. Mi limito così ad andare a scuola, a imparare qualcosa, anche se a volte mi scoraggio. I professori cercano di darmi quella spinta, che spesso perdo, per non mollare, per continuare. Da piccola non immaginavo che l'Africa fosse un paese povero: ero convinta fosse uguale a tutti gli altri, ma quando cominciai ad istruirmi scoprii la triste verità. Eppure non volevo crederci, arrendermi alle critiche dei miei nuovi compagni: mi difendevo dicendo che l'Africa è il paese più ricco di risorse naturali, “fisicamente” il più forte! Mi tirava su il morale ripetermi questo. Alla fine, ciò che mi resta è il desiderio di trovare un buon lavoro, stabile, per riuscire a mantenere la famiglia. Sì, un lavoro. Ma trovarne uno, al giorno d'oggi, per noi ragazzi è come andare sulla luna: e se è un'impresa ardua per i cittadini italiani, figuriamoci per noi stranieri! L'anno scorso ho mandato circa una ventina di curriculum, fatto parecchie telefonate, ma tutti mi hanno sempre risposto “Lasci il suo numero, la richiameremo”. Poi niente. Sinceramente non mi sento emarginata. SONO emarginata. Perché alla fine faccio, desidero, tutto ciò cui una ragazza italiana ambisce. Io ne sono all'altezza. Però, a differenza sua, io vengo emarginata perché gli italiani sono egoisti: pensano che solo i loro figli siano i più capaci, quindi gli altri vengono scartati senza neppure avere avuto la possibilità di provare. Se le persone, gli esseri umani, smettessero di credersi superiori ai propri simili, se si dimostrassero umili e solidali, allora potremmo dire di appartenere davvero a un paese ricco. Mah... Non so se questo potrà mai accadere.
Fatou Diop

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