venerdì 13 marzo 2015

Vi racconto Guernica - Picasso tra arte e storia

Dal meraviglioso blog RESTAURANS vi proponiamo questo interessantissimo (specie per i nostri compagni delle quinte) articolo di Laura Corchia

Guernica è una piccola cittadina dei Paesi Baschi, nel nord-est della Spagna. All’epoca del bombardamento, era formata da un agglomerato di case separate da stradine strette e tortuose. In quel 26 aprile 1937, giorno di mercato, la gente si era riversata nelle strade, forse per godere del tiepido sole primaverile. Quel sole che riscalda le ossa, che riempie il cielo . Madri con i loro bambini passeggiavano tra le bancarelle, agricoltori giunti dai paesi vicini vendevano olio, vino, frutta e ortaggi coltivati con fatica e speranze. I ragazzini giocavano a pelota lanciando la palla contro le fiancate della Cattedrale. Nulla lasciava presagire quel che sarebbe accaduto. All’improvviso, il furioso rombo di due aerei oscurò il cielo azzurro, fu un attimo. Sotto i colpi delle mitragliatrici caddero uomini, donne, bambini e bestie. Decine e decine di corpi dilaniati ammucchiati l’uno sull’altro. Buoi e cavalli, folli di terrore, fuggirono per ogni dove calpestando i feriti. Lacrime, urla, disperazione, strade macchiate di sangue innocente. Passò un’ora. Sulla città già sconvolta comparvero 20 Heinkel 111 da bombardamento in quota, muniti di bombe da 100 e da 250 chilogrammi. Sganciarono “a salvo”, cioè contemporaneamente. La piccola Guernica sembrò spazzata via. Passò un’altra ora. Gli aerei tornarono a colpire, lanciando pressappoco 10 000 spezzoni incendiari. Alle sette e mezzo di sera non rimasero che cumuli informi di rovine annerite, su un fondale di fuoco.
Molti esalarono l’ultimo respiro negli ospedali della zona. Nei giorni successivi, le macerie restituirono altri corpi resi irriconoscibili dai crolli, pezzi di carne che un tempo avevano riso, pianto, vissuto. Gli aerei di Hitler causarono la morte di 1.654 persone, di cui 400 civili.
Nello sgomento generale, con l’orrore conficcato negli occhi e nel cuore, se ne fece un gran parlare. Poeti, scrittori e giornalisti consumarono fiumi di inchiostro. Picasso, inorridito dall’accaduto, lasciò da parte i colori più chiari e vividi della sua tavolozza, per affidare al nero, al bianco e al grigio le proprie emozioni. Disegnò freneticamente, decine e decine di disegni velocemente abbozzati su qualsiasi pezzo di carta. Il nitrire di un cavallo, la dentatura di una figura sconvolta dalla tragedia, gli occhi di un uomo congelati da una morte fulminea, una lampada che sembra tremare di paura.

Studi per Guernica
Studi per Guernica

Mentre Picasso lavorava al suo grande murale, Dora Maar produceva una grande quantità di scatti fotografici, lasciando all’umanità intera uno dei documenti più interessanti sull’arte moderna: “Reportage sull’ evoluzione di Guernica”. Attraverso la successione delle fotografie è possibile comprendere le fasi evolutive dell’opera.

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La lampada sulla testa del cavallo, innovazione tecnologica del ventesimo secolo, fu aggiunta dall’artista solo nell’ultima fase del lavoro. Come spiega Llorens: “In spagnolo il termine usato per lampadina elettrica “bombilla” è come il diminutivo di “bomba”. Quindi qui è una metafora poetica verbale per indicare la potenza terrificante della tecnologia che ci può distruggere”. Al centro, in basso, accanto al cavallo che sta cadendo, cresce un fiore, simbolo di speranza e di rigenerazione dopo la distruzione. La presenza di questo elemento è giustificata dalle parole di un testimone dei bombardamenti: “Uomini e donne stavano ancora scavando per cercare i corpi. Attorno alla piazza principale tutti gli edifici erano stati bombardati, ma le facciate erano ancora in piedi. Il convento distrutto .. Stranamente, l’albero di Guernica, dietro la chiesa, era ancora in piedi …”


Fasi Guernica. Foto di Dora Maar.
Fasi Guernica. Foto di Dora Maar.

Quest’opera, concepita a distanza di soli sei giorni dal bombardamento, non è solo una descrizione di una dramma locale ma è anche un manifesto universale contro la forza cieca delle guerre che coinvolgono la popolazione inerme.
Nell’osservare Guernica, lo spettatore si sente quasi aggredito, vittima tra le vittime. La scena si svolge in un interno sventrato dai bombardamenti. Da sinistra a destra si vedono: una madre con un bimbo morto in braccio, un cavallo urlante sotto una lampada, una donna che porta un lume ad olio, un uomo divorato dalle fiamme, una donna che si trascina in avanti. La madre con bambino è a tutti gli effetti una Pietà. Il braccio cadente del piccolo ricorda quello  del Cristo morto nella prima Pietà di Michelangelo o il braccio di Marat nel ritratto di David.
In Guernica le bestie sono concepite come compagne dell’uomo e ne condividono lo stesso tragico destino. Le guerre del Novecento entrano nelle case così come nelle stalle, non risparmiando bambini, donne, animali.

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Tre anni dopo l’esecuzione dell’opera, nella Parigi occupata dai nazisti, l’ambasciatore tedesco Otto Abetz, in visita allo studio di Picasso, alla visione di una fotografia di “Guernica” chiese:
- “Avete fatto voi questo orrore, maestro?”.
Pablo Picasso rispose:
“No, è opera vostra!”.


 Laura Corchia

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